Quaresima con Tolkien #9 – LA FORESTA DI FANGORN

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“Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire. Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore; vigilate perché nessuno si privi della grazia di Dio. Non spunti né cresca in mezzo a voi alcuna radice velenosa, che provochi danni e molti ne siano contagiati”

Lettera agli Ebrei 12, 15

<< “Ma non è nulla in confronto all’aspetto antico di questo bosco. Guarda tutte quelle barbe e quei baffi di licheni, spioventi e ciondolanti! E la maggior parte degli alberi pare ricoperta da foglie secche e avvizzite che non sono mai cadute. Molto disordinato. Non riesco ad immaginare l’aspetto della primavera in questo posto, ammesso che vi giunga mai.” […] Pipino tentò più volte di descrivere la sua prima impressione (di Barbalbero). “Sembrava vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni; ma in superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di un immenso lago”. […] (Barbalbero) “Ci si accorge che certi alberi hanno un cuore cattivo. Nulla a vedere con il legno: non intendo parlare di esso. Anzi! Conoscevo dei cari vecchi salici lungo l’Entalluvio, scomparsi tanto tempo fa, ahimè! Erano completamente vuoti, stavano addirittura cadendo a pezzi, ma erano tranquilli e miti come giovani germogli. Esistono invece alberi nelle valli ai piedi delle montagne, sani e solidi come colonne, e cattivi da cima a fondo. Sembrerebbe una cosa contagiosa. Vi erano in questo paese alcuni posti molto pericolosi. Vi sono tuttora dei punti assai neri. […] Dei primi Ent giunti nei boschi prima dell’Oscurità ne restano solo tre: io Fangorn, Finglas e Fladrif”[…] (Bregalad) Era alto, e sembrava uno dei più giovani (Ent); la pelle delle sue braccia e gambe era liscia e lucida, le sue labbra vermiglie ed i capelli grigio-verde. Riusciva a curvarsi e a ondeggiare come un esile albero al vento. Infine parlò, e la sua voce, pur risonante, era più limpida e acuta di quella di Barbalbero. “Ha, hmm, amici, facciamo una passeggiata!”, disse. “Io sono Bregalad, che nella vostra lingua significa Sveltolampo. Ma non è che un soprannome, beninteso. Me lo hanno attribuito un giorno che risposi “sì” a un Ent più anziano prima che avesse finito la domanda. Inoltre bevo velocemente, e sono già fuori casa quando gli altri si stanno ancora bagnando la barba. Venite con me!”. Tese loro due braccia ben proporzionate e due mani dalle lunghe dita. Passeggiarono tutto il giorno con lui nei boschi, cantando e ridendo; Sveltolampo rideva spesso. Se il sole faceva capolino da dietro una nuvola, lui rideva; se incontravano una sorgente o un ruscello, lui rideva e chinandosi si bagnava la testa ed i piedi; a volte rideva per via di qualche suono o bisbiglio fra gli alberi. E quando vedeva una pianta di sorbo si arrestava un attimo a braccia aperte e cantava ondeggiando. >>

Il Signore degli Anelli, Le due torri, libro I, cap. IV, “Barbalbero”

Ci sono luoghi che spesso evitiamo, o che facciamo finta di non vedere.

Se ti addentri in certi cuori sai che dovrai rimboccarti le maniche: ci sono angoli sporchi e trascurati, ad un passo dal nostro bel giardino zen, in cui, dicono, non vale la pena faticare, tanto non fioriranno più. Magari una volta anche quelli erano luoghi splendenti. Quei cuori. Luoghi pieni di germogli e di vita, ma ora la Luce non filtra più, come a Fangorn, una delle più antiche foreste della Terra di Mezzo, vecchia come alcuni dei suoi abitanti, gli Ent. Pastori degli Alberi, antiche e potenti creature, che proteggono e custodiscono le opere della Vala Yavanna fin dai Tempi Remoti.

