Chi ama non è mai sterile – Santa Maria Francesca delle cinque piaghe
Era il 18 novembre 2017 e con mio marito passeggiavamo riscaldati da un caldo sole tra i quartieri affollati della bellissima Napoli. Una giornata primaverile più che autunnale. La mattina seguente, domenica, alle 8 eravamo già lì, davanti il portone in Vico Tre Re a Toledo nel cuore dei quartieri spagnoli, in fila per entrare nella casa della Santarella, com’è chiamata a Napoli.
La prima santa napoletana, la compatrona della città, la terziaria che scelse il nome di Maria Francesca delle cinque piaghe.
Un nome che rappresenta tutto il programma della sua vita religiosa. Una donna che inizia a soffrire da giovane, senza cedere alle percosse del padre che la voleva in sposa a un ricco napoletano, e che continua dopo aver preso l’abito. Nonostante la sua salute cagionevole, si sottopone a numerevoli mortificazioni corporali per espiare i peccati delle anime del purgatorio, riceve le stimmate, prova i dolori della Passione di Cristo durante la quaresima, ha il dono della profezia, estasi e miracoli. Insomma non si è fatta mancare nulla. Una donna che è vissuta 38 anni nella casa del suo padre spirituale, proprio quella nei quartieri spagnoli che si può visitare, per accudirlo e per vivere nel riserbo e ai margini della società, ma come spesso accade per queste anime belle e ricche di fede, le facevano spesso visita religiosi, uomini di cultura e fedeli per ricevere consigli. Ma nonostante questo esempio di preghiera, devozione e amore al prossimo, io ero lì per un altro motivo.
Santa Maria Francesca è la protettrice delle donne infertili.
Ero lì, con mio marito, in fila per entrare nella sua casa, adibita ora a museo, assieme a tante altre donne, a chiedere quella grazia che custodivamo nel cuore già da troppo tempo. Non ricordo nei minimi particolari tutto quello che è avvenuto. Era davvero tanto caldo li dentro, ammassati tutti in queste stanze così strette, stipati su delle scale anguste per entrare uno alla volta nella stanza dove c’è ancora la Sua sedia. Ma ricordo le emozioni di quella mattina. L’attesa, io che mi siedo con mio marito accanto e il sacerdote che ci benedice e fa delle particolari preghiere, noi che passiamo davanti alla statua della Santa, con dietro tantissimi fiocchi nascita a simbolo di grazie ricevute, la messa al termine della visita. E il dialogo con un sacerdote che ci disse di pregare ma di stare sereni perché la vera fecondità non è avere un figlio. Sono uscita da lì quel giorno rinata, carica di gioia e di pace interiore. Fare questo pellegrinaggio con mio marito, pregare con lui sulla tomba della Santa, assistere alla Messa, questa è stata la vera grazia. Avvicinandomi a santa Maria Francesca ho fatto esperienza di come la Croce che Cristo ci dà, è solo una via per avvicinarci ancor di più a Lui.
Nella prova e nella ricerca ho sperimentato la potenza della preghiera.
Certo su quella sedia mi sono seduta implorando il miracolo, arrivato quasi esattamente un anno dopo, ma senza scaramanzie varie. Sono tornata a casa guardando le cose con occhi diversi, conscia che un dono immenso io ce l’avevo già, ed era ed è il mio sposo. Ho iniziato a ringraziare Dio per quello che mi aveva già donato senza piangere sempre per quello che non avevo. Il resto è scaramanzia.
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