Quaresima con Tolkien #6 – COLLE VENTO

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In quei giorni, la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. (…) e disse: ” (..) Io ho sentito dai libri dei miei antenati, Signore, che tu liberi fino all’ultimo tutti coloro che compiono la tua volontà. Ora, Signore, mio Dio, aiuta me che sono sola e non ho nessuno all’infuori di te”.

Dal libro di Ester, Est 4, 17k-u

<< “Gli Uomini dell’Ovest non vissero qui; soltanto alla fine dei loro giorni difesero per un breve periodo i colli dal Male che veniva da Angmar. Questo sentiero fu fatto per collegare le fortezze lungo le mura. Ma molto tempo prima, agli albori del Regno del Nord, costruirono in cima al Colle Vento una grande torre-vedetta, che chiamarono Amon Sul. Fu bruciata e distrutta, e non rimane altro che un anello smantellato, come un’ispida corona posata sulla testa del vecchio colle. Eppure un tempo era alta e splendida”. […] Nascondersi non era più possibile, potevano soltanto sperare che nessun nemico e nessuna spia sorvegliassero la collina .[…] Stando in piedi sull’orlo della torre diroccata, la loro vista spaziava tutt’intorno su un ampio paesaggio […] “Ebbene! Eccoci qui”, disse Merry. “E lo direi un luogo sgradevole e inospitale! Non c’è acqua e non c’è riparo, e quel ch’è peggio, nessun segno di Gandalf.” […] “Quanto dista Gran Burrone?”, chiese Merry, guardandosi intorno con aria stanca e scoraggiata. Il mondo era grande e selvaggio, visto da Colle Vento.[…] E improvvisamente vide due macchie nere muoversi lentamente verso ovest; guardando meglio ne scorse altre tre che strisciavano verso est, andando loro incontro. Lanciò un grido e afferrò il braccio di Grampasso. […] Un grido acutissimo e potente squarciò la notte; e Frodo sentì un dolore atroce alla spalla, come se fosse stato trafitto da una freccia di ghiaccio avvelenato. Riuscì ancora, prima di svenire, a scorgere Grampasso che balzava fuori dall’oscurità con un tizzone fiammeggiante in ciascuna mano. >>

Il Signore degli Anelli, La compagnia dell’Anello, libro I, cap. XI, “Un coltello nel buio”

Colle Vento è un luogo da cui non c’è scampo:

si può essere visti da chiunque, si può vedere la nostra più grande paura avvicinarsi ma non avere vie di fuga, si può desiderare di scappare con tutte le forze, ma non ci si può nascondere. E’ la cartina tornasole del nostro coraggio, della nostra fragilità. Non sempre c’è una soluzione, non sempre le ferite si rimarginano, non sempre il tempo sistema le cose. A volte nel dolore si può solo stare, come Gesù inchiodato alla croce, come Ester assalita da una angoscia mortale. Ci sono lame che non possono essere dimenticate, che sono scese troppo nel profondo, affondate da qualcuno da cui eravamo inermi, indifesi, qualcuno che sapeva esattamente dove colpire. Sono le ferite che non si dimenticano, il cui ricordo riaccende il dolore all’istante, ferite come quella ricevuta da Frodo a Colle Vento. Sono come eterne, si possono infliggere con la stessa forza della prima volta, solo ricordandole, con la stessa intensità, e per questo sono terribili. Come a Colle Vento, quando il nostro cuore viene trapassato da una lama così, il dolore non si può scordare, e dove prima c’era una grande bellezza, quando veniamo feriti mortalmente rimane solo un cumulo di rovine: un luogo spoglio, “sgradevole ed inospitale”, solitario, dove abbiamo smesso di combattere il male, dove ci siamo arresi e la sfiducia è così grande che non riusciamo a vedere nessun Gandalf, solo ombre di terrore. Ricucire un cuore non è possibile, non si riattaccano i pezzi, come tanti vogliono farci credere, ma non è tutto perso: da quegli strappi, da quelle fessure, può entrare Lui, che può sanarci da dentro, da quelle profondità di noi stessi che non avremmo mai potuto toccare. “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.”:

ecco, bisogna passare per un luogo scoperto, con la certezza che solo se siamo visti, potremmo anche essere salvati.

Ed è assurdo, scegliere di mettersi a nudo. E’ pazzia pura, lasciare a qualcuno un coltello in una mano ed il nostro cuore nell’altra: donare ciò che di più prezioso abbiamo, e nello stesso tempo concedergli di farlo a pezzi. Eppure si può amare, anche tanto così, come Lei, che ha donato al mondo, agli aguzzini, ciò che aveva di più prezioso, anche della sua stessa vita: suo figlio. Ed è questo amore che vi auguro. Fatto di debolezze e di nudità vera. Quella di un uomo, spogliato ed inchiodato, ma messo a nudo solo dal suo amore e non dalla sua carne: Lui anche nella fragilità ha scelto come prima cosa di amare, spoglio di tutto ha deciso di donare, nel dolore si è caricato dei problemi degli altri, nella disperazione ha scelto di fidarsi, nell’agonia ha scelto di salvare il peccatore che aveva una scintilla di fede, donando speranza, fino alla fine, oltre ogni logica. Così l’Amore ha vinto: con un uomo spogliato della sua forza, della sua giovinezza, del suo futuro, delle sue certezze, ma che sarebbe rinato in virtù di un amore che non poteva essere spezzato. E per trovarlo anche noi, quell’amore, dobbiamo rischiare di essere trafitti.

Nessuno potrà vederci per quello che siamo davvero, sotto la nostra armatura, se indossiamo una corazza.

Dobbiamo avere il coraggio anche noi di trovarci a Colle Vento: un luogo scoperto, dove siamo fragili e veri, fino in fondo. Il luogo dove anche Lui è stato, Lui che ci ama di un amore puro, Lui a cui lasceremo curare le nostre ferite più profonde riempendole di un nuovo senso, nonostante i tagli continueranno a farci male. “Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!”.

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