SOFFIA DOVE VUOLE

Commento al vangelo Gv 14,15-16.23-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Avete presente quella fase

in cui il bambino fa una cosa, come infilare le sue minuscole dita nella presa della corrente, e l’adulto si arma di infinita pazienza e gli spiega di non farlo perché è pericoloso, consapevole che dovrà ripeterlo almeno cento volte al giorno per i prossimi mesi? Ecco, poi arrivano i due anni, il bambino ha capito il concetto ma vuole vedere se il genitore è del tutto convinto di ciò che dice, quindi in momenti imprevedibili si mette davanti alla presa e con quel ditino tenta il gesto proibito. Anche in questo caso, il genitore con calma e pazienza ricorda al bambino che non deve farlo, mai, per nessun motivo. Arrivano i tre anni e fondamentalmente la situazione non cambia molto perché il bambino si cimenterà in nuove imprese e il genitore dovrà continuare a ripetere cose già dette milioni di volte, e ogni volta dovrà farlo in modo sereno, calmo, amorevole.

I bambini hanno bisogno di sentire e risentire

molte volte qualcosa prima di farlo proprio, e non è detto che a cinque anni o otto o dodici non decidano di fare ugualmente qualcosa anche se voi avete impegnato ogni fibra del vostro essere per far comprendere loro la pericolosità del gesto. 
Ciononostante, sappiamo che il bambino fa quello che fa non perché odia il genitore o perché vuole combatterlo, ma lo fa per trovare il suo spazio, per dare un significato alle cose del mondo, e per farlo deve sperimentare, deve mettere alla prova i limiti, vedere se cadono e cosa succede quando cadono. È tutto normale ed è fondamentale non prenderla sul personale, se vogliamo comportarci da adulti. Dobbiamo ammettere che anche noi siamo dei bambini nella fede, perché pur seguendo Cristo ogni tanto ci fermiamo a raccogliere cartacce a terra, prendiamo strade che ci fanno allontanare da lui e, soprattutto, pur sapendo quanto lui ci ama, mettiamo alla prova i suoi limiti per vedere cosa succede in noi. E puntualmente scopriamo che dopo un inebriante secondo di piacere, tutto svanisce e rimane in noi una sensazione di vuoto, di solitudine, di vergogna, di peccato. E allora quella frase “Chi non mi ama non osserva le mie parole” ci colpisce come un pugnale, ci ferisce, ci fa sentire perduti.

Vorremmo tanto dire a Dio che noi siamo come bambini,

che lo amiamo anche se non lo ascoltiamo. Ma noi non siamo bambini, siamo adulti, e pur nella nostra imperfezione, nella nostra fragilità, dobbiamo impegnarci di più nell’amore.
Ma Dio è Dio e sa tutto, ci conosce, sa che l’uomo si perde facilmente, allora ci ha lasciato qualcosa di inestimabile, un dono unico: lo Spirito Santo. Colui che ci lega costantemente a Dio, colui che fa sì che i pensieri del nostro cuore siano un filo diretto col paradiso, col bene vero, con l’amore divino. Ma è chiaro che lo Spirito è come l’aria d’estate: se chiudi tutte le porte, se sbarri le finestre, se tiri le tende, non passerà, non potrà passare. Lo Spirito Santo ha bisogno di uno spiraglio, gli basta poco per fare il suo lavoro, ma noi dobbiamo metterci la volontà, la predisposizione affinché passi. E quando sentiamo un forte bisogno di amore, quando proviamo una grande nostalgia di Dio e ci sembra di esserci persi, di essere così lontani, preghiamo lo Spirito affinché spalanchi porte e finestre della nostra anima e porti aria nuova e buona nella nostra vita. 

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