QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #18 INDIMENTICABILE

Ed eccomi, rossa in volto e confusa, resa splendida dalle mani di Cinna, desiderabile dalla confessione di Peeta, tragica dalle circostanze e, a quanto si dice, indimenticabile.

Hunger Games, libro I, capitolo 10

“Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.

Giovanni 12: 31-32

Chi non vorrebbe?

Essere al centro, il fulcro di qualcuno, attrarre come una calamita: che si tratti del gruppo di amici, di una storia, di un amore, di un viaggio o di un ricordo.
Ci piace essere i protagonisti invidiati da tutti, ogni volta.
E che dire dei momenti “speciali”, di quando vorremmo un fotografo tutto per noi, che possa catturare la nostra miglior immagine, quella che si visualizza ogni volta nella nostra testa, che possa definirci più dell’ultima foto profilo che abbiamo postato.
“Incastonare” un ricordo, una parte di noi, che possa restare oltre l’attimo: per ricordarci chi vorremmo essere o come non saremo mai più.

Tutta questa vanità mista ad un ego troppo grande

per dei corpicini come i nostri, è una sete che non riusciamo a dissetare, una fame che non sazieremo mai.

Kat ci racconta una di quelle “situazioni perfette”: preparazione perfetta, abito perfetto, trucco perfetto, discorso perfetto, emozioni perfette, sguardo perfetto, atmosfera perfetta. Click. Immortalata per restare.
Eppure quando pensiamo a Katniss Everdeen, nessuno di noi la immagina con il bel vestito di Cinna, le guance rosee e lo sguardo seducente.
No, noi la rivediamo mentre corre per i suoi boschi, mentre tende la corda e guarda oltre la freccia che sta scoccando oppure nel saluto del suo distretto con le tre dita unite. Insomma, nessuno se la ricorda così: eppure lei si descrive nel suo personale “attimo perfetto”.

Allora, cos’è che accade?

Cos’è che ci accade quando ci vogliamo attraenti, desiderabili e incantevoli?
La cosa che accade è che non siamo mai noi stessi, non è mai la nostra natura: non c’è verità in quello scatto, in quella situazione, in quella descrizione.
Non c’è nulla di sincero e di reale.
C’è solo un sogno, il sogno di qualcuno, così patinato da finta perfezione da restare solo in una stampa o in un ricordo; un po’ come a volte succede quando riguardiamo le foto di matrimonio.
Bellissimi, candidi, raggianti.

Ma la realtà non è in quel velo di perfezione

che ci piace stendere negli album di famiglia e nelle cornici.
No, semplicemente siamo immensamente di più.
Non dico che non ci sia bellezza in quei momenti, perché c’è, c’è stata.
Ma se ci fermiamo lì, quell’immagine perde valore: come le figure finte delle cornici appena comprate, coi volti sorridenti e famiglie ideali.

Quel nostro scatto ha valore solo nel riconoscere chi si nasconde dentro un vestito di tulle e pizzo, dentro uno smoking perfettamente stirato ed un’auto tirata a lucido.
Quegli istanti tornano ad essere reali per i ricordi e le emozioni che rievocano: veri, concreti e tante volte anche imperfetti, come noi.

Se penso alla vita di Gesù, ci sarebbero state un sacco di situazioni memorabili da immortalare, eppure solo una lo troviamo ovunque,

solo una è diventata la sua “foto profilo”: la croce.

E non mi sembra un bel momento, una cosa da “attimo perfetto”, da album di famiglia.
Eppure quello è rimasto nella vita di tutti noi, proprio quell’istante lì: perché è stato il più autentico, il più sincero, la sintesi di un amore troppo grande da trapelare in una delle tante polaroid-perfettine che avremmo potuto stampare.

Ci circondiamo di belle impressioni, di scatti irreali e plastici, a volte anche in posa, eppure che dicono così poco di noi.

Cerchiamo anche un po’ di verità, oltre quei volti tirati e quelle inquadrature “plastiche”: cerchiamo il coraggio per vederci come realmente siamo, perché siamo molto più di un bel visetto o un corpo da favola con vestiti memorabili.
Catturiamo anche l’essenza, la Sua luce in noi, quello che davvero ci rende unici ed indimenticabili.
Tentiamo di immortalarla, quell’immagine lì, di affezionarci a lei, per vedere davvero chi siamo, oltre la finzione.
E soprattutto capire dove stiamo andando, dove invece avremmo voluto ci portasse tutta quella perfezione così poco “da noi”.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *