TUTTI A OZ

Commento al vangelo Lc 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Vi ricordate Dorothy

che solo alla fine del suo rocambolesco e pericoloso viaggio scoprì che le scarpe d’argento della strega malvagia che indossava le avrebbero acconsentito di tornare a casa solo battendo i piedi a terra? Quanta paura, quante tribolazioni si sarebbe risparmiata se solo lo avesse saputo fin dall’inizio. Eppure la sua reazione mi lascia stupefatta: lei è contenta che sia andata così perché, in questo modo, il leone ha ottenuto il coraggio, lo spaventapasseri il cervello e l’uomo di latta il cuore, tutte cose che probabilmente non sarebbero successe senza il suo aiuto.

Questa è la vita: partiamo da un punto e ci mettiamo in movimento

per arrivare da qualche parte, diretti ad una meta, e la sola cosa certa è che una volta partiti non potremo sapere cosa accadrà, se giungeremo a casa nel Kansas da zia Em e zio Hanry o se ci perderemo nella città di Smeraldo o verremo catturati da creature strane e terribili. E ciò che ci muove è quella nostalgia di Cielo che ognuno di noi ha inscritta in sé, nella propria anima. Se solo ci fermassimo a pensare a questo, se solo davvero credessimo in ciò che ci aspetta forse tutto sarebbe diverso. Il fatto è che Gesù era nato per tornare in cielo risorto, ma senza tutto ciò che accadde in mezzo, senza la sua vita, senza le sue parole, senza aver conosciuto uomini e donne ai quali ha cambiato la vita, non avrebbe avuto nessun senso la sua fine. Perché è stato tutto quello che è successo tra la sua nascita e la sua morte a dare senso alla sua risurrezione. Doveva accadere in quel modo, doveva vivere da uomo per poter portare gli uomini a Dio.

Oggi è la festa di un “arrivederci”,

sì perché quel giorno quando Gesù ascese al cielo non disse addio ai propri amici, disse loro di essere testimoni, disse loro che non sarebbero stati soli, che lui avrebbe mandato lo spirito a guidarli e a renderli capaci di essere pescatori di uomini. Lui li precedeva, andava a preparare un posto in Cielo per coloro che lo avrebbero desiderato.  Facciamo come Dorothy, teniamo fisso l’obiettivo, ma viviamo pienamente ogni istante del cammino che ci porterà a casa, sia esso carico di gioia o di dolore, e facciamolo tenendoci accanto gli amici, le persone care, ricordandoci che molto più importante della nostra realizzazione è dare la vita per l’altro. Perché le vere scarpette d’argento, ciò che ci fa crescere, procedere nel cammino consiste nell’amare l’altro più di noi stessi, così come Gesù amò noi

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