La storia d’amore di Vanessa: nel mondo, ma non più del mondo

Nasci, cresci, studi, ti formi, ti prepari alla vita. Con l’adolescenza ti si spalancano finestre dalle quali vedi grandi punti interrogativi: cosa farò da grande? Chi sarò? Come sarò? Dove andrò? E ti insegnano che la risposta sarà la tua vocazione. Allora, se credi, se hai fede, preghi Dio che ti aiuti a fare chiarezza e a fare la scelta giusta. Il matrimonio o i voti. Ma c’è chi intraprende un’altra strada e noi ci abbiamo fatto una chiacchierata perché crediamo profondamente che il mondo abbia bisogno di esempi pieni di vita.

Vanessa è una bella ragazza di trentasette anni che abbiamo incrociato sui social, come spesso accade di questi tempi, e guardando il suo profilo instagram non potevamo non rimanere colpite dalla descrizione che fa di se stessa: Cristiana-Cattolica-Consacrata-Catechista. Quasi una carta d’identità!

Ovviamente tra tutti gli appellativi quello che più ha attirato la nostra attenzione è “Consacrata”. Così è iniziata la nostra intervista, chiedendole di spiegarci cosa significasse.

Era il 2006 quando il mio padre spirituale mi disse che Gesù mi amava follemente, queste parole cambiarono per sempre il mio modo di guardare Gesù, sentii interiormente una Gioia inenarrabile e a me stessa dissi che, se Gesù mi amava in maniera così forte, vera, grande, io non potevo amarLo a metà, ma dovevo essere sua, tutta sua. Iniziai così il mio percorso di amore totale a Gesù, ovviamente tra alti e bassi, tentazioni e ragazzi che arrivavano da ogni parte, fin quando nel 2009 decisi di fare il mio passo decisivo. Durante una “semplice” celebrazione eucaristica, mentre Gesù si faceva pane e vino, io mi facevo sua. Era il 28 dicembre 2009.

Il fatto di essere consacrata significa che appartieni ad una comunità religiosa?

No, ho scelto di essere libera per Cristo, libera di aiutare chi più ha bisogno intorno a me, nel mio paese

Nelle tue testimonianze che hai lasciato attraverso dei podcasts abbiamo ascoltato come siano stati soprattutto i tuoi amori adolescenziali a portarti a Gesù, e di come pur vivendo storie in cui credevi di essere innamorata eri spesso triste e insoddisfatta. Solo più avanti e col senno di poi hai compreso qual è il vero amore. Credi che l’immaturità nell’ammettere a te stessa questi “fallimenti” fosse dovuta alla giovane età? O c’erano altri fattori, magari le aspettative sul futuro, i pregiudizi, una cattiva immagine della chiesa, che ti impedivano di uscire da quella che era comunque una condizione di infelicità?

Credo fosse dovuto al fatto che tutti vivevano l’amore in un certo modo, conosci un tipo, ci esci, lo frequenti, lo vivi e ti aspetti che lui ti capisca o ti tratti come i ragazzi trattano le ragazze nei film, non credo dipenda dall’immaturità ma dal modo di vivere le storie, dalle aspettative che uno si fa nei confronti dell’altro, ci aspettiamo sempre tutto dall’altro senza renderci conto che la storia si costruisce in due, che l’altro deve essere il mio tu, non uno zerbino o l’oggetto del mio desiderio. Sono cresciuta in chiesa, non l’ho mai vista come una zavorra, addirittura spesso pensavo che tutto quello che vivevo col mio ragazzo era amore quindi la chiesa mi appoggiava in questo. Diciamo che ero una vera ignorante, mi lamentavo con Dio se le cose non andavano bene, come una sorta di “caro diario” ma non gli ho mai dato la colpa di nulla, né tantomento reputavo la chiesa una pessima maestra, semplicemente nessuno mi ha mai davvero parlato di Dio Padre che ha cura di noi, per cui imputavo la mia tristezza o il mio fallimento a una sorta di sfiga esistenziale.

È possibile secondo te vivere una storia “seria” in età giovanissima, magari alla luce della fede? Quali consigli ti senti di dare a posteriori?

Non rimpiango nulla di quello che ho vissuto, poiché tutto mi ha condotto, come un filo invisibile, dove sono ora. Sono fermamente convinta che tutto è possibile per chi crede e che nulla è impossibile a Dio ergo, sì, credo che si possa vivere in giovane età una storia pulita, in Cristo. San Giovanni, nelle sue lettere, dice: “Scrivo a voi giovani, perché avete vinto il maligno (1Gv 2, 13b)”. Si può vincere il maligno anche in tenera età, e più lo si vince da giovani più si scopre Dio e si cammina con Lui per tutta la vita.

 Parlando della castità tu dici che ti sei accorta di come sia più un problema “a capirne il significato, ad accettarlo” da parte delle altre persone più che per te. Ci puoi raccontare meglio cosa intendi?

Ad oggi quando parlo di castità sembro tipo un extraterrestre che è atterrato da pochi minuti sulla terra e che non conosce la sessualità, invece parlo di castità proprio perché ho fatto esperienza sia del sesso che della castità. Penso che la castità renda davvero liberi, liberi di essere perfettamente noi stessi. Nessuno può piegarti a fare cose né costringerti a esperienze. La castità è un’arma che ti protegge dai falsi amori e dall’amore anche egoistico poiché spesso nei rapporti si cerca l’altro solo come godimento. Pesa agli altri perché credono che senza sesso ma anche senza uomo io non abbia una vita completa e piena, in realtà sono serena, in pace con me stessa e con Dio e più completa di quanto si possa immaginare!

