QUARESIMA NELL’ARENA DEGLI HUNGER GAMES #14 MELA
Il terzo giorno di addestramento, all’ora di pranzo, cominciano a chiamarci per le nostre sessioni private con gli Strateghi. […] chiamano il mio nome. Mi liscio i capelli, raddrizzo le spalle ed entro in palestra. Mi accorgo subito di essere nei guai. Gli Strateghi sono lì da troppo tempo. Sono stati seduti a guardare altre ventitré dimostrazioni. I più hanno ecceduto col vino. Vogliono solo andarsene a casa. Non posso fare altro che attenermi al programma. Vado alla postazione di tiro con l’arco. Oh, quelle armi! Sono giorni che muoio dalla voglia di metterci le mani sopra! Archi fatti di legno e plastica e metallo e materiali di cui non so nemmeno il nome. Frecce con piume tagliate alla perfezione. Scelgo un arco, lo incordo e mi metto in spalla la faretra piena di frecce. […] Già mentre tendo l’arco, capisco che c’è qualcosa che non va. La corda è più tesa di quella che uso a casa. La freccia è più rigida. Manco il manichino di una spanna e perdo anche quel po’ di attenzione che avevo ottenuto. Per un attimo mi sento umiliata, poi torno al bersaglio e tiro ancora e ancora, finché non prendo la mano con questa nuova arma. […] È un tiro eccellente. Mi giro verso gli Strateghi. Qualcuno annuisce in segno di approvazione, ma la maggior parte di loro ha lo sguardo fisso sul maiale arrosto che è appena giunto sul tavolo del buffet. All’improvviso mi sento furiosa per il fatto che, con la mia vita in gioco, non abbiano avuto nemmeno la decenza di darmi un’occhiata. Che un maiale morto mi abbia rubato la scena. Il cuore mi martella nel petto e mi sento bruciare la faccia. Senza pensare, prendo una freccia dalla faretra e la spedisco dritta verso la tavola degli Strateghi. Sento grida spaventate e vedo gente che si scansa di scatto, rischiando di cadere. La freccia infilza la mela in bocca al maiale e la inchioda alla parete. Tutti mi fissano, increduli. “Grazie per la vostra considerazione” dico. Faccio un piccolo inchino e mi avvio direttamente all’uscita senza essere stata congedata.
Hunger Games, libro I, capitolo 7
Così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.
Isaia 55:11
Per la Terra, tutto iniziò da una piccola mela.
Per Kat invece, tutto sembra finire con una mela: un affronto ai grandi strateghi che di lì a breve decideranno della sua vita e della sua morte, che possono disporre della vita o della morte della sua famiglia, dei suoi amici.
Ma questo gesto così irrazionale eppure così lucido, può davvero dirsi privo di cognizione?
Quell’inchiodare la mela al muro, sottraendola alla bocca del maiale morto, ci dice tanto di alcuni personaggi, percepiti anche loro per la maggior parte delle volte come folli e senza ragione, quando, al contrario, erano gli unici a vedere davvero.
Ma iniziamo da noi, quel succulento maiale morto: lo so, non è proprio il massimo eh.
Però lasciatemi spiegare: innanzitutto nella tradizione ebraica il maiale era tra gli animali più distanti da Dio perché, per sua conformazione fisica, destinato a non poter osservare mai il cielo, a non alzare mai la testa ma rivolgere lo sguardo solo alle cose terrene.
Noi, nella nostra modernità fatta di consumismo ed accumulo, siamo perfettamente paragonabili a questa figura.
Come se non bastasse, siamo spesso “morti” alla vita spirituale: proviamo a fingerci “morti” davanti le frasi fatte dei colleghi che denigrano le tradizioni cristiane, quando si intavolano discorsi di etica, tra amici per non dare “scandalo” e venire etichettati, o mentre i parenti criticano la chiesa con i soliti ritornelli.
E poi ci sono loro, i Santi:
quelli che trafiggono con la Parola di Dio i muri del nostro cuore, che ci strappano il peccato, lo scagliano lontano e ci liberano.
Ecco cos’è la Parola di Dio in mano ad un Santo: una freccia perfetta, che scocca lontano, che ci sfila via il peccato, che sibila nell’aria ma penetra la realtà con un rumore sordo, risvegliandoci dal nostro torpore.
Ecco perché leggere le vite dei Santi, le loro ammonizioni, i loro scritti: sanno ricordarci il nostro amore per Cristo, sanno flettere la corda al momento giusto, vibrare il colpo e sottrarci al nostro peccato, inchiodarlo davanti ai nostri occhi senza colpire noi, senza mancarci di rispetto, sradicando il male che si trovava proprio sotto i nostri occhi.
“Il Regno dei Cieli è vicino” sembra la parola più urgente e lucida del Vangelo.
Come può apparire spaventosa e scioccante: sembrerebbe riportarci alla luce in un istante tutte le mancanze, risvegliarci dal nostro torpore, proprio come la freccia di Kat.
Eppure, come per lei, il suo gesto impulsivo sembra la fine del mondo subito dopo averlo fatto, così per noi queste parole sembrerebbero preannunciare l’apocalisse.
Niente di più distante dalla realtà: il Regno di Dio è vicino non per l’imminente arrivo di Gesù risorto, dei cavalieri dell’apocalisse e dell’epilogo della terra così come la conosciamo.
No, il Regno è vicino perché noi siamo chiamati a realizzare il paradiso già qui sulla terra, già oggi, ovunque ci troviamo.
Abbiamo qui tra noi pezzi di Cielo,
corpo di Cristo, pezzi di Infinito nelle nostre chiese di mattoni.
Allora è già adesso l’urgenza: quanto la tua vita è un paradiso, quanto la tua famiglia, la tua comunità?
Quanto di Dio porti nella vita di ogni giorno nell’incontro col prossimo?
No, non parlo di sterile proselitismo ma di comprensione, del nostro farci strumento, come diceva San Francesco; parlo di misericordia e carità, anche nel silenzio e nella preghiera per il prossimo.
Lasciamoci anche oggi scioccare dalle frecce dei Santi, da quelle parole che inchiodano e nostri peccati cavandoci quelle mele ingombranti di dosso; lasciamoci sconvolgere dal loro esempio la vita comoda e illusoria che troppo spesso ci assopisce.
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