Merci stoccate (ah no, sono bambini…)

Che disastro per le industrie, che gran colpo per gli affari.

Merce prodotta che diventa vecchia, stoccata, che non si può spedire.
Magazzini pieni.
Come in Ucraina: 46 bambini prodotti (o nati?) per un contratto commerciale di utero in affitto, immagazzinati in una stanza di un hotel a Kiev, senza possibilità di consegna ai proprietari.
Merce venduta, pagata bene, funzionante (difettosi?..non scherziamo!) in attesa di essere ritirata.

Ora se ne accorgono anche in Ucraina, dove il commissario presidenziale per i diritti dei bambini,  Микола Кулеба, ha scritto un duro post su Facebook ammettendo che la situazione è fuori controllo in quello che definisce lui stesso lo store online internazionale dei bambini.

Сурогатне материнство в Україні неврегульоване і порушує права дітей.

Сурогатне материнство в Україні неврегульоване і порушує права дітей. Комерціалізація і дозвіл отримувати таку «послугу» в Україні сприяє безконтрольному продажу українських дітей за кордон. Ситуація з немовлятами в готелі, яка набула розголосу – ще раз показує безправність дітей, народжених сурогатними матерями. Народження дитини далеко від матері є неприроднім. У такий спосіб Україна просто стає міжнародним онлайн-магазином з немовлятами. І реальну кількість таких дітей, яких «постачає» Україна таким чином, ми не знаємо. Жодна держава не зобов’язана «забезпечити» сім’ю дитиною (тим більш іноземну). Проте кожна дитина має невід’ємне право на сім’ю. І в цьому контексті опускається поняття «матері», яка народила дитину, але не є її генетичною матір’ю. Діти, які сьогодні знаходяться в готелі фактично мають біологічних матерів, які знаходяться в Україні. Але за умови організації процесу сурогатного материнства вони наразі залишилися без батьків. Як генетичних, так і біологічних.Сурогатне материнство – це експлуатація жінок з метою отримання доходу приватним бізнесом і задоволення потреб дорослих. Але воно є таким, що порушує права дитини. Ще в 1991 році представники однієї з палат парламенту Німеччини заявляли, що сурогатне материнство суперечить правам дитини, зокрема не беруться до уваги зв'язки між дитиною та матір'ю, яка її виношує. І вилучення дитини в біологічної матері може мати негативні наслідки. Я категорично проти комерційного сурогатного материнства, це об’єктивізація дитини і позиціювання її як товару.

Posted by Микола Кулеба on Thursday, 14 May 2020

Non so come tutto questo possa essere risolto. Non so come si possa sentire un neonato accudito solo da una tata, senza la voce della mamma e i baci “punzecchianti” della barba di papà. Non so cosa stia pensando una di queste “mamme-fino-al-parto” nel sapere che la creatura che ha generato (che in qualsiasi caso è suo figlio), che non ha voluto, ma per cui è stata pagata, cerca i battiti di quel cuore che ha ascoltato per nove mesi ininterrottamente, mentre le lacrime gli rigano il visino. Non so se i soldi fanno davvero la felicità. Se in questo caso aumentassero la disperazione?

Non c’è stato quel passaggio veloce e “gioioso” tra una madre e un’altra.

Togliamo i soldi, il lato commerciale, quello non ci piace vederlo, non emoziona nessuno.

Lasciamo le lacrime, il gesto “generoso” (non si dica che è disperato, no, è scelta consapevole, altruismo in nome dell’amore, di ogni amore), la gioia di chi apre la busta con l’acquisto nuovo per la prima volta. Senza quel passaggio veloce e immediato che ci ritraggono a tinte pastello, resta solo la verità: la solitudine di un neonato, quella che da oggi, resterà con lui per tutta la vita. La mancanza.

Non so come si senta una delle “mamma-dopo-parto” (o anche un “papà-dopo-parto”) che voleva un fagottino tutto per se, a sapere che probabilmente quel bimbo avrà oramai un paio di mesi quando lei potrà abbracciarlo e allora, addio pure al servizio fotografico newborn. Come si sente a sapere che quel bimbo non ha nemmeno le dolci carezze previste da contratto, pure se non sono quelle della “sua” mamma. Che i pianti che sente in quel video, che dovrebbe rassicurare sullo stato della merce, in realtà, non sono per lei o lui, ma per un’altra mamma, quella che lo ha portato in pancia per nove mesi. Chissà se ora, ascoltando quel pianto, in una stanza con tanti altri “ordini inevasi”, magari quell’acquirente sente che c’è qualcosa di profondamente sbagl…no…scusate..Non credo questo termine sia contemplato nel contratto, quindi, decisamente no.

Chissà se qualcuno avrà il coraggio di raccontarglielo a questi angioletti che appena nati sono stati costretti alla super-tata. Senza il calore di una famiglia, quella a cui avrebbero diritto. Trattati invece come dei gattini da allevare prima della consegna.
Non so come tutto questo possa trovare un significato.
So una cosa però.

Questo dramma si poteva evitare.

Per una volta l’uomo poteva decidere di non inscenare un teatrino di mostruosità così indicibile ed incalcolabile, sulla pelle di un altro essere umano.
Per una volta, noi, esseri pensanti ed empatici, potevamo opporci al dolore, essere veramente portatori di amore, quello puro, che rende pienamente liberi.
Perché se penso all’amore di una mamma penso alla pienezza, al calore, al sacrificio sì, ma quello forte e incalcolabile di chi non può e non vorrà mai negare nessun bene alla sua creatura.
Invece quello che siamo stati in grado di concepire, di creare e di sbandierare come ultima frontiera di civiltà, è una cosa così:

un contratto commerciale che compra la pelle degli altri,

come quella degli schiavi migliaia di anni fa, però giustificandolo, ripetendo a noi stessi che noi siamo migliori, noi siamo la civiltà libera, perché in offerta con la pelle nuova ci abbiamo abbinato la coscienza pulita.
Non so come si possa risolvere un problema così, so solo che è un problema che non doveva esistere.

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