QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #32 SPILLA

“Cantiamo a casa. Anche al lavoro. Ecco perché mi piace la tua spilla” dice indicando la ghiandaia imitatrice di cui mi sono dimenticata ancora una volta. “Avete le ghiandaie imitatrici?” domando. “Oh, sì. Alcune sono mie amiche. Possiamo andare avanti a cantare per ore. Portano dei messaggi per me” risponde. “Cosa intendi?” chiedo. “Di solito mi trovo più in alto di tutti, quindi sono la prima a vedere la bandiera che segnala la fine dei lavori. C’è una canzoncina speciale che canto” dice Rue. Apre la bocca e canta un motivetto di quattro note, con voce dolce e limpida. “E le ghiandaie la diffondono per il frutteto. È così che tutti sanno che è ora di staccare” continua lei. “Possono essere pericolose, però, se ci si avvicina troppo ai loro nidi. Ma non le si può biasimare per questo. Stacco la spilla e gliela porgo. “Tieni, prendila tu. È più importante per te che per me”. “Oh, no” dice Rue richiudendo le mie dita sulla spilla. “Mi piace vedertela addosso. È così che ho deciso che potevo fidarmi di te”.

Hunger Games, libro I, capitolo 15

Nàaman arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: “Va’, bagnati sette volte nel Giordano: la tua carne tornerà sana e tu sarai guarito”. Nàaman si sdegnò e se ne andò protestando: “Ecco, io pensavo: Certo, verrà fuori, si fermerà, invocherà il nome del Signore suo Dio, toccando con la mano la parte malata e sparirà la lebbra. Forse l’Abana e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque di Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per essere guarito?”. Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: “Se il profeta ti avesse ingiunto una cosa gravosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: bagnati e sarai guarito”. Egli, allora, scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto; egli era guarito.

2 Re, 5: 9-14

“In hoc signo vinces”,

non è solo una frasetta di circostanza, è una presa di posizione ben precisa, da ambo i lati: noi e il nostro Dio.
È di una limpidezza cristallina, senza margine di errore, chiaro come la luce del sole.
Quanti avrebbero avuto la forza di dare ordini, di procurare le tessitrici, di issare il vessillo davanti a tutti i capitani, i soldati, uomini di mondo che non vincevano certo battaglie a suon di fede?
Di mostrare a tutti la propria certezza fondata su un pezzo di stoffa?
“Sulle case in cui sarà esposta e venerata l’immagine del mio Sacro Cuore...…cosa?
Ci chiedi, Signore, di abbandonare l’idolatria e poi intimi tutti quanti a diffondere immagini e medagliette come fossero la panacea di tutti i mali?
Potreste voi credere che basta appendere un santino alla macchina, o al muro, per avere la coscienza a posto?
“Chiunque porterà questo scapolare…”…dunque?
“Chiunque indossa la mia medaglia…”…quindi?
Che vorrete farmi credere che un pezzo di metallo potrebbe mai garantirmi qualcosa?

Ebbene, signore e signori, vi presento i sacramentali:

segni sacri che posso accompagnarci e ricordarci chi siamo, un po’ come il vessillo in guerra.
Non sono amuleti, e neanche sfere magiche: sono i moschettoni di quando scaliamo, la borraccia del San Bernardo quando ci perdiamo.
Sono con noi e per noi: per questo più e più apparizioni ci spronano ad utilizzarli…anzi…più che spronare, direi!
Promesse su promesse, con grazie in sconto alla “prendi 2 paghi 1”, un marketing senza eguali mentre la Madre e il Figlio del grande Capo ammiccano facendoci l’occhiolino.
Sì, è proprio Lui che ci invita a farlo!

Siamo destinatari di promesse e grazie,

a un prezzo di fedeltà davvero irrisorio: indossare una collana o appendere un chiodo.
Perché Lui lo sa, non è certo il pezzo di ferro a fare la differenza: sei tu, proprio tu!
Perché Gesù disse di tappezzare con la sua immagine le nostre case?
Ovvio, non per “tenerci d’occhio”, ma per il suo grande progetto di “marketing di salvezza” con chiunque varchi la soglia di casa nostra, ricompensando anche noi per lo “sforzo”.

Non illudiamoci,

non siamo noi che “possediamo” questi oggetti sacri.
Se fate attenzione, in un certo senso, scoprirete che siamo solo i corrieri porta-a-porta: sono questi segni che si servono di noi per arrivare a chi sono destinati.
È Dio stesso che, come un abile marionettista, usa noi per portare quell’oggetto alla sua vera destinazione, per evangelizzare dove neanche immaginiamo.
Ma tranquilli, la paga è più di un numero a sei cifre: decine e decine di promesse d’amore.

Ma certo che saranno rispettate,

come Lui ha promesso, e non perché sono amuleti, ma per la nostra semplice fiducia, senza calcoli e senza troppe fantasie: Dio ha promesso, questo ti basti!
È effettivamente l’unica cosa che ci viene chiesta: non iniziare i voli pindarici ed i mille calcoli di convenienza.
La fedeltà è la virtù che Dio si aspetta, l’oggetto è il mezzo per trasformare la nostra lealtà in qualcosa di concreto, in un seme di speranza, in un segno che va in giro per il mondo.
Evangelizzare dalle piccole cose: l’atto di “coraggio” di forare il muro di casa, magari appena imbiancato!

Perché è così semplice?

Perché conosce la durezza del nostro cuore, che impazzisce davanti all’obbedienza cieca, soprattutto di ciò che ci sfugge.
Poi ci sono quelle come me, come Rue, che provano conforto e protezione nel ritrovarli nei posti più bui, nelle “prigioni” delle nostre vite, ed essere sorprese da quei segni così inequivocabili, così confortanti, così consueti ed abituali, che ci indicano con chi allearci.
Così Dio, che conosce i suoi “burattini”, manovra le fila delle nostre storie per alleanze impossibili e nuove frontiere da conquistare.   

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