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L’Acqua di San Giovanni e il profumo della fede

Una manciata di foglie di noce non deve mai mancare, diceva mia nonna. Quelle sì che profumano molto.

Lei metteva nel catino tutti i fiori selvatici che trovava nel campo o quelli che coltivava in vaso e fiorivano proprio in questo periodo: petali di rose, tarassaco, papaveri, ginestre, camomilla, lavanda. Ci vanno anche le erbe aromatiche: salvia, rosmarino, mentuccia, malva, finocchio selvatico, ma a lei sono sempre piaciuti di più i fiori. E l’erba di San Giovanni, l’iperico, se lo trovi, quello che sfregando i fiori tra le dita, lascia il sangue rosso del Santo.

Una notte fuori a prendere la rugiada tra il 23 e il 24 giugno.

Una preghiera mentre raccogli, una prima di lavarti almeno il viso con l’acqua di San Giovanni, la mattina della festa.

Non era superstizione e nemmeno scaramanzia, anche se me lo sono chiesta tante volte dove sta il confine in certe tradizioni popolari. Ho capito che il confine, spesso, è nel cuore (e nella fede) di chi lo fa. Come le croci sul pane prima di essere infornato o quelle di legno lasciate agli spigoli dei campi quando si piantava il grano, i petali del Corpus Domini da custodire e lanciare fuori ai temporali, quel posto a tavola lasciato apparecchiato per i defunti che tornano a casa il 2 novembre o l’acqua di San Giovanni.

Mia nonna non ne sapeva nulla delle energie cosmiche e benefiche del solstizio d’estate, della rugiada che in questa notte pare avere poteri curativi, del fatto che le erbe devono essere ventiquattro, che non devono mancare quelle contro i malefici o l’avena per l’abbondanza, che la rugiada prodigiosa va raccolta con un panno lasciato tra l’erba e poi strizzato nella tinozza, che le streghe quella notte fanno il nocino con le foglie delle piante di noce bagnate, che la luna e il sole si sposano e da questo derivano le proprietà rigeneranti che i fiori acquisiscono proprio la notte tra 23 e 24. Mia nonna queste storie che derivano da un passato più o meno lontano, da riti pagani o chissà che altro, non me le ha mai raccontate. Forse le sapeva, forse no. Si può fare qualcosa per usanza, per scaramanzia, per scacciare le streghe o per incanalare non so quale energia naturale.

Si può fare per fede: “una preghiera mentre raccogli, e una prima di lavarti”. E allora va bene pure se non trovate le foglie di noce, o l’iperico, o se avete solo petali di rose o anche basilico e aglio (che al massimo non vi ci laverete ma ci farete un bel pesto di San Giovanni e inizierete una nuova tradizione familiare!).

La preghiera è sempre stata il centro di tutto. La fede, anche nei suoi rituali certamente in qualche modo eredità di quelli pagani, è ciò che dà alle cose un volto nuovo. Un nuovo profumo. E’ una rinascita vera. E il cristiano fa profumare di Cristo ogni cosa che vive, anche quelle apparentemente lontane.

“Sono venuto a battezzare con l’acqua”, diceva Giovanni. E quell’acqua dal profumo inebriante, per mia nonna, era ricordo di questa promessa, di quel Battesimo che purifica. L’unica vera “energia” che sostiene la nostra vita terrena.

Deve inebriare di profumo, l’Acqua di San Giovanni, come il profumo del Paradiso, per ricordarci a cosa siamo stati chiamati, all’alba della nostra esistenza.

Buna festa di San Giovanni Battista!

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