Agnese, martire e figlia

cose di lassùAgnese era poco più che una bambina

quando scoppiò una delle più sanguinose persecuzioni verso i cristiani per opera di Diocleziano. Siamo nel IV secolo, Agnese era di famiglia nobile e di fede cristiana. Era una ragazzina molto bella e seppur giovanissima i corteggiatori iniziarono presto a farsi avanti ma lei li respingeva tutti dicendo che già sapeva chi sarebbe stato il suo Sposo. Purtroppo accadde che ad innamorarsi di lei fu proprio il figlio del Prefetto, che lei ovviamente respinse e così il padre del ragazzo la denunciò. Agnese venne minacciata con torture terribili ma lei non si scompose e mai rinnegó la sua fede, certa che il suo promesso Sposo non l’avrebbe lasciata sola.

La portarono in un luogo dove si trovavano le prostitute, la spogliarono e la esposero.

Si narra che i suoi capelli le crebbero tanto al punto da coprirle il corpo e un ragazzo che si avvicinò venne accecato da una fortissima luce emanata dall’angelo che la proteggeva. Il giudice decise per lei la pena del rogo ma sappiamo che le fiamme non la bruciarono, anzi si spostarono per non toccarla. Così venne uccisa nello stesso modo in cui si uccidevano gli agnelli, una spada le trapassó il collo.

I santi dei primi secoli sembrano così lontani, così diversi dai santi moderni, così irraggiungibili, così…santi!

Forse anche Agnese era spaventata da quei primi uomini e da quelle prime donne che diedero la vita nel nome di Gesù. Ma la sua storia ci fa pensare che la sua fede e la fede della sua famiglia fossero autentiche, vere, perché di quei tempi chi sceglieva di rimanere cristiano e di non fare un passo indietro sapeva cosa lo attendeva. Nei racconti storici su Agnese non vengono nominati i genitori dopo la sua cattura. È la prima cosa che ho pensato leggendo la sua vita. Dov’erano? Non hanno potuto fare niente? No, di certo. Non oso immaginare la paura e il dolore che li avranno colmati. Ma al tempo stesso credo che fossero felici, felici perché sapevano che la loro bambina sarebbe finita direttamente in Cielo, ad amare quel Cristo che meno di tre secoli prima aveva portato la Notizia che cambiò il corso della vita di tutti. E noi saremmo felici di fronte al martirio di un figlio? O in segreto gli avremmo consigliato, in caso di cattura, di rinnegare la propria fede? In fondo la fede è una cosa privata, non siamo tenuti a dimostrarla ad altri. Ne siamo sicuri? Perché a qualcuno qualcosa dobbiamo, a Dio stesso, ed è di fronte al resto del mondo che dimostriamo il nostro amore, la nostra fiducia e che crediamo profondamente che la morte non è mai la fine ma è sempre un nuovo inizio.

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