QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #27 COLTELLO
Sono veloce. Nello sprint sono più veloce di tutte le ragazze della nostra scuola, anche se un paio di loro possono battermi sulla distanza lunga. Ma questi quaranta metri…Io sono nata, per queste lunghezze. So di poterlo prendere, so di poterci arrivare per prima, ma poi sorge una domanda: quanto velocemente riuscirò a tirarmi fuori di lì? Il tempo di saltare sui pacchi e afferrare le armi, e altri avranno raggiunto il corno. Uno o due potrei anche eliminarli, ma supponendo che siano una decina, a quella distanza ravvicinata potrebbero abbattermi con lance e randelli. O a pugni. […] Perché non ero pronta e quei due secondi di esitazione mi hanno fatto rinunciare a partire all’attacco. Strascico i piedi un istante, la mente confusa sulla direzione da prendere, poi balzo in avanti, raccatto il telo di plastica e una pagnotta di pane. Il mio bottino è così scarso e sono così arrabbiata con Peeta che copro di corsa una ventina di metri per raccogliere uno zaino arancione che potrebbe contenere qualsiasi cosa, perché non posso sopportare di andarmene praticamente a mani vuote. Un ragazzo, credo del Distretto 9, arriva allo zaino contemporaneamente a me e per un breve istante lottiamo per impadronircene, poi lui tossisce, schizzandomi il viso di sangue. Barcollo all’indietro, respinta da quello spruzzo caldo e appiccicoso. Il ragazzo scivola a terra. E allora vedo il coltello piantato nella sua schiena. Altri tributi hanno già raggiunto la Cornucopia e ora si stanno sparpagliando per attaccare. La ragazza del Distretto 2, una decina di metri più in là, mi sta correndo incontro con alcuni coltelli stretti in una mano. L’ho vista all’opera, in allenamento. Non sbaglia mai. E io sarò il suo prossimo bersaglio. La paura indefinita che ho provato finora si condensa tutta in una paura istantanea per questa ragazza, questa predatrice che potrebbe uccidermi tra qualche secondo. Una scarica di adrenalina mi attraversa. Mi getto lo zaino in spalla e corro a tutta velocità in direzione dei boschi. Sento il sibilo della lama che si avvicina e d’istinto sollevo lo zaino per proteggermi la testa. La lama si pianta nello zaino. Poi, con le cinghie sulle spalle, mi dirigo verso i boschi. Per qualche ragione so che la ragazza non mi inseguirà. Che tornerà alla Cornucopia prima che finisca tutta la roba buona. Un largo sorriso mi attraversa la faccia. Grazie per il coltello, penso.
Hunger Games, libro I, capitolo 11
Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: “Anche questi era con lui”. Ma egli negò dicendo: “Donna, non lo conosco!”. Poco dopo un altro lo vide e disse: “Anche tu sei di loro!”. Ma Pietro rispose: “No, non lo sono!”. Passata circa un’ora, un altro insisteva: “In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo”. Ma Pietro disse: “O uomo, non so quello che dici”. E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito, pianse amaramente.
Luca 22: 56-62
Cerco sempre di osservare ogni situazione
della vita tenendo ben a mente l’uscita di sicurezza, la scappatoia dove scivolare all’ultimo e tornarmene al sicuro: più vigliaccamente di Kat, anche io valuto sempre quanto potrei impiegare a svignarmela, in quanto riuscirei a tirarmene fuori.
Questi capricci di libertà, di chi non sa assumersi le proprie “responsabilità“, di chi sa benissimo chi è il suo “prossimo” ma non vuole prendersi l’impiccio, capitano a tutti prima o poi.
Ma mentre ci dileguiamo astutamente proprio nelle situazioni dove siamo chiamati a restare, al contrario, ci sono vicoli ciechi dove dovremmo darcela a gambe come nei migliori film horror e invece esitiamo anche solo muovere un passo: sfidiamo le tentazioni, sicuri della nostra forza o più semplicemente ignari del pericolo, sempre buttando un occhio alla nostra infallibile scappatoia.
Quanto velocemente riuscirò a portare a termine la mia buona azione?
Perché il bene pesa, costa fatica, richiede impegno, dedizione, attenzioni.
Quanto velocemente mi tirerò fuori?
Perché il peccato ci cambia, ci trasforma ed ogni minuto che passa annoda più stretta la corda che ci tiene schiavi.
E più restiamo incastrati, più sarà dura tornare noi stessi.
Per questo Dio ci dato un piccolo manuale di istruzioni, uno “sciogli nodi” per così dire: dieci dritte per custodire la nostra libertà meglio di quanto potremmo fare noi stessi, andando a tentativi.
Perché il problema del peccato, non sta nell’infrazione e nella disobbedienza, ma nel trattenerci dalla nostra strada verso Dio, come uccellini incatenati, nella nostra gabbia di falsità per illuderci di poter abitare in quella schiavitù, dimenticandoci del cielo.
In quella vita così innaturale sarà semplice imbattersi in amicizie sbagliate, relazione tossiche, cumuli e cumuli di sensi di colpa, di frustrazioni, errori e rimpianti.
Katniss non riesce neanche ad evitare un azzuffata per un misero zainetto, figurarsi tirarsi fuori da una mattanza selvaggia.
Darsela a gambe è l’unica azione sensata e mentre sa di essere la prossima, sente il sibilo del coltello e di riflesso porta lo zaino alla testa, giusto in tempo per farlo conficcare nell’imbottitura.
C’era da aspettarselo: il male pugnala sempre alle spalle.
Riesco a vedere la scena a rallentatore: Kat continua a correre sicura, il lembo delle sue labbra si alza, le sopracciglia si assottigliano ammiccando, gli zigomi si riempiono e un gran sorriso audace le disegna il volto.
“Grazie per il coltello“, pensa.
E nelle mie orecchie risuona un “astuti come serpenti”, detto niente meno da un tale di cui la frase più in voga sembrerebbe essere “porgi l’altra guancia“.
Eppure è lo stesso identico Vangelo.
Quello dei cori angelici e delle stelle rivelatrici, delle pesche miracolose e delle amicizie impossibili.
Lo stesso dei tradimenti e dell’abbandono.
Come nell’ultima cena: la mossa di Gesù con Pietro.
Gesù che sa perfettamente che gli arriverà una pugnalata alle spalle dal suo migliore amico, se così possiamo chiamare un uomo che alla prima difficoltà ti abbandona come un cane.
Gesù sente distintamente il sibilo del coltello nell’aria, già da prima di quel giovedì, così decide di trasformare una mossa letale in un bottino di guerra: di prendere quel coltello e trasformarlo nella sua arma contro il male.
Di invertire manico e lama.
Quel: “Prima che il gallo canti, tu mi tradirai!“, che non sa di ramanzina o accusa, ma come a dire: “Amico mio, non ho paura, sono pronto, ti perdono!“.
Questo è approfittare del coltello che ti arriva alle spalle: è la maestria di Gesù nel deviare la lama attraverso la carne del peccatore più incallito ed asportargli, come un chirurgo, quella parte di cuore malato, guarendolo una volta per tutte.
Questo fa Gesù con noi amati-traditori: ci trasporta fuori dal tempo e dallo spazio, ripetendo con ognuno la stessa operazione, per ogni volta che ci sentiamo “Pietro“.
Lui si riprende quel coltello che gli abbiamo lanciato, affondando la lama su Satana.
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