QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #29 FUOCO

…un proiettile di fuoco esplode contro la roccia, a circa mezzo metro dalla mia testa. Balzo fuori da sotto la cengia, spronata da un nuovo terrore. Il gioco ha preso una svolta. […] I miei muscoli reagiscono, ma non abbastanza in fretta, stavolta. Il proiettile di fuoco si schianta sul terreno di fianco a me, ma non prima di avere lambito il mio polpaccio destro. La vista della gamba dei pantaloni in fiamme mi fa andare fuori di testa. […] Odio le bruciature, le ho sempre odiate, persino quella che ci si fa togliendo una teglia dal forno. È il peggior tipo di dolore per me, ma non ho mai provato nulla di simile a questo […] Sono ferite comuni, nel Giacimento, dove cuciniamo e riscaldiamo le case con il carbone. E poi ci sono gli incidenti nelle miniere… Una volta una famiglia ci portò un uomo giovane, senza conoscenza, implorando mia madre di aiutarlo. […] Andai nei boschi e cacciai per tutto il giorno, ossessionata da quella gamba raccapricciante che mi ricordava la morte di mio padre. La cosa buffa fu che Prim, che ha paura anche della propria ombra, rimase ad aiutare. […] So che esistono erbe – se riuscissi a trovarle- che mi aiuterebbero a guarire più in fretta, ma non riesco a ricordarle con chiarezza. Probabilmente avrò a disposizione solo l’acqua e il tempo.    

Hunger Games, libro I, capitolo 13

Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! 

Luca 12: 49-50

La nostra paura, il nostro peccato “fisso”,

in fin dei conti ci definisce perché dice un mondo di cose su noi: dice chi siamo e come ci comportiamo in certi contesti, dice chi sono i nostri amici e i nemici.
Kat ha una vita “circondata” dalla sua stessa paura: persino il lavoro del suo distretto ha a che fare con essa, sembra quasi non averne scampo se non “barando” e rifugiandosi sui boschi.
Anche noi possiamo proteggerci ed evitare il nostro punto debole, evitare le occasioni di peccato o la tentazione.

E ad ogni caduta Gesù è lì

a ripeterci che non ha alcuna intenzione di inchiodarci al nostro peccato, che con Lui possiamo riscoprirci integri: si è lasciato inchiodare per noi, per darci questa occasione una volta per tutte. 

Il fuoco è comune al distretto, Kat dovrebbe esserci abituata, eppure è il suo vero tallone d’Achille.
Ma la sua debolezza non sta nel provare quella paura, bensì nel non essersi “attrezzata”, non essersi preparata al giorno in cui neanche la fuga sarebbe stata abbastanza: il suo errore è non essere andata oltre quella sofferenza, non essersi fidata della madre, imparando le medicine utili a guarire. Anche noi cristiani abbiamo due fuochi che ci fanno paura: inferno e purgatorio.

E non possiamo fingere,

non possiamo nasconderci come Kat tra i boschi: finché siamo in vita abbiamo la fortuna di un Dio che ci medica le scottature e le guarisce con l’unguento della sua Misericordia, sperando che siano le ultime.
Il fuoco del purgatorio è più familiare: è un fuoco che talvolta viviamo anche ora su questa dimensione, perché i suoi scoppiettii arrivano fin qui. Un fuoco che parte da una brace di immensa nostalgia di bene, un ardore che sentiamo anche nella vita di tutti giorni, che si innalza con le sue fiamme di rimorsi per le mancate occasioni di bene, di attimi sprecati o del tutto sbagliati.
E quando avremo la forza, potremo imparare ad usare quell’estintore fatto di preghiera e vita d’amore che non permetterà alle fiamme di ustionarci più.

Dio non ci toglie le nostre fiamme,

non ci toglie tentazioni e momenti difficili, ma ci chiede di vivere con Lui le nostre debolezze: solo Lui trasformerà le fiamme dell’errore in strumenti per toglierci la ruggine di dosso, ridonandoci lo splendore degli arbori, lo splendore di come siamo senza ombra di peccato.

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