ONCE UPON A LENT – Quello che resta

Solo l’amore resta.

E cosa può essere l’amore se non una scarpetta di cristallo, bellissima, perfetta a vedersi, quella che tutte vorrebbero, ma diciamocelo, abbastanza scomoda poi da portare (che dite, ce le avrà avute due tre vesciche a fine serata, Cenerentola?).
Solo l’amore resta.
Quando arriva la mezzanotte della vita e il rintocco dell’orologio ci trova impreparati, una scarpetta è tutto quello che rimane. Della fede, della speranza, di quella fata madrina e della carrozza dorata che ci hanno portato al nostro gran ballo, resta solo una scarpetta sulle scale. Possiamo aver guardato il castello maestoso e scintillante dalla finestra della nostra camera tutta una vita, ma poi, alla fine della storia, la fede e la speranza altro non devono fare che portarci a incontrare l’amore. Dobbiamo smettere di amare l’idea disincantata che abbiamo di Dio e cominciare ad amare Dio. Che non è un concetto filosofico. Che è una persona.

Che proprio per essere amato nel modo in cui conosciamo l’amore, si è fatto persona.

Che è quel principe in carne e ossa.
Ci innamoriamo sempre di qualcuno e non di un’idea. Anche se a volte, ammetto che amare un’idea è più facile: leggere belle parole, ascoltare preti che ispirano, seguire rassicuranti, per quanto difficili da mettere in pratica, precetti. Possiamo convincerci di tutto, a parole. Ma l’amore? È irrazionale e non ti lascia scampo nonostante i tuoi mille perché irrisolti. Per questo amare qualcuno è più difficile, richiede di smettere di guardare da quella finestra e mettersi in gioco (con qualche topolino aiutante magari), entrare in relazione con tutto quello che comporta: alti, bassi, dubbi, domande, litigi.

Entrare in relazione con Dio è pregare.

Non la preghiera fatta di parole, non solo quella almeno, ma una vera condivisione di ciò che c’è nel nostro cuore. Li c’è l’incontro e la scintilla vera, non quella che abbiamo sentito dalle parole di altri o letto sul libro del catechismo. E si sa, per pregare manca sempre il tempo o la voglia. Siamo incostanti e fragili. Ma se non costasse fatica, che amore sarebbe?
E comunque, Dio aveva previsto anche questo: si è fatto uomo non per farci vedere quanto fosse migliore nel gestire questa dell’umanità, ma per dirci che lui lo sa, che conosce la tentazione, la fame, la paura, l’inadeguatezza. Sa pure cosa significa innamorarsi. Quanto costi lasciare liberi. È ballare tutta la sera con qualcuno, guardarlo negli occhi perdendo la cognizione del tempo e pure di chi siamo realmente (mica principesse, straccione, forse) e poi senza nessuna spiegazione, vedere Cenerentola scappare: che ingrata, io una così non so se l’avrei più cercata.

E invece lui, scarpetta alla mano, verrà a trovarci in tutte le torri in cui saremo rinchiusi a doppia mandata dalle nostre paure,

dal nostro peccato, per dirci che quell’amore era vero, per ricordarci che siamo unici ai suoi occhi e nessun altro potrebbe calzare quella scarpetta in tutto il regno. Per dirci che ci ama nella nostra vulnerabilità e inadeguatezza. Anche se siamo vestite di soli stracci e l’altra scarpetta l’abbiamo nascosta in una botola perché pensavamo di non esserne più degni. In fondo, solo da chi amiamo ci facciamo vedere in dessabille, con la pinzona in testa e nei momenti più bui della nostra vita.
Per fortuna, dopo tutte le peripezie, le matrigne cattive e le sorellastre, le lucertole cocchiere e le fate, sappiamo tutti come finisce questa storia: solo l’amore resta.

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