Tu racconti che durante la tua vita non sei stata mai realmente lontana dalla Chiesa, hai trascorso l’infanzia e l’adolescenza in parrocchia. Ma evidentemente hai vissuto una forte conversione che ti ha portata a scegliere questa via. Ci racconteresti se questo grande cambiamento è accaduto grazie ad un cammino, ad un incontro o ad un’esperienza?

Sono cresciuta in parrocchia, vivendo l’Azione cattolica, sia da bambina che da adolescente ma Dio era un tipo nell’alto dei Cieli, uno che c’è ma si fa i fatti suoi; nel 2003 nel mio paese eressero una parrocchia nuova, intitolata a Madre Teresa, io appartenevo al territorio di quella parrocchia e iniziai a fare servizio, nel coro principalmente. Il sacerdote era un tipo strano, molto riservato ma aveva una fede che io non avevo mai visto in nessuno. Lui diceva che Gesù era vivo. Era sempre con noi, faceva miracoli, ci amava e ci accompagnava in ogni passo. Feci diverse esperienze di preghiera con lui, ci portava agli incontri del Rinnovamento e in un incontro regionale a maggio del 2004 fui letteralmente inondata dall’Amore di Dio, finii il pacchetto di fazzoletti del mio amico per quante lacrime piansi ma mi sentii amata, voluta per quella che sono, desiderata. Dio si era fatto presenza e mi stava donando il Suo amore, disinteressato, pulito, gratuito. Fu l’inizio del mio cambiamento. E feci mie le parole di Giobbe: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono”(Gb 42, 5)”. L’ho visto, Dio, chinarsi su di me, avere pietà di me, vermiciattolo d’Israele, abbracciarmi e rialzarmi.

Vanessa, l’essere consacrati sappiamo che significa continuare comunque a vivere una vita “come tutti gli altri”. In cosa si differenzia nel concreto? Ti va di raccontarci un po’ del tuo lavoro e della tua vita, con chi vivi, se con altre consacrate.

Io vivo a casa con i miei genitori, sono una bambocciona come si dice oggi, vivo la quotidianità lavorando coi pazienti (sono fisioterapista), annunciando loro il vangelo o pregando per loro mentre li tratto, poi mi dedico alla preghiera personale, quando ci sono dei problemi familiari sono disponibile e cerco di aiutare tutti nelle mie piccole possibilità. Sono volontaria di un’associazione dove aiutiamo le famiglie povere del mio paese, il pomeriggio è dedicato alla preghiera, alla celebrazione eucaristica e all’aiuto al mio sacerdote. Con tutte le difficoltà covid cerco di continuare a fare catechismo e ad interagire coi ragazzi anche se non è facile, né immediato. La presenza e il guardarsi negli occhi dal vivo aiuta molto di più loro ad aprirsi e a dare fiducia.

Perché consacrata e non suora? Non hai trovato un ordine che ti rispecchi? Oppure è la differenza tra essere spose di Cristo o Sue “devote speciali” il fulcro?

Non ho mai cercato un ordine che potesse abbracciare la mia vocazione, non ne ho mai sentito la necessità, mi hanno proposto l’ordo virginum ma alcune cose mi stavano strette. Detto così sembro una ribelle, in realtà credo con forza alla libertà che Dio mi ha donato quando mi ha salvata dal peccato e dalla morte del peccato, credo che con questa libertà posso fare molto rendendo conto a Dio di ciò che faccio e sono. La mia cartina tornasole sono le mie guide spirituali che mi bacchettano se sbaglio o se mi intiepidisco. Vedo Dio in ogni piccola cosa fatta con amore e per amore, più sono libera più posso abbracciare tante realtà , persone di ogni età che mi sono vicine o lontane.

Non ti sei sentita chiamata a sposarLo come suora, com’è il tuo rapporto con Lui? Cos’è cambiato dopo la consacrazione e che nuovo ruolo riveste Lui ora nella tua vita?

Dopo la conversione è cambiato tutto, ho ricominciato a sorridere, a vivere quella gioia che la mia ultima storia mi aveva tolto. Ora Dio è il mio tutto, ma più che Dio, è Gesù il mio sposo, il mio amico, il motivo per cui credo valga la pena alzarsi al mattino, fare del bene e sorridere. Prendere in mano un rosario e pregare per chi ha bisogno, ma anche guardare il Cielo e lasciarsi amare, benedire Dio di ogni cosa bella nella mia vita, ma anche di ogni tristezza o dolore o disgrazia o paura. Convinta che vivendo le cose in Lui tutto acquista senso, nulla va perduto e tutto serve a crescere nella fede, nella speranza e nella carità. Sono Sposa del Dio Amore, di Gesù Figlio, del meraviglioso Spirito. Realizzo la mia vocazione vivendo in Lui tutte le cose, ciò che sento è una gioia intima, una relazione speciale che mi dona Gioia e serenità, Amore e fedeltà ogni giorno della mia vita.

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