BEATI CHI?

Commento al Vangelo Mt 5,1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

“Ma mamma, che cosa faceva Gesù da grande?”

“Soprattutto parlava alla gente delle cose di Dio, cose mai dette prima da nessun uomo, cose buone per la nostra vita”.
“Perché poi lo hanno ucciso se diceva cose buone?”
“Perché le cose buone, le cose che ci fanno stare davvero bene sono anche le più difficili, e molto spesso le persone preferiscono le cose facili a quelle difficili”.

Conversazioni post spesa del venerdì pomeriggio.
Sì perché a quattro anni non si parla mica di Masha e Orso, i pensieri sono molto grandi, prendono strade impensabili e stai pur certa che tra un “Ti devo tagliare le unghie prima che ti tramuti in una tigre” e un “Guarda che i broccoli sono buonissimi e non si dice che puzzano, hanno solo un odore particolare, mangiali che ti cresceranno i capelli come Rapunzel” di sicuro lei ti prenderà in contropiede con una domanda del tipo “Mamma ma perché esiste la morte?”.

E lì quanto ti piacerebbe che esistesse un manuale,

uno come quelli per prepararsi ai concorsi, dove trovi concentrate tutte le possibili domande con le relative risposte che un figlio potrebbe farti inaspettatamente durante i primi anni della sua vita.
È difficilissimo parlare di Gesù ai bambini senza scadere nell’immagine dell’uomo buono che predicava l’amore, a volte sembra quasi di parlare di un hippy.
“Sai piccolina, Gesù diceva che chi su questa terra verrà trattato male perché crede in lui, andrà in cielo dove sarà felicissimo”.
Allora penso un po’ a come li cresciamo questi figli di oggi. Diamo molta importanza al successo personale, al raggiungere una posizione, al diventare “qualcuno”.

E non dico che lo facciamo con cattive intenzioni, anzi.

Cerchiamo la migliore istruzione, le migliori esperienze, le migliori possibilità per poter “stare bene”. Cerchiamo con ogni mezzo e con tutte le nostre forze di risparmiare ai nostri figli qualsiasi tipo di dolore.
Poi però vedo degli adulti che di fronte alle prove sono distrutti, adulti che si spezzano sotto il peso della sofferenza.

Forse il problema sta proprio qui, forse le beatitudini terrene non coincidono affatto con quelle celesti e noi non siamo pronti, nessuno ci ha mai preparati a considerarci beati nella sofferenza.

“Beato te che stai bene”.
“Beato te che non hai mai conosciuto la povertà”.
“Beato te che sei riuscito a raggiungere i tuoi sogni”.

Quindi se non siamo beati, siamo disgraziati, siamo depressi, e anche se magari lo abbiamo letto milioni di volte quel discorso della montagna che fa Gesù, non riusciamo proprio ad entrarci, non siamo stati educati a comprenderlo.
Allora forse che parlare di dolore, morte, malattia con i figli non è mai troppo presto. Forse che dire loro, pure col sorriso, che nella vita potranno incontrare delle piccole e grandi difficoltà, ma che non saranno mai soli, che non devono mai dubitare di Dio. Poi si potrebbe dire loro che molto spesso si può essere felici pure nella sofferenza, molto spesso é proprio nella sofferenza che si impara ad amare di più e meglio.

Ecco, io inizierei a dirle queste cose.

Perché il “beato te che stai bene” non faccia parte dei loro pensieri, perché Dio e il paradiso entrino pian piano nelle loro cellule, fino a quando non sentiranno nel proprio cuore che la vera beatitudine è avere fede e non perderla anche se tutto sembra andare male, anche se tutto ci crolla intorno. Non solo, insegniamo loro, soprattutto con i fatti, che rinnegare Dio per quieto vivere, per non trovare difficoltà, per non avere problemi con gli altri, per far parte di un gruppo, non è mai la scelta migliore.

Proviamoci, mica sarà facile, però penso sempre che pure per Gesù non sarà stato tanto semplice parlare alle persone e dire loro cose che ai più saranno sembrate folli, eppure lo faceva perché doveva dire loro la verità, doveva aprire in loro una breccia da cui far filtrare la luce.
E qual è il nostro compito come genitori se non questo?
Per cosa vale la pena dare la vita se non per portare i nostri figli in paradiso?

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *