Maria Goretti e quel “per chi” morire

Perché la morte?

È la domanda più banale che tutti tutti ma proprio tutti ci siamo posti. “Per chi” la morte, è invece un po’ più sottile e magari la si può accompagnare dal “per che cosa morire”. Perché sembra quasi che le fondamenta della nostra esistenza debbano basarsi su 4 paletti stabili: per cosa stai vivendo. Da queste fondamenta dovremmo edificare la nostra vita, la nostra casa. Ma se, come me, siete ancora nella fase di crisi e la risposta fatica a svelarsi, magari dovremmo cambiare prospettiva e chiederci:

“Per chi o per cosa morire?”.

Questo fa apparire l’orizzonte un po’ più nitido e certo non possiamo tergiversare molto, bisogna saper “rispondere”, a qualunque età. Perché se anche volessimo passare la vita come Indiana Jones tra avventure e misteri, o come Dorian Gray tra vizi e piaceri, non ci aspetterà di certo la fonte dell’eterna giovinezza o un quadro immortale, e prima o poi dovremmo fare i conti con “sora morte”. Magari neanche lei non sapeva “per cosa” vivere, magari non aveva chiaro cosa aspettarsi dal suo futuro, o come cambiarlo e realizzare i suoi sogni, mentre viveva una vita umile, contadina, fatta di sacrifici e sofferenze, di “oggi il pane c’è, domani forse no”, di “oggi seminiamo e ci spacchiamo la schiena, ma probabilmente non raccoglieremo neanche un chicco!”. Magari sarebbe stata spaventata dalle decisioni da prendere, dalle scelte che non puoi rimandare, da quella vertigine di chi deve fare un salto nel vuoto o rimboccarsi le maniche per plasmare la sua strada. Non saprei come immaginare la piccola Maria, ma di certo aveva le idee chiare, lei. Se non del “per cosa” vivere, almeno del “per chi” morire. Sì perché lei, non ci ha pensato molto, neanche davanti ad un coltello, neanche tra le pugnalate. Valeva la pena morire per Lui. E mentre mi passano alla mente le giovani al Colosseo, catturate ed interrogate, mentre la forza le invade e le mantiene salde al Suo amore, non riesco ad immaginare lei, la piccola Maria, a cui di punto in bianco, senza troppi giri di parole, viene chiesta la castità di fronte ad un coltello. Non le viene chiesto se ama Dio, se lo rinnegasse o meno, se Gesù fosse tutto per lei, se preferisse la vita o la morte. No.

Le viene chiesto di spogliarsi.

Le viene chiesto di lasciare lei, la sua volontà, da una parte in quella stanza e abbandonare al vuoto il proprio corpo, all’oblio del terrore, per forza, sopraffatta dalla bramosia di un ragazzo poco più grande. Oggi come allora, tutto ciò si chiama stupro. E per quanto atroce, davanti al ricatto della morte, forse non tutte avremmo scelto così, forse sarebbe stato meno doloroso delle pugnalate.Se non fosse che lei a soli 12 anni aveva già risposto alla domanda fondamentale: “per chi morire”. In fin dei conti, sarebbe stato la salvezza, sarebbe stato orribile, sarebbe stato traumatico, ma lei sarebbe rimasta in vita. Invece, per Maria, anche la vita aveva un rivale più grande: morire per lui. Sommersa di pugnalate, continuò la sua agonia in ospedale e morì tra le braccia dei genitori e di una suora amorevole. Non prima di accettare, non prima di aver fatto dono del bene che aveva fatto crescere in lei in quei pochi 12 anni: perdono. E per puro purissimo dono, concede la pace a chi aveva visto in lei una preda facile, un corpo da sbranare, a chi aveva cercato di mettere a tacere il suo spirito.Lascerà quel corpo, Maria, che aveva difeso con le unghie e con i denti, ma non prima di aver pestato la testa a quel serpente, come l’altra Maria.

Se oggi parliamo di castità, di virtù, chi può in tutta onestà affermarne la purezza?

Tra le leggi scout, una è la più spiazzante: “puri di pensiero, parole ed azioni”. Chi è immune da malizia, da film o video, da idee o pensieri? Perché sembriamo ricorrere la purezza del fisico, del corpo, delle azioni, ma per raggiungere quella castità lì, c’è bisogno di una purezza interiore, vera, limpida, che non faccia passare quella esteriore per mera “negazione” e forzatura, per non inibire e soffrire di un desiderio che in realtà è nostro, come desiderio e non solo come tentazione. Perché sì, a volte siamo a noi a desiderarla, quella brama di amore corporeo. Perché la purezza corporea, è solo negazione e castrazione, se non capiamo che la castità vera deve nascerci da dentro. Perché Maria sì, ha difeso quel corpo, ma c’è anche una perversione più subdola, meno combattuta. E non parlo esclusivamente del peccato degli atti impuri, delle azioni commesse più o meno coscenziosamente, più o meno capaci davvero di “pesarne” il valore. “Beati i puri” sì, ma di cuore! Perché il corpo a volte può prendere il sopravvento, la nostra mente trovarsi in un momento più debole, la volontà più o meno forte, o forse siamo più o meno consapevoli. Ma dimentichiamo spesso che c’è qualcos’altro che spesso siamo noi stessi a “stuprare”, di cui dobbiamo preservare la purezza, di cui è difficile preservarne la virtù: il cuore. Oggi con Maria celebriamo un anima santa, una volontà incorruttibile, in un corpo che avrebbe potuto subire violenza, ma soprattutto un cuore che è rimasto puro, rivolto a Dio e a lui soltanto: “pura di pensieri, parole ed azioni”.

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