QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #4 DENTE DI LEONE

A scuola passai accanto al ragazzo, nell’atrio: la guancia gli si era gonfiata e l’occhio era diventato nero. Era con i suoi amici e non diede segno di accorgersi di me. Ma il pomeriggio, mentre andavo a prendere Prim e mi avviavo verso casa, notai che mi guardava fisso dall’altro lato del cortile della scuola. I nostri occhi si incontrarono solo un attimo, poi lui girò la testa. Abbassai lo sguardo, imbarazza. E fu allora che vidi il primo dente di leone dell’anno. Un campanello mi risuonò nella testa. Pensai alle ore passate nei boschi con mio padre e seppi come saremmo potute sopravvivere. Fino ad oggi, non sono mai riuscita a dimenticare il collegamento tra questo ragazzo, Peeta Mellark, il pane che mi diede la speranza è il dente di leone che mi ricordò che non ero condannata. […]

Hunger Games, libro I, capitolo 2

Mia madre possedeva un libro che aveva portato con sé dalla farmacia. Le pagine erano di vecchia pergamena, piene di disegni di piante fatti a china. I testi, scritti a mano in bella calligrafia, indicavano i loro nomi, dove raccoglierle, quando fiorivano, i loro usi medicamentosi. Ma mio padre aveva aggiunto altre voci al libro. Piante commestibili, non curative. Denti di Leone, uva turca, cipolle selvatiche, pinoli. Prim e io passammo il resto della serata studiando con attenzione quelle pagine. Il giorno dopo non c’era scuola. Per un po’ bighellonai intorno ai margini del prato, ma alla fine trovai il coraggio di passare sotto la recinzione. Era la prima volta che ci andavo da sola, senza le armi di mio padre a proteggermi. Ma recuperi da un albero cavo il piccolo arco e le frecce che aveva fatto per me. […] Dopo parecchie ore, riuscire ad ammazzare un coniglio. Ne avevo già ucciso qualcuno, con l’aiuto di mio padre. Ma stavolta l’avevo fatto da sola. Non mangiavamo carne da mesi. […] I boschi divennero la nostra salvezza, ed ogni giorno io mi spingevo un po’ più lontano.

Hunger Games, libro I, capitolo 4

<<Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te.>>

Deuteronomio 8:5

Alle madri spesso si riconosce la potenza curativa, di accudimento:

potete cercare le ricerche di Vincenzo Guidetti e gli studi americani sul bacio della mamma nell’influenzare l’armonia psicologica dei figli. Capita anche spesso di sentire i social mettere in guardia le ragazze dalla “sindrome delle crocerossine”, comportamento che innesca la sfera dell’accudimento e dell’aiuto portando spesso le donne a farsi carico della sofferenza altrui, supportando in modo troppo accudente il cambiamento di chi hanno vicino.

Differente è la narrazione associata al genere maschile: la stessa che, guarda caso, ritroviamo sul nostro libro ed anche sull’antico testo biblico. 

Dio non è maschile o femminile,

ma il suo richiamo nel Deuteronomio sembra dissociarsi da quella narrazione di accudimento a tutti i costi, così come nel Vangelo, quando viene scongiurato da Gesù di allontanare il “calice amaro che stava per bere”.
Gesù ci dona questa sua supplica per insegnarci due cose fondamentali, alla sua scuola del dolore: domandare ed avere fiducia allo stesso tempo, allo stesso modo.
‘Che la sua volontà sarà sempre migliore di quella che noi ci immaginiamo o, nella maggior parte dei casi, pretendiamo.
Che Dio non è il mago Merlino di turno che scansa i problemi e ci rimette in ordine le vite. Dio spesso non ti solleva dal carico, non ti leva la tua parte di sudore ma, al contrario, ti sprona a portare questo misterioso giogo sulle tue spalle: un giogo che appare intrasportabile ma che si trasforma per farsi dolce, dal carico leggero, grazie alla sua presenza, ma che va comunque portato, che deve necessariamente gravare su di noi.

Questi due stereotipi del maschile e del femminile sono la chiave di lettura del Deuteronomio: Dio ci corregge il tiro, non ce ne toglie la responsabilità e la gravosità.

Katniss, senza padre e con una madre in stato catatonico, incapace di prendersi cura e di accudire anche se stessa, è costretta dalle circostanze a farsi “carico” della sua vita e di quelle della sua famiglia. Saranno proprio quelle nozioni di arciere curate fin da piccina, quell’accompagnare nella caccia con un piccolo arco su misura, quelle nozioni di erboristica previdenti, lasciate da un padre premuroso e per questo attento a formare fin da subito alla realtà dura e cruda, ad un futuro incerto, a salvarle ora la vita.
Voi lascereste un arma in mano ad un bambino?

Gli insegnereste ad accarezzare il cerbiatto oppure a sgozzarlo?

Questa naturalezza con cui il Padre ci mostra la vita, nella Bibbia come nel Vangelo, sempre rispettando la nostra essenza, con “armi” adeguate, alla nostra portata, in un certo qual modo ci salva. Perché non ci fa vivacchiare tra le favole ma ci costringe a metterci in moto, o meglio, in gioco.

La madre di Kat (come gli amici chiamano Katniss) esperta conoscitrice di erbe, non ha mai passato alla figlia le sue conoscenze, forse credendola troppo piccola, come a volte facciamo anche noi con i bambini.

Al contrario, il padre sceglie che ogni momento è buono per istruire, per forgiare, per preparare alla vita.
Le ha mostrato il mondo per quello che è, senza alleggerirle la pillola, con uno sguardo al futuro, nei tempi incerti, ricorrendo sapientemente quel potenziale che vedeva già in lei, fiducioso che questo carico non l’avrebbe schiacciata ma che sarebbe diventato la sua salvezza.

Dio non ci evita il giogo ma ci impara a portarlo, lo trasforma nelle nostre spalle, lo trasfigura in dolcezza e leggerezza, non perché aggiustarne il tiro significhi modificare la sua natura, ma perché in realtà non è il giogo che cambia ma noi: Lui trasfigura noi che al suo fianco non siamo più gli stessi.

Kat si riconosce, in qualche modo, nella sua figura di erborista e cacciatrice insieme, prudente quanto basta e coraggiosa, ma con l’astuzia e l’intelligenza di una ribellione silenziosa alla realtà mortifera che la circonda.

In quante parti del mondo ora c’è un cattolicesimo silenzioso ma che intelligentemente resta, resiste e continua a ri-esistere, reinventandosi nelle vite di tutti i giorni!

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