Quaresima con Tolkien # 19 – LA TORRE DI CIRITH UNGOL
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“Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore”
Dal Vangelo secondo Matteo
<< In quell’ora di tentazione fu soprattutto l’amore per il padrone che l’aiutò a tener saldo; e poi, in fondo alla sua anima, viveva ancora indomito il buonsenso hobbit […] Quasi certamente (gli orchi) stavano litigando a causa di Frodo e del bottino. Sam si fermò improvvisamente, perché ad un tratto ogni cosa gli parve chiara, come se l’avesse veduta con i propri occhi. La cotta di maglia di mithril! Certo, Frodo la indossava, ed essi dovevano averla trovata. Da ciò che Sam aveva udito, Gorbag bramava di impadronirsene. Ma gli ordini della Torre Oscura erano per il momento l’unica protezione di Frodo, e se per caso fossero stati violati, Frodo poteva essere ucciso da un minuto all’altro. […] Corse alla figura accovacciata per terra. Era Frodo. Era nudo e giaceva come privo di sensi su di un cumulo di luridi cenci: teneva alto il braccio, coprendosi la testa, e sul suo fianco vi era una brutta ferita da frusta. “Frodo! Caro signor Frodo!”, gridò Sam quasi accecato dalle lacrime. “Sono Sam, sono arrivato!”. Sollevò leggermente il padrone stringendoselo al petto. Frodo aprì gli occhi. “Sto ancora sognando?”, mormorò. “Ma gli altri sogni erano orribili”. “Non state per nulla sognando, padrone”, disse Sam. “È vero, sono io. Sono arrivato”. “Non ci posso credere”, disse Frodo stringendosi a lui. “C’era un Orchetto con una frusta, e poi si trasforma in Sam! Allora non stavo sognando quando udii cantare laggiù e cercai di rispondere. Eri tu?”. “Ero proprio io, signor Frodo. Avevo quasi perduto la speranza. Non riuscivo a trovarvi”. “Ebbene, ora ci sei riuscito, Sam, caro Sam” […] “Hanno preso tutto, Sam”, disse Frodo. “Tutto ciò che avevo, capisci? Tutto!”. Si accasciò di nuovo per terra con la testa china, e le sue parole gli riportarono alla mente l’intera disastrosa realtà; fu sopraffatto dalla disperazione. “La missione è fallita, Sam. Anche se usciamo da qui, non vi è speranza di salvezza. […]” “No, non tutto, signor Frodo. E non è fallita, non ancora. Io l’ho preso, signor Frodo, e vi prego di scusarmi. E l’ho tenuto al sicuro. Intorno al mio collo, adesso, ed è anche un terribile fardello”. Sam cercò l’Anello e la catena. “Ma suppongo che ora voi lo dobbiate riprendere”. Ora che lo portava, Sam era riluttante a restituire l’Anello e ad affidarne il peso al suo padrone. “L’hai tu?”, balbettò Frodo. “L’hai qui con te? Sam, sei grande!”. Poi improvvisamente il suo tono mutò in modo strano. “Dammelo!”, gridò alzandosi e tendendo una mano tremante. “Dammelo immediatamente! Non lo puoi tenere tu!”. “Benissimo, signor Frodo”, disse Sam piuttosto sorpreso. “Eccolo!”. Si tolse lentamente di dosso l’Anello, passando sul capo la catena. […] (Frodo) “Ma non ti preoccupare per me, Sam; devo portare il fardello sino alla fine. Non abbiamo altra soluzione. Non puoi frapporti fra me e questo destino”. “Va bene, signor Frodo”, disse Sam strofinandosi gli occhi con la manica. “Capisco. Ma posso ancora essere d’aiuto, non è vero? Vi devo fare uscire da qui. Immediatamente.”>>
Il Signore degli Anelli, Il Ritorno del Re, libro II, cap. I, “La torre di Cirith Ungol”
Dopo l’attacco mortale di Shelob,
Frodo, inerme, viene catturato dagli orchi e rinchiuso nella stanza più alta della torre di Cirith Ungol. Il nostro Sam, terrorizzato ma risoluto, decide di salvare il suo padrone ad ogni costo entrando nella fortezza armato di pungolo e luce elfica. Nel frattempo Frodo viene spogliato di tutto, maltrattato, interrogato con violenza e ferito, ma non mortalmente, come comandato dall’Occhio che lo attendeva a Barad-dûr per torturarlo di persona.
Frodo si ritrova nudo.
Non il nudo bello, statuario, eroico, pieno di grazia e virilità delle statue greche. Ma il nudo pauroso, raccapricciante, penoso, abbandonato, insomma, quella nudità di noi che tutti vorremmo scansare o che speriamo di non dover mai affrontare. Perché sì, se rimanere “nudi” nei nostri pensieri o nelle nostre stanze segrete, fa paura, essere “nudi” davanti alle persone che amiamo è terrificante. La sola idea ci paralizza e improvvisamente sentiamo una fitta nello stomaco: se prospettarci la nostra mancanza è doloroso, immaginarci “sulle spalle” di qualcun altro è straziante ed inaccettabile. Siamo così abituati ad essere rivestiti di traguardi e di obbiettivi, che nel momento in cui veniamo spogliati delle nostre prospettive, il mondo crolla per far spazio, praticamente, al nulla. Perché quando sono un peso, che me ne faccio della mia vita inutile? Come potrò mai non appoggiarmi a chi mi sta intorno? Aveva una corazza Frodo, una bella ed inestimabile mithril che lo avrebbe protetto da qualsiasi attacco, da qualsiasi lama. Ma ora c’è solo la carne fragile, presa a frustate da un orco qualsiasi. Eppure il Signore ci ha sempre voluti lì: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili”.”
