Quaresima con Tolkien #11 – FOSSO DI HELM

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“Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia”

Dal libro della Gènesi

<<Ma a mano a mano che andava avanti, la luce negli occhi di Théoden divenne più intensa, finché il re si levò in tutta la sua statura e, assieme a Gandalf, fece spaziare il suo sguardo da quel posto elevato sino ad oriente. “Veramente”, disse con voce ora chiara e intensa lo stregone, “proprio lì ove si trova il nostro più grande terrore, è anche la nostra speranza. Il destino è ancora appeso a un filo, ma non è il momento di disperare, se riusciamo a resistere per poco tempo ancora.” […] Si volse a guardare il suo grande palazzo. “Ahimè!”, esclamò, “purtroppo questi sono per me tempi malvagi, e giungono nella vecchiaia invece della pace che mi ero meritato! Ahimè, Boromir coraggioso! I giovani periscono mentre i vecchi rimangono ad avvizzire”. Si strinse le ginocchia con le mani rugose.[…] Si volse verso Éomer, e gli Uomini lo guardarono meravigliati, lieto e dritto com’era. Cos’era accaduto al vecchio che avevano lasciato raggomitolato sulla sedia o curvo sul bastone? […] rispose Gandalf. “Abbi fiducia in Éomer, anziché in un uomo dalla mente ingannevole. Oblia rimpianto e timori. Fa’ quel ch’è necessario fare adesso. […] Ora vi è davvero speranza di una vittoria!”, esclamò Éomer. “Speranza, sì”, disse Gandalf.

Il Signore degli Anelli, Le due torri, libro I, cap. VI, “Il re del palazzo d’oro”

E’ chiamata dai Rohirrim con il nome di Hornburg, “Fortezza del Corno”, per l’imponente corno di Helm usato negli assedi per spaventare gli invasori e infondere coraggio ai soldati. Il suo nome più antico è Suthburg, “Fortezza Meridionale”, ma i più la conoscono con il nome della vallata che la circonda “Fosso di Helm”: è la maestosa fortezza del Regno di Rohan, a guardia dei guadi dell’Isen. Sorge sul fianco della montagna, la sua posizione è strategica, in una valle stretta a forma di imbuto, per permettere la difesa anche da un gran numero di nemici. E se le sue difese cedessero? Niente paura, perché il suo nome è anche Aglarond, cioè “Caverne Scintillanti”, per le meravigliose grotte nascoste nel cuore della fortezza, così piene di minerali e pietre preziose, da farne scintillare le pareti come un cielo stellato, alla sola luce delle torce. Non sono solo uno scrigno delle meraviglie ma anche riparo e protezione per le famiglie e tutti coloro che non potevano combattere in un assedio, per restare al sicuro, bloccando con facilità le entrate con imponenti massi appositamente posizionati: anche un numero esiguo di uomini sarà in grado di tenere testa ad un intero esercito.

Così nella battaglia dell’anello gli uomini di Rhoan si rifugiano nel luogo più riparato per eccellenza. Antico, sicuro, forte.

E’ così che dovrebbe apparire la nostra fede dopo anni e anni di “pratica”. E’ così che dovrebbe apparire un re: indistruttibile, vigoroso, impavido e determinato. Ma prima del fosso di Helm il vecchio Re Théoden “vegetava” nel suo trono, con la mente annebbiata, segnando il declino della sua fiera dinastia. Dell’onore del casato di Rohan rimanevano solo due giovani ragazzi, che esortavano il re a schierarsi contro Isengard, ad impedire il dilagare del male nelle loro terre. Eppure, questo vecchio raggrinzito e “cieco” agli avvenimenti del mondo, è pur sempre, anche nella malattia, la chiave della salvezza della sua casata, anche nella sua immobilità: suo figlio Théodred ed il suo valoroso cugino Éomer combattono senza tregua per allontanare il male dalle loro terre, rimanendo fedeli ai quei valori che lui in gioventù aveva seminato nei loro cuori, rimanendo fedeli al vero Théoden, al vero re, anche se lui stesso non si riconosce più. Lottano, anche per lui, in memoria di tutto ciò che caro possiedono, fedeli anche nella morte, come Théodred che se ne va 5 giorni prima del “ritorno alla ragione” di suo padre.

