Quaresima con Tolkien #10 – EDORAS, REGNO DI ROHAN

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“Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte.[…] poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina.”

Salmo 1

<< (Gandalf) “Ma ormai da tempo progetta di distruggervi, celandosi dietro una maschera di amicizia, non essendo ancora pronto. Nei primi tempi il compito di Vermilinguo fu facile, ed ogni tua azione era presto risaputa da Isengard: allora il tuo paese era aperto e gli stranieri andavano e venivano. E il costante bisbiglio di Vermilinguo nelle tue orecchie ti avvelenava i pensieri, ti raggelava il cuore, indeboliva le tue membra, mentre gli altri guardavano senza poter far niente, perché la tua volontà era nelle sue mani. […] Era straordinariamente furbo: abile nell’addormentare la prudenza altrui, o nello sfruttare i timori, secondo le occasioni. […] “Hai ragione, i miei occhi erano quasi ciechi”, disse Théoden. “Sono tuo debitore, ospite mio, più che di chiunque altro. Anche questa volta sei arrivato al momento giusto”.[…] “Inseguitelo!”, disse Théoden (riferito a Vermilinguo). “Attenti che non faccia del male a nessuno, ma senza infierire contro di lui né ostacolarlo. Dategli un cavallo, se lo vuole”. “E se ve n’è uno disposto a portarlo”, soggiunse Éomer. Una guardia discese correndo le scale. Un’altra si recò al pozzo ai piedi della terrazza e riempì l’elmo di acqua. Con essa lavò le pietre che Vermilinguo aveva imbrattate.

Il Signore degli Anelli, Le due torri, libro I, cap. VI, “Il re del palazzo d’oro”

Rohan, terra del fiero popolo Rohirrim,

i Signori dei Cavalli, patria dei più abili cavalieri della Terra di Mezzo, che da sempre li alleva e quindi dedito a “sporcarsi le mani” piuttosto che a studi da scrivania e filosofie. Tolkien li descrive dal carattere fiero ed audace, coraggioso e valoroso nelle grandi imprese, capaci di grande lealtà verso coloro che considerano amici. Cos’è rimasto di quella Rohan? All’arrivo di Gandalf al palazzo d’oro, la guerra dell’anello sembra troppo lontana e difficile per curarsene: il vecchio Re Théoden è immobile e “vegeta” nel suo trono, con la mente annebbiata, segnando il declino della sua fiera dinastia. Il declino del regno era stato manovrato dal subdolo consigliere Grima Vermilinguo, alleato di Saruman, che influenzò la mente del re a tal punto da soggiogarlo al volere dello Stregone Bianco, oramai vero sovrano di Rohan, troncando i rapporti con Gandalf, da sempre amico del re.

Gandalf giunge ad Edoras, scioglie Théoden dall’influenza di Grima e riporta ordine nel regno.

Non stravolge idee o pensieri, non usa “il debito” che Thèoden ha nei suoi confronti (per essere stato salvato) obbligandolo a fare la sua volontà. Più che convincere Gandalf è lì per rimettere le cose al loro posto: il re saggio al potere, il nipote (prima incarcerato) a fianco del sovrano, le priorità al centro dell’attenzione, come la lotta al male nella guerra dell’anello. Il Signore non viene nella mia vita per “stravolgere” qualcosa. Non vuole obbligarmi alla sua via e costringermi dove non voglio. Non viene nel mio cuore per “scansare” le cose a cui tengo. Il Signore arriva e porta ordine: mi rimette al centro, mi fa regnare sulla mia vita e mi ridona il posto d’onore, mi permette di osservare la mia esistenza da questo luogo privilegiato che è il trono, da cui prendere decisioni al pieno della libertà. Spesso quello che pensiamo di Dio è l’immagine di un Vermilinguo, che si mette alle nostre spalle e ci sussurra tutte quelle imposizioni (distorsione dei comandamenti) che si risolvono in un incatenarci, a forza di “non devi”, “non puoi”.

Ma la Luce portata da Gandalf ha ridato al Re molto più del suo regno e del suo governo:

la sua dignità, il suo posto nel mondo, il motivo della sua vita che sembrava oramai persa e sprecata nel “vegetare” in un trono che non era più seggio privilegiato di guida della sua casata, ma scena di un teatrino dove Saruman muoveva i fili dei suoi burattini. Un saggio sacerdote un giorno mi disse “noi viviamo anche questa giornata non per i nostri meriti o per nostra volontà, ma perché Lui ce l’ha donata, ha stabilito che per noi anche questo giorno è degno di essere vissuto. Lui ha qualcosa da farci fare, qualcosa che solo noi possiamo compiere, anche ora, e con questa consapevolezza dobbiamo vivere ogni istante, rispondere alla missione, perché anche oggi, una giornata noiosa e monotona, una come tutte le altre, Lui l’ha trovata degna di essere vissuta. Se Lui ci ritiene degni di questo privilegio, chi siamo noi per non rispondere a questa chiamata? Il vero esame di coscenza parte da qui: “Come sto vivendo ora, in questo momento?”.”

Questa chiamata è una responsabilità, non nel senso che dobbiamo fare cose straordinarie, ma nel senso che dobbiamo sederci su quel trono, dominare noi stessi e tutte le nostre 10 personalità, le passioni e ciò che urla dentro o che bisbiglia subdolamente alle nostre spalle, per uscire da quella stanza, guardare in silenzio il panorama e focalizzarci nella nostra “lotta a Sauron”, magari consigliati da un Gandalf di fiducia. Ed una volta ri-ordinata la nostra vita, la nostra possibilità è solo quella di scegliere: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde”, dice Gesù negli scritti di Luca. Non possiamo indugiare su quel trono, non possiamo far finta di “vegetare” perché verremmo manovrati dai Saruman di turno e il posto di Dio nella nostra vita, che lasciamo vacante, qualcuno lo occuperà lo stesso.

Una volta restaurata la dignità del re, anche le tracce del passaggio di Vermilinguo devono essere cancellate, il passato “mondato” e la reggia “purificata”:

viene eliminata la corruzione, viene restituita dignità al palazzo reale, si ridona sacralità a quel luogo che è la dimora del trono, in cui Dio è entrato ed ha rimesso noi al nostro posto di reggenti, ci ha dato fiducia affidandoci la vita degli altri, lasciandoci liberi di dirigere la nostra esistenza. Scegliamo di donare santità a quel luogo, di riportare la nostra vita alla dignità sacra che deve avere, e non restare “ancorati” ad un passato che non ci appartiene, che ci incatena: “diceva loro: “[…] Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi”.”

Gesù ci chiede di levare anche la polvere da sotto le scarpe.

Lasciare che il male, le delusioni, il peccato, restino nei nostri ricordi, nei nostri cuori, anche con il rimorso e con la difficoltà di perdonare a noi stessi una mancanza o una debolezza, non ci rende liberi, non ci ridona la dignità che Dio vuole restituirci. C’è bisogno di pulire davvero, anche con l’aiuto degli altri, la nostra reggia, c’è bisogno di rendere noi stessi di nuovo puri e sacri. Scavate nel profondo e fatevi aiutare: chiedete ad un sacerdote di lavare insieme a voi le tracce di quel peccato che ha lasciato il segno. Chiedete a Dio il dono di farvi sentire nuovamente vivi, dopo la confessione. Chiedete nella preghiera la forza per riuscire a sentirvi di nuovo degni del vostro trono, limpidi come bambini, forti come re.

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