Il buono che c’è in ogni cosa

Commento al Vangelo Mc 1, 1-8

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Presepio? Fatto!

Tutti o quasi, i più tradizionalisti aspettano l’otto. Albero? Fatto! Tutti o quasi, alcuni modello soprammobile, giusto perché fa festa, altri formato extralarge con un filo di lucine così lungo da poterci avvolgere casa. Regali? Quest’anno siamo stati bravissimi, col Black Friday abbiamo sistemato tutti perché è bello fare un pensierino a parenti e amici, ma se il pensierino è a metà prezzo è pure più bello. Ghirlanda ad ogni porta, adesivi natalizi alle finestre, renne, gnomi, elfi, l’immancabile babbo natale appeso a qualche finestra.

C’è tutto, eppure. Eppure manca qualcosa, ma cosa? Il bambinello!

Ma guarda che c’è, l’ho solo nascosto nel cassetto in cucina, lo metterò al suo posto la sera della vigilia allo scoccare della mezzanotte, se ci arrivo sveglia. Lo guardo, questo piccolo pupetto di plastica dai contorni sbaffati, e penso: “Ma perché sei nato in una capanna? Ma perché tu che potevi nascere da re sei nato nella condizione più misera?”. “Sì, lo so, per insegnarmi qualcosa, vero? Per dirmi qualcosa. Ma cosa? Io non ti vedo e neanche ti sento, non ti capisco, mi sembri così lontano”. Siamo tutti un po’ smarriti, e l’Avvento, il Natale, forse ci smarriscono ancora di più, perché vorremmo vivere profondamente invece anneghiamo nel vuoto totale. Allora arriva San Marco che ci parla di Gesù e ci dice di questo deserto e che c’era una voce che gridava nel deserto.

Abbiamo bisogno di fare deserto, fuori e dentro di noi, un po’ dappertutto.

Vanno bene le decorazioni, i regali, le lucine, vanno bene pure gli elfi e le renne, perché Dio ci ha fatti fantasiosi, creativi, allegri, ma non ci ha fatti solo di carne, ci ha fatti anche di spirito e dobbiamo riprenderla in mano questa parte di noi prima che ci trasformiamo in pietra. Allora ci offre questa immagine, il deserto, e ci dice: “Creati un angolo di deserto, nella tua vita, nella tua giornata, nella tua mente. Silenzia tutto. Parti proprio dai pensieri molesti, da quelli che ti spingono a pensare alle persone che non sopporti, che ti fanno arrabbiare, spegni tutto e metti via. Poi passa all’ira, forzati a contenere gli scatti di ira, verso i tuoi figli, verso tua moglie o tuo marito, verso l’altro. È il momento dell’orgoglio, smetti di cercare complimenti, approvazione, lodi, gloria dagli altri. Vai e scardina tutti i sette mostri capitali, cerca di farti violenza laddove sei più incastrato, metti in atto ogni azione utile a pulire il sentiero, la strada che ti porta a Lui.

Perché per fare deserto non basta mettersi in posizione “Ohm” e svuotare la mente, il deserto è quella condizione fisica e spirituale che ti rende capace di sentire la Sua voce, la voce del Padre che ti chiama, ti ama, ti indica.

Senza questo deserto rischiamo di non riuscire a sentirla mai, la voce di Dio, ma di vivere con l’ovatta ben conficcata nelle orecchie. È che, Dio, a me questo deserto un po’ fa paura, sai, significa trovarsi faccia a faccia con i serpenti, e quando finisce l’acqua che faccio? Io non voglio finire a vestirmi di peli di cammello. Allora quasi quasi ce la metto io quell’ovatta nelle mie orecchie, e la sera quando faccio il giro di casa per chiudere le persiane chiudo fuori pure te perché se poco poco ti permetto di entrare nel mio silenzio ho paura di caderci dentro a quel deserto, e già ho tanti problemi, non mi va di affrontarne altri, i senza di colpa e tutto il resto. Perché se decido di lottare contro me stesso, contro i miei peccati, dovrò sicuramente fare scelte difficili, dovrò alzarmi su, stare scomodo, rinunciare a delle abitudini. Da soli, tutto questo, è molto difficile, ecco perché Cristo ha costruito la Chiesa, perché abbiamo bisogno degli altri e quando la nostra fede è abbastanza forte dobbiamo essere noi le stampelle per chi ha bisogno di appoggio. Il Natale è tante cose, è la nascita di Gesù Bambino, ma è anche una voce che grida nel deserto, la voce di Dio che ci viene a cercare nel deserto per raccontarci come è andata, per alzare il velo e mostrarci che Suo figlio è nato nella miseria così da farcelo sentire più vicino, da farci mettere in ginocchio chinati su quella mangiatoia.

Perché orgogliosi come siamo, non ci saremmo mai piegati di fronte ad un Re potente e ricco, ma di fronte ad un bambino i vizi si dissolvono e quel deserto, che tanto ci serve, inizia a formarsi.

Non cerchiamo la grande rivelazione, la folgorazione sulla via di Damasco o cose simili, la grandezza è già lì, sulla nostra strada, dobbiamo solo partire e fare silenzio, mettere via ciò che ci devia e accogliere il buono che Dio ci mette in ogni cosa. Iniziamo da Maria e Giuseppe, pensiamo a loro in cammino verso Betlemme, lei incinta e lui fedele al progetto di Dio. Iniziamo da questa piccola famiglia, e ci accorgeremo che la grandezza si rivela attraverso ciò che mai avremmo immaginato, una mamma, un papà e un bambino. Le cose semplici ci salveranno dal diventare pietre.

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