PRIMO AMORE

Commento al Vangelo Lc 17,5-10 

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Come è stato il vostro primo amore?

Ve lo ricordate? Potremmo star qui a discutere sul fatto che in realtà sia il primo che quelli successivi sono andati nello stesso modo in cui è sempre andata la vostra relazione con i genitori, quindi la ricerca di attenzioni, il bisogno di essere amati che sovrasta tutto anche le umiliazioni e l’amor proprio. In ogni caso, che i vostri primi amori siano stati abbastanza equilibrati o meno, vi hanno portato ad oggi, a comprendere cosa significa avere una relazione d’amore.

Il fatto strano è che quando vi iniziano a parlare di relazione con Dio al catechismo partono facendovi imparare a memoria preghiere, parabole, comandamenti. Il bambino apprende che per far parte di quella relazione così importante è necessario sapere un sacco di cose e rispettare moltissime regole, solo così si potrà accedere al paradiso. Giusto? Quindi la relazione con Dio si riassume in un contratto, una compravendita: io faccio questo, tu in cambio fai quello.

Un do ut des finché morte non ci separi. 

E ci domandiamo perché proprio l’adolescenza è il momento in cui i ragazzi abbandonano la chiesa? Direi che è quasi inevitabile.

Forse sarebbe il caso di stravolgere tutto, non vi pare? Forse si dovrebbe iniziare parlando ai bambini dell’amore che unisce un uomo e una donna, come i loro genitori. Dell’amore gratuito, libero, reciproco ma senza pesi, dell’amore che c’è sempre, nonostante tutto, nonostante le assenze temporanee dell’altro, nonostante le difficoltà, nonostante i momenti bui. Dell’amore che a volte non si vede né si sente. Dell’amore che sopporta e non porta rancore, mai.

Certo, non sarà troppo per dei bambini?

No perché i bambini hanno ancora fresco in loro il vero significato dell’amore e non si spaventerebbero di fronte ad una proposta del genere.

Bisognerebbe iniziare proprio da lì: il rapporto tra Dio e la Chiesa, cioè tutti noi, è come quello tra uno sposo e la sua sposa. Solo dopo aver parlato di questo si può passare ai precetti, alle preghiere a memoria e ai comandamenti.

Solo passando di qui, solo imparando questo riusciremo a capire che il servo inutile non è un servo incapace o svogliato, ma siamo tutti noi quando aderiamo alla relazione con l’altro in modo autentico, perché lo scopo non è l’ “utile”, non adempiamo ad un contratto, non c’è uno scopo da raggiungere, semplicemente amiamo, facciamo ciò che è buono e lo facciamo liberi e senza un tornaconto.

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