Quaresima con Tolkien #30 – HOBBITON
“Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”
Dagli Atti degli Apostoli
<< Come può un uomo in tempi come questi decidere quel che deve fare?”. “Come ha sempre fatto”, disse Aragorn. “Il bene e il male sono rimasti immutati da sempre, e il loro significato è il medesimo per gli Elfi, per i Nani e per gli Uomini. Tocca a ognuno di noi discernerli, tanto nel Bosco d’Oro quanto nella propria dimora”.>>
Il Signore degli Anelli, Le due torri, libro I, cap. II, “I Cavalieri di Rohan”
Siamo tornati, ma non siamo più qui.
Forse non ci torneranno mai più, gli Hobbit, alla contea che avevano lasciato e così, nemmeno noi dovremmo tornare da questo viaggio come siamo partiti: insomma, dai, chi è mai tornato lo stesso da un’avventura?
Eppure siamo sempre quei mezz’uomini, con qualche conoscenza di guerra in più o qualche storia saggia da raccontare ai figli o ai nipoti: troppo bassi anche per essere notati. Ma proprio questa apparente piccolezza è stata la nostra forza, questa capacità di passare inosservati fino a colpire un Nazgul che non ci aveva notato, fino a salvare un amico sottraendo agli orchi l’anello e la luce, fino alla cima del Monte Fato. Non siamo abbastanza per molte cose, eppure proprio questa “bassa altezza”, la nostra, è quella giusta, quella da cui siamo riusciti a cambiare un po’ la storia, magari a incrociare lo sguardo di un uomo chinato dal peso di una croce e dei nostri peccati. “Dei bambini ai vostri occhi”, disse Aragorn a Éomer nella versione cinematografica di Jackson, descrivendo gli Hobbit rapiti dagli orchi. Eccolo di nuovo, quel farsi come bambini, della misura giusta per entrare nel Regno dei cieli, per guardare Dio negli occhi nel momento in cui è Lui a farci vedere come affrontare il dolore e la nostra debolezza. E i bambini, si sa, imparano dall’esempio e Gesù non si è sottratto, come farebbe ogni buon padre.
Hobbiton allora non è solo qualcosa a cui tornare, ma soprattutto il luogo da cui ripartire. Cambiati.
Gli Hobbit non troveranno l’aulica radura collinare con la sua dolce vita scandita a misura di mezz’uomo. La Contea è cambiata, e per continuare ad abitarla, splendente e rigogliosa come un tempo, bisogna rimboccarsi le maniche e lottare, anche qui.
Nella mia Contea personale il nemico è solo uno: me stesso.
Ogni giorno sono chiamato ad imparare ad “abitarmi”, a scoprire come rendere questa mia anima più simile alla Hobbiton dove vorrei vivere: a scarpinare dalla terra l’influenza malefica di Saruman e far fiorire in me boschi, lasciar scorrere fiumi e curarmi di tutte le piccole creature.
Certo, ci sono momenti, giorni assolati in cui tutto è rigoglioso e puoi stenderti sulle rive del Brandivino a fumarti la tua erbapipa osservando “il lento scorrere del tempo”, ma spesso quella terra verdeggiante e splendida, siamo noi a mandarla in rovina, stanchi di darci da fare ancora ed ancora, contro un nemico così persuasivo e potente: sempre noi.
Vorrei poter dire come Merry o Pipino: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”.
Vorrei essere capace di tornare a far risplendere questa Contea, che in fondo, è tutta la mia vita; essere all’altezza di ciò che il Signore mi chiede, di seguirlo, di credere davvero.
Sono tornati gli Hobbit, ma il loro sguardo, ora è diverso, proprio come dovrebbe essere il nostro, dopo averLo seguito. Perché quello che si è posato su di me, appena un attimo magari, sporco di sangue e sudore su quel Calvario, è l’unico sguardo che può fare la differenza sulla mia vita: il Suo.
Incontrarti, Signore, anche su quel monte mentre porti la tua, di croce, cambia tutto. O meglio, scendere dal Golgota e decidere di seguirti, cambia tutto!
Mi vuoi in un’altra via, non a parole, non a pensieri, ma con tutta la pienezza del mio essere. Ora, senza pensarci troppo, qui ed adesso. Dopo un’avventura così straordinaria ne inizia un’altra più straordinaria ancora, anche se spesso la sottovalutiamo: la nostra vita, quella monotona e ordinaria. Dove è dura, a volte, abbracciare la mediocrità senza nulla di eccezionale, rincorrere quella che Papa Francesco ha chiamato “la santità della porta accanto”.
Il cuore è il luogo da cui ripartire: la tomba che racchiude le mie incapacità, la rabbia, le tentazioni ed i miei fallimenti.
Sei tu che hai rotolato la mia pietra, che non hai avuto paura del mio corpo corrotto, che mi gridi di uscire e tornare alla luce.
E quando mi sarò fidato, quando sarò libero dalle mie bende, so che tu sarai lì.
Mi aspetterai ogni volta che mi sentirò indegno, pronto a giudicarmi e lapidarmi, seduto a terra a scrivere con il dito: alzerai gli occhi su di me e nel tuo sguardo leggerò un motivo per gettare le mie pietre, per girarmi da quel muro, per camminare in un’altra via, in un’altra vita.
“Ecco io creo nuovi cieli e nuova terra, non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare”.
<< “Ebbene, questa è la fine, Sam Gamgee”, disse una voce accanto a lui. Frodo era lì, pallido e consunto, eppure di nuovo se stesso: nei suoi occhi non vi era più pazzia, né timore, né lotte interiori, ma pace. Il suo fardello non esisteva più. Era di nuovo il caro padrone dei giorni sereni nella Contea. “Padrone!”, gridò Sam […] egli non provava per il momento che una grande gioia. Il fardello era scomparso. Il suo padrone era salvo, era tornato in sé, ed era libero. […] “La Missione è compiuta, e tutto è passato. Sono felice che tu sia qui con me. Qui, alla fine di ogni cosa, Sam”>>
Il Signore degli Anelli, Il Ritorno del Re, libro II, cap. III, “Monte Fato”
E con questa ultima riflessione si conclude il nostro viaggio: finalmente entriamo a casa Baggins ed appoggiamo il nostro zaino al pavimento.
Ma aspettate prima di disfarlo, sono sicuro non passerà molto tempo prima che un vecchio stregone busserà alla vostra porta per assoldarvi in un’altra grande avventura!
<< (Sam) “Pensandoci bene, apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli! Non hanno dunque una fine i grandi racconti?”. “No, non terminano mai i racconti”, disse Frodo.>>
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