Indignàti dal silenzio
Commento al Vangelo Mc 4, 35-41
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Quando viene la sera.
Gesù è stanco, come me che ho trascorso la giornata ad aspirare cracker, raccogliere colori, accoppiare calzini perlomeno simili, mettere insieme dei pasti decenti ed evitare che il figlio più piccolo si tuffi da qualche sedia, divano, mobile, ogni cosa.
Arriva la sera e la stanchezza ti assale, vorresti solo sdraiarti, e anche il pavimento irregolare e umido di una barca andrebbe bene onestamente. Ma di sicuro qualcuno verserà un bicchiere d’acqua sopra il pc o taglierà a striscioline le tende della sala o dipingerà un Picasso sul corridoio. E allora sarà tutto un “Mamma mamma vieni, guarda che cosa è successo! Dai sbrigati!”.
Ecco, in sintesi, noi mamme siamo come Gesù che cerca di riposare un attimo ma arrivano i discepoli a svegliarlo perché c’è una tempesta.
Quante tempeste si abbattono sulle nostre vite e quante volte abbiamo pensato:
“Dio dove sei?
Stai forse dormendo?
Non vedi che l’acqua sta entrando da tutte le parte e tra poco farà affondare la mia nave, la mia vita?”.
Io l’ho pensato così tante volte in passato, mi ricordo che piangevo disperata quando mi succedeva qualcosa ed ero indignata dal silenzio di Dio.
Poi si cresce, si comprende un po’ meglio che la fede non ci risparmia le tempeste e che neanche ci viene chiesto di sorridere mentre stiamo con i piedi nel fango.
Semplicemente la fede ci tiene su,
magari i piedi saranno pure nella melma più densa e limacciosa, per citare uno dei libri più letti ai miei figli piccoli, ma la testa è sempre rivolta in alto e lo sguardo è puntato in avanti.
Perché finché c’è vita noi dobbiamo esserne grati.
Per il resto perché disperarsi?
Noi crediamo che tutto è per l’eterno quindi non dobbiamo temere.
Nulla ci turbi.
Urlare a Dio?
Cercare di svegliarlo?
Chiamarlo più e più volte per mostrargli che cosa ci sta capitando e chiedergli di aiutarci?
Certo che possiamo, dobbiamo anzi. D’altronde siamo figli e Lui è nostro Padre e ci aiuterà, non dobbiamo dubitarne, anche se il suo piano ci risulterà come sempre incomprensibile. Ma che importa.
Quindi alzare le vele e avanti tutta!
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