SCEGLI (IL) BENE

Commento al vangelo Lc 4, 16-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore

Quando facevo le elementari

mi ricordo che la maestra aveva disegnato un grande cartellone con i nomi di tutti i bambini della classe e a seconda del comportamento potevi guadagnare una stellina, se non sbaglio. Alla fine, dopo dieci stelline c’era un premio. Ancora ricordo un premio che vinsi, una gomma da cancellare. Quanto ero felice, come la custodivo, neanche fosse il trofeo di una gara importante.
Sempre in quegli anni ricordo che vidi sulla confezione della carta igienica un concorso a punti: se raccoglievi un tot di bollini alla fine bastava spedire la scheda completa e ti mandavano a casa un peluche. Feci la raccolta e ricevetti il cagnolino, era bellissimo, lo adoravo. Non c’era neanche da essere bravi, bastava ricordarsi di ritagliare il punto sulla confezione prima di buttarla. Ci voleva un po’ di tempo, non era un premio immediato ma era assicurato, era certo.
Ora non sono più alle elementari ma quando vado al supermercato e scopro che è iniziata una nuova raccolta punti per poter vincere una padella, un set di bicchieri o un pelapatate di ultima generazione, beh è innegabile la gioia pacifica che provo. Mi piace la sensazione di attaccare punti su una scheda, finché non è completa, e poter andare a ritirare un premio.

Cresciamo con questa logica: premio o punizione.

Ti comporti bene, fai il tuo dovere, non sgarri, non esci dal recinto delle regole e ottieni un premio. Non lo fai, fai il contrario e ti becchi una punizione, o quantomeno non ricevi il premio. Oggigiorno c’è chi tenta di smontare questo meccanismo in modo da epurare i metodi pedagogici e insegnare ai piccoli che non ci si comporta bene per una ricompensa ma perché è ciò che è giusto fare, perché è il bene a dovermi interessare, non il mio tornaconto. E io lo trovo un impegno nobile, con risvolti importanti in ogni aspetto della vita, compresa la fede che se vissuta integralmente é la vita stessa.
Perché diciamolo, quanti di noi non hanno pensato almeno una volta “ma perché proprio a me questa croce? Ho fatto tutto quello che Tu hai detto, ho pregato, mi sono confessata, sono andata sempre alla messa, non ho saltato neanche una domenica!

E ora Tu mi ripaghi così?

Buttandomi addosso questo macigno? E io dovrei continuare ad essere buono, a scegliere il bene nonostante tutto? Nonostante questo non mi garantisca una vita almeno mediamente serena, non dico felice?”.
È chiaro che a mente fredda, ci rendiamo conto di quanto questo pensiero sia sbagliato, ma poi in quei momenti, quando la croce ti piomba addosso inattesa e durissima, capita di reagire nel modo sbagliato. Immaginatevi se da bambini dopo dieci stelline la maestra vi avesse detto “Bene Giuditta, sono fiera di te, sei stata sempre attenta, rispettosa, sei stata una buona compagna per i tuoi amici, continua così”. E il premio? La gomma da cancellare? La matita con l’unicorno sopra? Dov’è la mia ricompensa?

La vita è un susseguirsi di piccoli passi.

A volte ci si ferma, a volte si gira in cerchio, a volte si torna addirittura indietro, incredibile. Per imparare ci vogliono migliaia di passi, a volte non basta una vita, peccato rendersi poi conto che solo una ne abbiamo. Che fare allora? Arrendersi? Gettare la spugna perché tanto abbiamo la maturità di un bambino delle elementari e mai cresceremo?
No, si va avanti, si accetta lo sbaglio, si accetta che siamo limitati, fallibili, talvolta incapaci di imparare dai nostri errori. Si comprende che pur con un carattere difficile da domare e con dei vizi che a volte sembrano più indelebili di un tatuaggio, Dio ci ama di un amore incommensurabile, incomprensibile, e ci vuole ugualmente nel suo esercito, anche se siamo imperfetti.

Sta a noi scegliere ogni giorno il bene,

pure quando siamo insoddisfatti o delusi, o arrabbiati, non importa, a Dio non importa, ma a noi sta la scelta, dobbiamo scegliere sempre il bene perché poi tutto prenderà forma, tutto acquisterà un senso. Non oggi, non domani, magari neanche alla fine dei nostri giorni, ma non importa, noi dobbiamo scegliere il bene.

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