Cattoliche che guardano Bridgerton
La mia migliore amica
mi conosce da quando ho 5 anni, sì perché io ho frequentato solo l’ultimo anno di asilo. Stavo così bene a casa, in campagna, tra le caprette come Heidi, che bastò dire ai miei “non ci voglio andare” e loro non mi fecero andare. Sorvolando sul significato educativo di tale scelta, alla fine i miei genitori mi dissero “ok, però l’ultimo anno di asilo lo frequenti perché così conosci i tuoi futuri compagni delle elementari”. E di fatto andò in questo modo. Io sono la regina delle divagazioni perché tutto questo era solo per dirvi che quando la mia migliore amica mi consiglia qualcosa, di solito ci prende. E quando mi consigliò di vedere Bridgerton, la serie di Netflix, io la ignorai per un po’, dicendole che a me le serie in costume proprio no, tutti quei pizzi e merletti, non ce la posso fare. Ma lei come sport pratica il pressing selvaggio e una sera in preda alla noia decisi di darle una chance, feci partire il primo episodio della prima stagione e dopo neanche cinque minuti spensi, arrabbiatissima, perché che cavolo, era tutto un sedere al vento e fornicamenti gratuiti. Ma lei con la costanza di una goccia cinese mi disse che la storia d’amore mi sarebbe piaciuta. Allora il giorno dopo ci riprovai, mandai avanti le scene hot e mi godetti puntata dopo puntata. E alla fine posso dire senza dubbio che questa è una delle serie più coinvolgenti che io abbia mai visto.
Basandosi sui romanzi di Julia Quinn, Shonda Rhimes (nota per aver creato Grey’s Anatomy) ha rivisitato la storia inserendo personaggi di ogni etnia.
Il che è il primo elemento che colpisce essendo la serie ambientata in un epoca storica dove una Regina inglese di colore era realistica quanto me che indosso un corsetto taglia 36. Tutto si svolge intorno alla “stagione” intesa come il periodo dell’anno che ha inizio col debutto in società delle giovani della nobiltà inglese e prosegue con la ricerca del buon partito col quale convolare a nozze. Shonda, da femminista incallita, ci tiene molto a sottolineare le contraddizioni di un periodo storico durante il quale l’uomo più libertino avrebbe dato la vita per salvare l’onore della sorella beccata a guardare con sguardo languido il duca, nascosti dietro ad una siepe. Ma a parer mio il vero elemento anacronistico che dà vita a tutta la storia è la famiglia Bridgerton, protagonista con i suoi otto figli tutti da sistemare.
La madre dei pargoli, rimasta vedova, propone ai figli un tipo di matrimonio del tutto lontano dal tempo in cui è ambientato, in quanto basato sull’amore tra sposo e sposa.
Le due stagioni andate in onda finora sono capaci di rapire, far sognare, ridere, riflettere e perché no anche ricordare l’importanza del corteggiamento, della cura del rapporto con il proprio consorte, dei piccoli dettagli che se durante l’innamoramento sono in grado di portarci verso l’altro quasi in maniera involontaria, durante il matrimonio possiamo riscoprire in chiave più vera e meno effimera per poter scegliere di portarci all’altro. Gli sguardi, le carezze, le attenzioni. Badate bene, lungi da noi consigliarvi questa serie televisiva per le sue qualità valoriali, perché siamo le prime a riconoscerne i limiti, e a non apprezzare l’eccessiva presenza di scene di sesso troppo esplicite, ma grazie all’inventore del telecomando possiamo saltare ciò che non fa bene agli occhi e apprezzare quello che di buono c’è. E se ci conoscete sapete che questo per noi è uno stile di vita, saper andare a fondo, saper guardare oltre la prima impressione significa darsi l’occasione di trovare il bello là dove non sembra esserci. Quindi, se volete, guardate Bridgerton e fateci sapere cosa ne pensate. La seconda stagione a nostro parere è qualitativamente superiore alla prima, le scene volgari sono nettamente inferiori e questo ci fa ben sperare nel proseguo della serie, per il quale dovremo aspettare ancora otto mesi. Buona visione, o in caso contrario, buona giornata a tutti, cari lettori, come direbbe Lady Whistledown.
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