Quaresima con Tolkien #12 – PALUDI MORTE

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In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.”

Dal libro dell’Èsodo

<< Le paludi divenivano sempre più acquitrinose, grandi laghi stagnanti fra i quali era una crescente difficoltà trovare punti solidi ove poggiare i piedi senza affondare nel fango gorgogliante. Fortunatamente i viandanti erano leggeri, perché forse nel caso contrario non avrebbero trovato una via. Poi, il buio divenne completo: l’aria stessa pareva nera e pesante da respirare. Quando d’un tratto apparvero delle luci, Sam si strofinò gli occhi credendo di avere le traveggole. Prima ne scorse una con l’angolino dell’occhio sinistro: un barlume pallido tosto scomparso; ma poco dopo ne spuntarono altre: alcune parevano fumo vagamente scintillante, altre, tremule fiammelle indistinte su candele invisibili; qua e là si torcevano come lenzuola fantasma piegate da mani nascoste. […] Per un attimo l’acqua sotto di lui parve una finestra dai vetri sporchi attraverso la quale egli sbirciava. Estraendo con violenza le mani dalla melma, Sam balzò indietro lanciando un urlo. “Ci sono cose morte, facce morte nell’acqua”, disse pieno d’orrore. “Facce morte!”. Gollum rise. “Le Paludi Morte, sì, sì: così si chiamano”, squittì. “Non dovreste guardare quando le candele sono accese”. “Chi sono? Cosa sono?”, domandò Sam rabbrividendo e rivolgendosi a Frodo che ora era dietro di lui. “Non lo so”, rispose Frodo con voce sognante. “Ma anch’io li ho veduti. Negli stagni quando le candele erano accese. Ci sono in tutti gli stagni, pallidi visi, in fondo alle buie acque. Li vidi: volti crudeli e cattivi, volti nobili e tristi. Molti volti orgogliosi e belli, con alghe fra gli argentei capelli. Ma tutti sporchi, tutti putridi, tutti morti. In loro brilla una tetra luce”. Frodo si nascose il viso fra le mani. “Non so chi siano; ma mi è parso di vedere Uomini ed Elfi, e Orchetti accanto a loro”.>>

Il Signore degli Anelli, Le due torri, libro II, cap.II, “L’attraversamento delle Paludi”

Le paludi lungo le quali Gollum guida i nostri amici

sono lì dai tempi antichi della Seconda Era: formatesi per allagamenti, si estesero fino a quelli che erano stati i campi di battaglia della Guerra dell’Ultima Alleanza, dove tutti gli elfi e gli uomini dei Popoli liberi della Terra di Mezzo si allearono contro Sauron. Le paludi finirono per inghiottire tutte le sepolture dei guerrieri caduti e Gollum parla di questo luogo come in continua espansione. Una maledizione permette, a chi osserva le acque putride, di scorgere i visi tumefatti, le “facce morte” dei caduti in battaglia: orchi, elfi o uomini. Gollum sa già che bisogna tenersi alla larga, ed anche Frodo, attirato dalle luci, forse richiamate dall’Anello, viene scosso da Sam dal suo torpore, proseguendo per la giusta strada.

Quanto sono affascinanti, quelle luci.

Quanto è intrigante poter “sbirciare” ciò che solitamente non ci è dato conoscere, alzare il velo dell’ “altra parte”: tavola ouija, carte, pentacoli magici, libri esoterici, farsi predire il futuro o pilotare il presente con qualche “incantesimo”. Quanto ci intriga parlare di paranormale, di cose inspiegabili che avvengono tutti i giorni vicino a noi: un mondo che attrae, forse proprio perché in contrasto con la teoria del corpo senza anima che vogliono farci passare a tutti i costi. L’assurdità di queste due medaglie opposte è che non sarà certo sperimentare il male a farci scegliere, di rimando, il bene. Queste luci affascinanti, una volta che inizi a seguirle seriamente, non ti lasciano ritornare nella strada sicura. Più volte mi è capitato di spiegare ai ragazzi del gruppo parrocchiale che quella tavola che facevano per gioco il sabato sera con gli amici, in realtà è un campanello, che richiama qualcosa. E quando sei curioso e cerchi qualcosa, di solito arriva.

Conoscere è lecito ma ci sono curiosità malsane che ci spingono oltre la soglia:

se nessuno ti “risveglia”, potresti essere inghiottito come da quelle paludi, per una strada insicura dove sarà facile mettere il piede nel putridume e il male oramai ti avrà avvinghiato. Cosa sarà mai giocare di notte ad invocare uno spirito, cosa potrà mai succedere se mi faccio leggere le carte, o cosa potrà mai essere ascoltare l’oroscopo del giorno. Anche il cornetto appeso di fianco al crocifisso è un piccolo spiraglio, per far entrare il male: non perché sia un “chiama demoni”, ma perché ammettiamo che nel nostro intimo fragile c’è spazio per la paura, per le scaramanzie, per una abitudine che va oltre il volere di Dio e la sua strada per noi. Posso essere medico, artigiano, insegnante, però chi lo sa se sarò felice, se la mia strada sarà benedetta dal meritato guadagno: sì, appendiamo il ferro di cavallo che “richiama” la fortuna, aggiungiamo la coccinella nel portachiavi. Spesso anche la devozione, i segni, le reliquie, i pellegrinaggi per vedere cose o chiedere miracoli possono diventare pericolosa scaramanzia quando sono vissuti come gettoni da collezionare, punti del supermercato da aggiungere uno dietro l’altro. Così ci dimentichiamo che l’unica nostra gioia è in Dio e Lui è una nostra personale scelta, che non dipende da come la mia vita “gira”, dai soldi o dalle cose belle che succedono.

Non possiamo mercanteggiare con Dio:

lui rovescia i nostri banchi pieni di offerte e cose rassicuranti come nel tempio. Dio non dobbiamo rabbonirlo con qualche oggetto, non possiamo legarlo con un crine di bue. Dio dobbiamo sceglierlo, sempre anche quando quel “seguimi” di Gesù ci spaventa perché è un salto nel buio ed e’ più semplice rimanere legati ad un “idolo” fatto da mani d’uomo, in cui riporre la nostra fiducia e le nostre speranze. Qualcosa che possiamo toccare, che sappiamo dove cercare. Sembra innocuo, ma non lo è. Sembra semplice, ma quello che vedo è solo un’insegna a led per il demonio con su scritto “ehi, sono fragile, cosa posso darti in cambio della mia fortuna?”. Perché le tentazioni molto spesso le attiriamo noi, che invece di farci “forti” di Lui, delle sue promesse di bene per noi, ci circondiamo di pendagli ed alimentiamo l’intimo delle nostre paure. Sì perché la scaramanzia in fondo non è nient’altro che il nostro desiderio di certezze, ma Dio non ci chiede una vita perfetta ed in ordine, ci chiede di rischiare, di amare, e tanto, di metterci in gioco e camminare, sempre, fino alla fine. Dal Vangelo secondo Giovanni: “[…] molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.”

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