Morire (a noi stessi)

Commento al Vangelo Mc 1,21-28

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Un giorno andai insieme ai miei genitori al funerale di un amico di famiglia, uno di quegli ometti di campagna, sempre con la battuta pronta, la pancia prominente e la bestemmia al posto della punteggiatura. Sta di fatto che io ero solo una ragazzina ma ricordo benissimo quanto mi colpì una frase del sacerdote durante la celebrazione: “Anche se non era un grande frequentatore della chiesa siamo certi che a quest’ora si trova in paradiso”. Mi sembrò un’affermazione fatta in buona fede, certamente, con l’intento di sollevare gli animi dei familiari del povero defunto, tuttavia mi lasciò perplessa.

Lui come poteva essere certo che quell’uomo fosse in paradiso? E se così non fosse stato, nel dubbio non era meglio dire di pregare per la sua anima?

Ero una ragazzina ma a casa mia, soprattutto con mio padre, si era sempre parlato di inferno, purgatorio e paradiso, senza nessuna enfasi horror o cose del genere, semplicemente come realtà esistenti, di cui è importante conoscere il significato perché la nostra anima è lì che andrà una volta passata la scena di questo mondo, come disse qualcuno. Ricordo che papà, con molta semplicità, quando ero un po’ più grande mi raccontava di quando un sacerdote che conosceva lo invitava a pregare con lui durante gli esorcismi che faceva. Mio padre non mi ha mai spaventato parlandomi di queste cose, perché lo faceva con un’estrema serenità e mi diceva sempre che se preghi e rimani vicino a Gesù nulla ti può accadere.

Inferno, purgatorio, paradiso.

Parlare di questo significa parlare di morte che diciamolo fa davvero poco fico, per niente social. E soprattutto se vuoi attirare folle eviti di dire loro che prima o poi dovranno morire e che se muoiono in peccato mortale rischiano l’inferno. Ma forse vendere una fede allegra, spensierata, depurata dai temi grandi, forti non è affatto la strada giusta. Quando la gente sentì Gesù parlare nella sinagoga e lo vide scacciare un demonio da un uomo, si chiese chi fosse costui che parlava con autorità. Cristo ci dice che l’unica vera proposta davvero affascinante e allettante è quella radicale, quella che parla di una fede totale che avvolge tutta la persona e che prende sul serio la vita sia qui sulla terra che poi, se lo si capisse davvero sarebbe tutto più facile e bello. Si inizierebbe a parlare con autorità, ossia credendo in ciò che si dice, e si racconterebbe ai figli di come Cristo sconfiggendo il diavolo ci ha spalancato le porte del paradiso, ma che sta solo a noi decidere cosa fare.

Dio non spedisce nessuno in paradiso o all’inferno, è la nostra anima che sceglie dove andare ed è tutta la nostra vita a preparare questa scelta.

E noi, genitori spesso spaventati, insicuri, che a volte camminiamo sulle uova per paura di non distruggere quel filo sottile che sembra essere la relazione con figli adolescenti e distanti, dobbiamo prendere il coraggio di parlare di cose grandi, infinite e seminare sassolini. Poi potremo alzare lo sguardo e dire a Dio: “Io ti ho preparato i sassi, ora pensaci tu a gettare il cemento e a far diventare tutto questo un sentiero indistruttibile su cui farlo arrivare fino a Te”.

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