San Giuseppe Moscati
La vocazione è la voce di Dio che ti sussurra all’orecchio “amami”.
E una volta che l’hai ascoltata non riesci più a ignorarla, cresce e diventa come un fiammifero vicino ad un covone di paglia: fa ardere di luce e calore tutto ciò che incontra. Giuseppe Moscati dentro aveva due fuochi che ardevano, uno era l’amore per Dio e un altro l’amore per la scienza. Giuseppe proveniva da una famiglia agiata e colta, il papà era un magistrato e la mamma una nobildonna, ed aveva otto fratelli. Giuseppe si scontró con la malattia incurabile durante l’adolescenza, infatti uno dei suoi fratelli, a seguito di un incidente, viveva una condizione di disabilità e soffriva di crisi epilettiche continue. Giuseppe, pur non potendolo curare, gli stette sempre accanto fino alla morte che avvenne pochi anni dopo l’incidente. Inoltre suo padre morì quando lui aveva solo diciassette anni, fu una grande perdita, né soffrì moltissimo. In quello stesso anno Giuseppe si iscrisse all’università di medicina e da quel momento tutta la sua vita venne plasmata dal desiderio di soccorrere chiunque si trovasse affetto da una malattia, sia fisica che spirituale. Giuseppe credeva profondamente nel fatto che quando di fronte aveva un paziente, lì non c’era solo un malato da curare ma anche un’anima da sostenere, confortare e avvicinare al Padre. Per Giuseppe era un privilegio potersi accostare ad una persona in fin di vita perché credeva che la guarigione dell’anima fosse importante tanto quanto, se non di più, quella del corpo. Giuseppe fu un grande medico, la sua carriera fu splendente e ottenne grandi risultati, sia accademici che lavorativi. Tuttavia, non smise mai di pensare prima ai poveri, ai quali si dedicava con amore e dedizione, ed è noto il fatto che non accettasse denaro da chi aveva poco o niente per pagarlo, e anzi era lui stesso a lasciare i soldi necessari ad acquistare le medicine che prescriveva.
Le giornate di Giuseppe iniziavano tutte in compagnia di Gesù, con la messa e quindi la comunione quotidiana.
Era da lì che traeva la forza, la passione e lo slancio necessario per vivere la sua vita a servizio dell’uomo, soprattutto del più malato, del più povero. C’è una frase di Giuseppe molto bella che forse racchiude tutto il senso della sua vocazione totalmente dedita alla cura del prossimo: “Il vostro amore, Gesù, mi volge non verso una sola creatura ma verso tutti gli esseri creati a vostra immagine e somiglianza”. Eccolo l’Amore che incendia e si propaga verso tutto e tutti. Giuseppe morì a soli 46 anni, in una giornata come le altre, in un martedì di una settimana santa, mentre svolgeva il suo lavoro. Se ne andò nello stesso modo umile e silenzioso in cui aveva vissuto. La città di Napoli fu sconvolta da questa perdita perché sebbene Giuseppe avesse vissuto un’esistenza all’insegna della sobrietà massima, tutti lo conoscevano e lo amavano, lui era il “medico dei poveri”. Giuseppe non lasciò soli i napoletani che subito lo pensarono santo e continuarono a ricorrere a lui, se non più fisicamente, certamente nella preghiera, quasi a compimento di quanto lui stesso aveva scritto un giorno ad una persona che stava vivendo un lutto: “Dio si sostituisce a colui che vuole con sé”.
La morte non lascia mai un vuoto, perché Dio colma questo vuoto materiale e lo riempie con la sua presenza che dà significato, valore e ragione al dolore.
San Giuseppe Moscati, ti preghiamo per tutti i medici che incontrano ogni giorno la sofferenza, soprattutto in questo momento in cui la morte sembra essersi fatta più vicina. Ti chiediamo di illuminarli e illuminarci, affinché, come attraverso un vetro non più sporco ma pulito, si impari a vedere la persona umana, fin dal concepimento, come unione di anima e corpo, e a non far mai mancare la vicinanza all’anima laddove il corpo si avvicina alla fine.
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