Sembrano così differenti, i giovani dai vecchi.

Eppure ci dimentichiamo che i giovani valorosi devono tutto il loro coraggio, tutta la loro speranza, a qualcuno che quel seme, tanto tempo prima, l’ha piantato nei loro cuori, sicuro che prima o poi sarebbe germogliato, anche se “non è più lì” per goderne i frutti, per gioire della sua fioritura. Siamo sempre attenti alle spaccature, alle differenze evidenti, ma non cogliamo mai il filo sottile e nascosto che unisce speranza e futuro, crisi e risurrezione. E’ grazie al suo “seminare” che Théoden, nel momento in cui tornerà lucido, potrà dire di avere ancora una terra su cui regnare, una terra protetta in sua “assenza” dal male che incombeva. E’ grazie ai suoi avi se anche lui ha una fortezza dove rifugiarsi, se ha un luogo privilegiato per combattere il male, e per proteggere ciò che ha di più caro. Ma senza “l’erede”, senza Théodred ed Éomer, cosa sarebbe rimasto al vecchio re, nel momento in cui avrebbe ritrovato il senno? Senza la saggezza dei suoi avi ed il lascito della fortezza, la lungimiranza di erigere quelle mura, pietra su pietra, cosa sarebbe rimasto del suo popolo, nel momento della battaglia con il nemico?

Non può esserci passato e futuro se non attuiamo il presente, se non ci rendiamo operosi e capaci di agire, adesso.

E’ così che vecchio e nuovo hanno compimento, insieme, che passato e presente si intrecciano e si mettono in azione, senza divisioni, ma in un unico filo sottile che ci lega tutti tra spazio e tempo: come avviene anche oggi, nella comunione con i Santi, che spesso ci dimentichiamo ma rinnoviamo in ogni messa. Perché dobbiamo imparare a tener bene a mente, abituarci all’idea che il tempo per l’azione non ci è dato deciderlo. Theoden è qui, adesso. Osserva un popolo senza futuro, una guerra sempre più vicina senza avere la fierezza e la giovinezza per combatterla, un casato da “risollevare” senza il tempo di vederne l’egemonia restaurata. La vecchiaia incombe: all’epoca della Guerra dell’Anello ha 71 anni ed è uno dei più anziani comandanti delle forze degli Uomini (dopo Denethor di Gondor). E’ difficile rimanere “vigili”, non arrendersi alla vecchiaia che avanza e che vuole farci credere di essere inutili e oramai avvizziti, che ci convincere di essere troppo stanchi per continuare a lottare, o troppo in là per poter cambiare ancora e muovere verso altre direzioni. Trova la forza, re Theoden, di cambiare rotta, ancora, nonostante la stanchezza degli anni, di raccogliere tutte le energie del suo regno per un bene superiore, per restare fedele a se stesso ed ai valori dei suoi padri ma soprattutto al bene. “Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me si scatena una guerra, anche allora ho fiducia.” Ed ecco, nel momento di massimo sconforto, quando anche l’ultima carica al fianco di Aragorn sembra senza speranza, torna Gandalf con i cavalieri radunati per la battaglia, coadiuvati dagli Ent e dagli Ucorni giunti da Fangorn, e annientarono l’esercito di Saruman.

<<In mezzo al clamore apparve il re. Il suo cavallo era bianco come neve, d’oro era lo scudo e lunga la lancia. Alla sua destra cavalcava Aragorn, l’erede di Elendil, e dietro di lui i signori della Casa di Eorl il Giovane. La luce si diffuse nel cielo. La notte scomparve. “Avanti Eorlingas!”. Con un urlo e un grande fragore partirono alla carica. Come un boato giù dai cancelli, come un uragano sul ponte, come vento fra l’erba travolsero nel loro galoppo le schiere di Isengard. […] Ivi improvvisamente su una cresta apparve un cavaliere biancovestito, e splendente nel sole appena nato. Sui colli più bassi squillavano corni. Sui lunghi declivi alle sue spalle arrivavano a piedi mille uomini brandendo la spada. […] “Mirate il Bianco Cavaliere!”, gridò Aragorn. “Gandalf è ritornato!” >>

Il Signore degli Anelli, Le due torri, libro I, cap. VII, “Il Fosso di Helm”
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