QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #30 UNGUENTO

torno lentamente alla mia biforcazione, e lì trovo la più bella sorpresa della mia vita. Sul sacco a pelo è posato un vasetto di plastica appeso a un paracadute argenteo. Il primo dono che ricevo da uno sponsor! Haymitch deve averlo mandato durante l’inno. Il vasetto mi sta comodamente nel palmo della mano. Cosa può essere? Di certo non è cibo. Svito il coperchio e, dall’odore, capisco che è un medicinale. Sondo con cautela la superficie della pomata. Il pulsare delle punte delle mie dita scompare. “Oh, Haymitch” sussurro. “Grazie”. Non mi ha abbandonato. Non mi ha lasciato a cavarmela completamente da sola. Questo unguento deve essere costato una cifra astronomica. È probabile che non uno, ma molti sponsor abbiano contribuito a comprare quest’unico, piccolo vasetto. Per me non ha prezzo. Tuffo le dita nel barattolo e mi spalmo delicatamente il balsamo sul polpaccio. L’effetto è quasi magico: al contatto con la pelle, il dolore scompare e rimane solo una gradevole sensazione di fresco. Questo non è il miscuglio di erbe triturate che mia madre ricava dalle piante dei boschi, questo è un farmaco ultramoderno preparato nei laboratori di Capitol City. Una volta medicato il polpaccio, mi massaggio le mani con un velo sottile di pomata. Avvolgo il vasetto nel paracadute e lo ripongo al sicuro nello zaino. Ora che il dolore si è attenuato, non posso fare altro che tornare a infilarmi nel sacco a pelo prima di piombare nel sonno.

Hunger Games, libro I, capitolo 14

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?”. Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”.

Giovanni 12:1-8

Siamo agli sgoccioli.

Gesù in questi tre anni di predicazione non può dimenticare che l’atto finale su questa terra non sarà di magnificenza e splendore: Lui medita lungo tutto il cammino della sua vita, la sua morte, come una lunga Via Crucis.
Ce l’ha sempre di fronte eppure non minaccia, non trasforma ogni cosa in tragedia, non fugge, non dispera.
Più che pensare a sé, cerca di preparare in ogni modo i suoi compagni. Invece, se penso a me, già ora sono piena di pretese e gli ho compilato la “lista delle cose da fare“, possibilmente  prima subito e ovviamente a modo mio.

Se non fossi così fortunata,

probabilmente passerei le mie giornate ad implorare una sorte migliore a quel Dio sempre sordo ai nostri occhi.
Gesù in tutto ciò invece tempra il suo spirito all’obbedienza: “ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome“.
Qualcuno di noi avrebbe il ben che minimo dubbio sul “cosa devo dire” a Dio?
Io che nella mia vita comoda e semplice ho sempre a portata di mano la lista di “cosa devo chiedere senza stancarmi” avrei qualcosina da suggerire a Gesù.
Ma a quanto pare qui il punto è un altro: se la mia preghiera termina o meno con un sincero “Padre glorifica il tuo nome“.
Perché sì, stavolta si sente forte e chiaro, è palese che abbia  risposto “picche” a Gesù senza allontanare da Lui il calice, ma la risposta dal Cielo è fuori da ogni logica, fuori dal tempo e dallo spazio: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!“.

Ora, non so se voi vi ricordate

ma parliamo dello stesso Gesù che “non ha un posto dove posare il capo“: di che glorificazione sta a parla?
La vita di Gesù non ha niente a che vedere con ciò che mi aspetto io quando si parla di “Gloria & Onori“.
E qui ognuno di noi è costretto ad ammettere che qualcosa ci sfugge: che il metro di misura di Dio non ha nulla a che vedere con il nostro.

Allora non stupisce

che anche i conteggi più semplici, quelli di convenienza, quelli di soldi, sono totalmente sballati di fronte a Lui.
Maria, che sembra avere una sintonia tutta speciale col suo Gesù, fa una cosa sconvolgente: un regalo inutile, uno spreco.
Lo potremmo paragonare ad un mazzo di fiori che appassisce dopo qualche giorno, o come usare il corredo della trisavola tessuto a mano, tramandato di generazioni, senza aver paura che vi si rovesci sopra il caffè. Insomma, una di quelle cose che oltre al piacerci, in ogni caso fanno irrimediabilmente attivare in noi la calcolatrice automatica per valutare i “danni” e gli sprechi in corso.
E mentre, a maggior ragione, mi aspetterei da Gesù un calcolo così ovvio, un discorsetto dove mette al centro il suo amato “prossimo“, accompagnato magari da una sonora sgridata a Maria-la-sprecona che si crede che possa esistere qualcosa di materiale all’altezza di Dio, ecco che come al solito Lui sciocca tutti.

Lascia a Giuda la parte del brutto-cattivo:

quando nella realtà ognuno di noi avrebbe pensato esattamente la sua stessa obiezione.
Così immagino Gesù che sorride mentre Maria sparge l’unguento e mi sembra quasi che me la indichi con la mano: “una gioia!”.
No, non vuole da noi solo sacrifici e penitenze, anche se ci aiutano ad arrivare un gradino più vicini al Paradiso.
Perché l’amore che accomuna tutti i santi è sempre visibile da un’indizio: la felicità.
E questa felicità no, non passa per le cose materiali come gli unguenti costosi, ma passa tramite la cura, la premura, l’importanza dei gesti spontanei, quelli fatti senza calcolare i “danni“, quelli che hanno sì un valore materiale, ma soprattutto che gridano l’amore dell’anima.

Ogni giorno basta la sua pena, e di rimando ogni giorno ha la sua dose di gioia:

nostro dovere è riconoscerla, non lasciarla scivolare, cospargercela addosso perché il suo profumo si senta, inebri ogni luogo dove ci spostiamo. In questo cammino di quaresima, ricordiamoci di cospargere anche il nostro, di unguento!

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