Il sorriso di Dio

Commento al Vangelo Gv 1,6-8.18-28

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

“Siate sempre lieti”.

Oggi prendo in braccio queste parole e me le porto dietro, le mastico, me le passo sulla pelle, le prendo per mano mentre sistemo la cucina.Non so cosa dovrebbe essere la fede, ogni giorno mi domando se Dio guardandomi si stia mettendo le mani tra i capelli, mi sento sempre un po’ come se stessi andando impreparata ad un’interrogazione di matematica.Nonostante tutto, so cos’è la fede per me:

è la certezza che se non andasse tutto bene, anzi, anche se andasse tutto male questa non è la fine perché c’è molto altro.

Quando ricevi questo dono, Dio rispetta le proprie promesse e ti dà il centuplo perché non finisce lì, con la fede ricevi la speranza che non è un vago desiderio che possa andare tutto bene, è la piena fiducia in Dio che mi aspetta in Paradiso e tutta la mia vita deve tendere a quello. Se cerchiamo una risoluzione della nostra esistenza qui, solo qui sulla terra, siamo fregati, non la troveremo mai, perché è solo un tratto del percorso. Ma se spostiamo lo sguardo un po’ più avanti tutto prende un nuovo significato e la ricerca quotidiana della felicità sarà molto più fruttuosa, riusciremo ad essere lieti perché non vedremo solo i nostri passi, solo i nostri risultati, ma vedremo anche una parte, seppur sempre piccola e ridotta rispetto al disegno di Dio, del quadro generale. Questo significa essere lieti.

Il cristiano non può esimersi dall’esserlo, e non basta un solo giorno in cui ti vesti di rosa, Cristo ti vuole lieto sempre, anche e in modo particolare nei momenti in cui la vita ti sta schiacciando.

Questo avvento è speciale, tutti stiamo vivendo un tempo particolare. Non dirò mai che è un tempo orribile come non se ne sono mai visti perché se pensiamo alle guerre affrontate dai nostri nonni questo non è nulla a confronto. Tuttavia il dolore c’è, la difficoltà c’è, è un momento certamente strano, che non ci aspettavamo solo un anno fa. Eppure eccolo, ma in realtà ognuno di noi vive momenti particolarmente difficili, situazioni nuove e amare, dolorose, che ci mettono alla prova. Ecco che Dio ci dà tutte le carte per giocare e se vogliamo vincere dobbiamo ricordarci di essere lieti, allegri, felici, in modo credibile ovviamente. C’è chi ha un’indole positiva, che spontaneamente cerca di risollevarsi da sola, ma c’è chi invece tende inesorabilmente verso il basso, si sente attirato dalla depressione, dalla tristezza, dall’angoscia e quindi dalla disperazione. Questo è il nostro lato umano, e Dio guardate che lo sa e lo comprende appieno, è normale che sia così. Ecco che a te che in questo momento riesci ad avere speranza perché hai fede, ti viene chiesto di mettere in atto la carità, l’amore verso chi ti sta accanto e vedi che si sta piegando sotto il peso del dolore. Questo è essere pienamente cristiani e testimoni di Dio. Se a chi soffre noi diciamo di non soffrire e di avere fede, non solo non avremo spostato un granello di polvere con quelle nostre parole ma potremmo aver fatto del male, aver allontanato ancora di più quella persona da Cristo. Se invece noi amiamo chi soffre, ci mettiamo al servizio di chi sta male, lo ascoltiamo, gli facciamo compagnia, lo soccorriamo nelle piccole necessità quotidiane allora saremo certi di aver spostato montagne e di aver ripulito la strada che porta quella persona a Cristo. Non siamo noi a donare la fede a chi non ce l’ha, non pensiamolo mai, non siamo mai noi a poter portare Cristo a chi non lo conosce. Noi siamo solo degli spazzini, noi puliamo, sistemiamo, se possibile allarghiamo e infine raddrizziamo la strada che conduce a Dio. È un duro lavoro, ma abbiamo gli strumenti per farlo. Dobbiamo solo aprire la nostra cassetta e puntare a logorarli. Sì perché ci possiamo accorgere che questi strumenti sono nuovi fiammanti perché non li abbiamo praticamente mai utilizzati, basti pensare alla preghiera, alla confessione, all’eucaristia. Ma non è importante, quello che è importante è aver aperto gli occhi e iniziare a lavorare, perché non è mai troppo tardi per amare l’altro ed essere gli spazzini di Dio. E se il vostro orgoglio vi accerchia e vi fa pensare di poter essere i progettisti, gli ingegneri, di sapere tutto, di conoscere il disegno di Dio meglio di Dio stesso, prendete il Vangelo di oggi: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.

Buona terza domenica di Avvento e…remember: siate sempre allegri!

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