Anche noi possiamo essere gli Ent della foresta di qualcun altro:

degli animi bui, di chi non ha nessuno disposto a camminare nei suoi sentieri desolati, solo perché la Yavanna di turno (o magari, per ipotesi, una Maria a caso) ci ha chiesto di preservarli. Perché anche a Fangorn si era insidiato un male oscuro, come accade in molti animi. La volontà malvagia degli alberi di Fangorn, che covavano un odio profondo per tutte le altre razze della terra di mezzo, aveva trasformato molti pastori degli alberi in Ucorni: Ent inselvatichiti che avevano scelto di vivere un’esistenza simile a quella degli alberi “normali”, immobili e con una volontà malvagia ed oscura anch’essi. Ecco che la foresta era evitata da tutti, perché l’ostilità ed il male era dilagato. Li conosciamo bene quei boschi (o quei cuori) che costeggiamo tutti i giorni, dove non vogliamo entrare, in cui, se non fossimo superficiali o solo ipocriti, se non ci girassimo dall’altra parte, vedremmo gli Alberi di Fangorn che li popolano. Tutti quelli che incontriamo possono essere una foresta oscura, dove è più facile rimanere incuranti Ucorni, invece di rimboccarci le maniche e scegliere tutti i giorni di passeggiare come Ent, facendoci carico di ciò che gli altri attorno “non curano”: delle loro minuscole ghiande, dei rametti e delle foglie, dei loro abitanti e delle cortecce, di estirpare le radici velenose di cui parla la lettera agli ebrei.

È faticoso, essere Ent, vigilare “perché nessuno si privi della grazia di Dio”, sorridere, non per ottimismo o positività, ma per speranza.

Lui però ci chiama a vegliare sul nostro vicino, sui nostri familiari, su chi a volte è scomodo guardare davvero perché fa male prendere atto di tanta tristezza, perché è alto il rischio di farsi trascinare nel buio di rami ritorti e marciume. Per fortuna però, non siamo Ent soli: la grazia può farci riconoscere le “guide”, i “primi creati” da Yavanna, tra gli Ent che ci circondano, come un Barbalbero. Un concentrato di memoria e di saggezza che sa aprire gli occhi al presente spingendoci ad agire, quando serve. Davanti ad ogni Fangorn abbiamo sempre una scelta: lasciare che le foreste che ci sono state affidate rimangano inospitali, abbandonate all’incuria perché tanto “mia suocera non cambierà mai”, il mio amico “se l’è andata a cercare”, quel ragazzetto in parrocchia “non ha speranza di cambiare” e via dicendo o dare il nostro piccolo, ma concreto contributo a chi in questa foresta fatica a sopravvivere o almeno sradicare le piccolissime erbacce intorno a noi per non lasciarle diventare alta erba infestante. Che poi l’erbaccia, la radice che fa inciampare o l’orco di turno da abbattere sanno riconoscerlo tutti, ma ciò che solo gli Ent possono vedere e che noi come cristiani possiamo stanare con la preghiera e stando aggrappati a Lui, è quel male che cova dentro la corteccia, quello che fa marcire la pianta, quello che non dà nell’occhio, ma dilaga indisturbato. E spesso, per arrivare al cuore degli uomini c’è solo una strada: la preghiera, appunto.

Ho letto da qualche parte, una volta, che ci è chiesto di fiorire dove siamo piantati e allora rilancio, dicendo che dobbiamo essere Ent, nella foresta dove siamo stati messi.

E certi giorni, tra colleghi svogliati, suocere invadenti, amiche poco riconoscenti e mettici pure il parroco che fa la predica lunga, non è mica un eufemismo dire che la nostra vita è più che una foresta, una vera e propria giungla. La nostra famiglia, il nostro ufficio, la nostra parrocchia, il nostro volontariato, i nostri amici: entriamo in ogni Fangorn, perché lì è il nostro luogo, lì siamo chiamati. Entriamo negli animi e abbiamone cura, amiamoli anche quando la Luce non filtra. E soprattutto, quando saremo nel profondo di queste foreste, non scordiamoci di cantare!

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