QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #25 SCOMMETTERE

E rimaniamo seduti così fino a che una gradevole voce femminile annuncia che è ora di prepararsi al lancio. Stringendo ancora la mano di Cinna, mi avvicino e mi posiziono sulla piastra metallica circolare. “Ricorda quello che ha detto Haymitch. Corri, trova dell’acqua. Il resto seguirà” dice. Faccio segno di sì con la testa. “E ricorda questo: non mi è permesso scommettere, ma se potessi, punterei i miei soldi su di te”. “Davvero?” sussurro. “Davvero” dice Cinna. Si china e mi dà un bacio sulla fronte.” Buona fortuna, ragazza in fiamme”. 

Hunger Games, libro I, capitolo 10

Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.

Luca 19: 1-5

Neanche nei sogni più fantasiosi

ho mai pensato che qualcuno volesse puntare su di me.
Va bene, lo ammetto, non venivo scelta proprio per ultima nelle squadre di pallavolo alle medie, però a parte qualche riflesso a posto, non ho mai creduto di avere niente di più.
E non nascondo di aver sempre invidiato quel bussare alla schiena che ogni consacrato ha sentito almeno una volta nella vita.
E dico almeno una volta perché di solito si lasciano corteggiare, loro: se lo possono permettere!

Ecco, quella “pacca” l’ho bramata spesso, senza averla mai percepita: quella certezza che no, non sei uno dei molti, uno in mezzo al mondo, ma sei proprio tu quello che è stato scelto tra tanti.

Mi direte voi: “fatti un corso di autostima”.
E magari avete pure ragione eh!
Ma quanto può saziare questa mia brama di esistere, un lavoro su me stessa?
Può davvero essere all’altezza di quella consapevolezza che tra tutte le persone del mondo, il mio Dio, ha scelto proprio me?

Penso a cosa debba aver provato Pietro quando Gesù gli ha detto: “Pietro, la mia pietra!“.
Come fai a non seguire uno che ti guarda con un occhio così?
Quanto li invidio quegli apostoli, quegli amici suoi che hanno potuto godere di uno sguardo così, che hanno potuto confidargli di sentirsi inadeguati, inadatti o solamente non all’altezza dei proprio sogni, delle proprie ambizioni.
Ci vorrebbe una macchina del tempo, ma la verità è che la nostra epoca non è da meno: dimentico sempre troppo spesso che io quella stessa possibilità lì l’ho sempre avuta, anzi, forse un pò di più.

Mi dimentico che anche il Vangelo racconta di Marta e Maria che avevano bisogno di Lui mentre era distante; che non tutti gli altri apostoli salirono con Lui sul monte Tabor; che sua madre non riusciva ad incontrarlo, tanta era la folla.

Io, invece, posso salire senza fatica il Sicomoro di Matteo, senza manco sporcarmi la camicia: posso incontrarlo quando voglio, senza fila, senza sbracciare per farmi largo tra la folla, senza mail, appuntamenti o accordi vari, so sempre dove trovarlo.
Ma non è una visita di cortesia, tanto per liberarsi di me e liquidarmi in due minuti per non avere più l’assillo di una stalker persecutrice: Lui mi scava dentro in quei momenti, completamente perso nei miei pensieri, senza spazio per altro.
Questa è la potenza della comunione: questo piccolo pezzo di pane che mette noi “al centro dell’universo” di Dio: valgo qualcosa, sono degna di attenzioni e di ascolto, non sono una perdita di tempo per il mio Dio.

E lo so, non ne sono sempre all’altezza, eppure Lui ha voluto che tra noi ci fosse questo rapporto così intimo dove la distanza che abbiamo è quella di un pensiero.
Ma la cosa migliore è che non ho bisogno di grandi sforzi, di cercare alberi, di sporgermi e rischiare di cadere, pur di riuscire a stagliarmi più in alto di tutti per sperare di vederlo, per sperare che mi scelga: è Lui che guarda me, lì immobile, preferendo ascoltarmi ed entrare nei più bui anfratti della mia vita.

Questo è molto più di scegliermi, questo è vivermi.
L’unico sforzo?
Fidarmi e lasciarmi abitare da Lui più spesso.

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