Le stelle, come le vede Dio – storie da Guadalupe

cose di lassùQuando ero piccolissima

credevo che Dio fosse nel crocifisso di legno appeso con un chiodo sopra alla poltrona. Insomma Dio stava lì, sopra la mia frangetta. Crescendo ancora, iniziai a credere che abitasse dentro quella cassetta dorata a sinistra dell’altare, in chiesa. Continuai a crescere e iniziai a parlare con Dio guardando il cielo, le nuvole, lassù. Finché non diventai una semi adulta e Dio lo pregavo nel cuore. Insomma, accade questa strana storia per cui più cresci e più Dio si allontana. Pardon, punti di vista: tu ti allontani da Dio in realtà. Perché quel concetto piuttosto sentimentale per cui Dio lo senti nel cuore a volte è solo quello, un sentimento, e non si traduce in azione, in concretezza, rimane un sentire che spesso è la cosa più distante che esista. Lo abbiamo detto mille volte, siamo fatti di carne, Dio ci ha fatti così, e abbiamo bisogno di concretezza, di realtà viva.

Ecco che Dio, che è Dio, il Creatore, il Padre Eterno, Onnipotente e ogni altro Onni, decide di inviare la sua messaggera preferita, la mediatrice di ogni suo progetto.

Una donna, manda proprio una donna a parlare con un uomo per chiedergli di costruire una chiesa per suo figlio. Ma Dio, che non è così minaccioso, lontano e vendicativo come a volte pensiamo, fa una cosa spettacolare: vuole che questa apparizione, avvenuta su un colle nel mezzo del Messico, sia documentata. Non gli basta la testimonianza di un uomo e la fede che fa il resto del lavoro, in questo caso, per motivi che sa Lui, vuole che ci sia una prova inconfutabile, incredibile, della visita di Maria sulla terra.

E allora lascia un mantello, una coperta di agave, una tilma con sopra l’immagine della Vergine.

Non è un dipinto, non è pittura, in quasi cinquecento anni hanno provato e riprovato a riprodurlo ma senza successo. Finché, dopo un lungo processo canonico, sono giunti a questa conclusione: non può essere opera della mano d’uomo, è qualcos’altro. Papa Francesco ha detto così: “È una cosa di Dio”. È una reliquia che parla di Dio e della Vergine ma lo fa col linguaggio degli indios di quell’epoca, come a dimostrare l’infinita attenzione del Padre verso i suoi figli, il meraviglioso desiderio di esser vicino a tutti loro, a tutti noi, anche e soprattutto ai più piccoli, ai più semplici. La tilma era una specie di mantello pesante fatto di fibra vegetale diversa dal cotone che era invece il materiale con cui tessevano gli abiti i ricchi.

Juan Diego era un uomo di umili origini e usava quel mantello per proteggersi dal freddo, era infatti il 9 dicembre del 1531 quando vide la Vergine per la prima volta e il 12 dicembre per l’ultima.

Sulla tilma di Juan Diego è rimasta impressa, quasi come una fotografia, ma più propriamente come un codice, l’immagine di Maria. Una ragazza dalla carnagione scura ma dai tratti misti, quasi a mostrare il frutto di quelle nuove unioni che ci sarebbero state di lì a poco tra i nativi e i conquistatori spagnoli, presenti sul suolo messicano da appena dieci anni.

La Vergine indossa un abito rosso arancio fermato in vita da una cintura viola che rappresentava la gravidanza:

quella ragazza era incinta, infatti tutte le ragazze messicane in dolce attesa erano solite indossare una cintura viola sotto il seno, quasi a voler mostrare a tutti il gran dono ricevuto. Maria è incinta, ha le mani giunte, e proprio sotto a questo fiocco vi è disegnato un fiorellino con quattro petali, a indicare il centro del quadro, il centro del mondo. Lì c’è Gesù, custodito nel pancino di quella ragazza così bella. Maria indossa un velo azzurro-verde tempestato di stelle. Gli astronomi che si occupano di studiare questa parte dell’immagine hanno dichiarato che quelle stelle non sono posizionate a caso, bensì rappresentano la volta celeste che si trovava sopra il monte Tepeyac quando avvennero le apparizioni, ma la prospettiva è capovolta: sarebbe il cielo non come lo vedeva Juan Diego guardando su ma come lo si vedrebbe guardando da sopra le stelle verso la terra. La prospettiva di Dio, quindi. Un velo stellato che avvolge la Vergine, come a dire: questa è la madre di Dio che col suo grembo avvolge Gesù e che viene avvolta nell’abbraccio di un Dio così diverso dagli dei degli indios, un Dio incredibilmente umano e vicino agli uomini, che desidera ardentemente mostrare loro il Paradiso e lo fa per mezzo della creatura più bella, dolce, angelica mai esistita.

Ieri sera a cena, parlando con mio marito e con mia figlia, ho rivelato loro il mio grande sogno: andare in Messico, passare davanti alla Vergine e poter vedere quel prodigio.

Mio marito mi ha ricordato che per arrivarci dovrò salire su un tubo con le ali ma io non demordo, mi farò coraggio e prima o poi, quando sarò grande, ci andrò. Perché il fatto è questo, e lo è da millenni, il cuore dell’uomo vuole stare vicino al suo Creatore, c’è poco da fare. Puoi ostinarti una vita intera a dire che sei ateo, che Dio non esiste, che è tutto fumo per gli occhi, ma avrai sempre insito in te quel desiderio di grandezza, quell’insoddisfazione, quel bisogno di cercare qualcosa di più grande, di più alto. Dio non vede l’ora di rispondere ai tuoi desideri, a volte lo fa con segni prodigiosi, perché vuole mostrare qualcosa di più, vuole che l’uomo capisca e creda nel Paradiso, non come illusione o promessa lontana, ma come la meta più bella a cui puntare, l’obiettivo finale. Abbiamo tutti bisogno di posare la testa sopra quel fiore e sentire Gesù muoversi. La Vergine di Guadalupe è questo ma è infinitamente altro, si potrebbe parlare di Lei per giorni interi perché è un mistero, è un messaggio di Dio e quando Dio scrive stai lì e leggi e rileggi quella lettera, la infili in un libro, te la metti sotto al cuscino, la custodisci geloso.

Maria, ti festeggiamo oggi e ti preghiamo: riempici della tua tenerezza, fa che riusciamo ad alzare i nostri occhi sempre bassi, sempre attaccati alle cose di quaggiù.

Abbiamo bisogno del tuo sguardo d’amore, perché tu sei tutta piena della luce di Dio, sei la nostra luna, e a te rivolgiamo le nostre preghiere d’amore per il Padre che ci ha creati, prendile e fagliele arrivare, corrette, scritte meglio, col tono giusto.

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