Ma perché dovrei mai dirmi “sono inutile”? Perché ci vuoi inutili? Perché non ci vuoi sapienti, capaci, attenti, pronti?
Probabilmente perché Lui non ci vuole “di questo mondo”, perché l’utilità è la logica prettamente “dell’uomo”, quella che abbiamo imparato ad utilizzare come metro di misura anche nella nostra vita. Siamo abituati a guardare il tornaconto e quando le cose non vanno come vorremmo allora questa logica stringente della convenienza ci si scaraventa addosso come un pungo in piena faccia e ci atterra: “è stato tempo sprecato”, “ho investito anni ed energie”, “ho perso tempo”, “non mi ha dato quello che ho dato io”. Riduciamo la nostra vita tutta ad un tornaconto, ai successi, agli obbiettivi, a quanto siamo riusciti ad elevarci al di sopra degli altri nella scala di misura dettata dagli uomini. E quando ci raccontiamo descriviamo esattamente il nostro “podio”, la nostra “posizione” rispetto alle aspettative: non c’è più un rapporto d’amore, un viaggio di vita vissuta davvero. Ci siamo noi e il nostro valore agli occhi del mondo: io non ho un lavoro importante, io non sono così brava rispetto ai colleghi, io non ho molti soldi, io non arrivo a fine mese, io non ho mai avuto una promozione, io non sono importante per il mio capo, io non sono molto seguita, io non ottengo più di 10 like alla mia foto profilo, io non ho molti followers su Instagram.. ci aspettiamo sempre che quello che investiamo renda il giusto guadagno: se ottengo zero allora ho fallito, o meglio, sono un fallito.
Perché il mondo ci indentifica con questa logica economica, senza lasciare spazio ad altro, di noi stessi.
Il tempo è scarso, il tempo è denaro, le energie vanno focalizzate per essere ben remunerate. E quando tutto ciò non dà i suoi frutti, allora sì che siamo “rovinati”, amareggiati, rosicando per aver fatto una mossa sbagliata, per aver “sprecato”, per esserci “donati” inutilmente. Ma la vita, l’esperienza, il viaggio, non può ridursi solo ad un’economia personale. Gesù è fuori dalla logica del profitto, così come lo siamo noi, se solo ce ne rendessimo conto. E’ stato utile, Signore, versare il sangue di tuo figlio, di fronte ad una folla che non si era presa nemmeno la briga di conoscerLo davvero? E, parlando di noi, ci crediamo forse di valere il sangue del nostro Dio? E’ utile una risposta totalmente opposta alla vita che ci eravamo scelti, come per Giuseppe? E’ utile un sogno quando non ha nulla a che fare con i nostri desideri? E’ stato utile nella vita di Maria amare il proprio figlio per vederlo poi torturato? E’ stato utile per Dio farsi uomo? E’ stato utile venire spogliato e frustato, prima di morire inchiodato ad un legno?
Il “non portare un utile” allora è fuori dalla logica del mondo, ma è esattamente in linea con la logica di Dio, che di logica che conosce sono una: l’amore senza logica.
Infatti l’amore, quello vero, è quanto di più inutile si possa trovare: si sacrifica sempre, ama sempre, gioisce sempre, si dona sempre. E’ utile amare sempre, fino alla fine, sposarsi o consacrarsi per una promessa fatta anni prima, con un’altra testa, con altri anni, con un’altra visione del mondo? E’ utile donarsi a Lui e promettere che tutta la vita, costi quel che costi, rimarremo suoi nonostante tutto? Eppure, cosa potrebbe avere lo stesso valore? C’è qualcosa che può donarci la pace e la perfetta beatitudine di una risata di un bambino, dello sguardo adorante di nostra moglie, dei tramonti con la birra tra gli amici, delle passeggiate in montagna a cavallo, del silenzio con Dio tra le vetrate illuminate di una cattedrale? Ciascuna di queste cose è senza utile, è donata, è perfetta. E’ il gusto della nostra vita, è fuori dalla logica del mondo: non ha valore che qualcuno potrebbe quantificare. Siamo “senza utile”, non quantificabili perché il nostro valore è solo uno: il sangue di Dio. Sapreste dare valore ad una sola goccia? E’ inutile la vita di Frodo, oramai nudo, senza niente, con una missione fallita: eppure senza quella nudità non avrebbe scoperto quanto Sam lo ami. Sam non avrebbe mai avuto modo di trovare la sua vera forza: amare contro ogni logica. Anche Giuseppe si trova nudo sotto gli occhi di tutti: sogni infranti, reputazione rovinata, delusione oltre ogni immaginazione, tradimento. Eppure nella nudità del sogno, quando anche le difese della ragione crollano, Dio lo va a cercare e lo prende per mano nella scelta più inutile, quella senza logica. Cerchiamo anche noi di abbracciarlo questo “inutile” perché quando verrà a bussare alla nostra porta, siamo pronti ad accettarlo con lo sguardo di Dio e non con quello del mondo.
Anche noi, pronti ad una missione inutile, come Sam. Anche noi, pronti al freddo di una torre inespugnabile, inermi ma speranzosi, come Frodo. Anche noi forti, fedeli e risoluti: innamorati come Giuseppe.
Anche noi coraggiosi come Maria: spogliata della sua stessa carne sotto quella croce, senza mithril, trafitta al cuore, nella parte più scoperta di se stessa, nell’amore per la “carne della sua carne”. Anche noi, come San Paolo, “saldi nella speranza contro ogni speranza”, verso quel Dio “nudo”, frustato e crocifisso, rivestito di Amore e Verità.
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