Quaresima con Tolkien #1- GRAN BURRONE, Rivendell o Imladris

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«Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso».

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

<<Non tutto quel ch’è oro brilla, né gli erranti sono perduti; Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza e le radici profonde non gelano. Dalle ceneri rinascerà un fuoco, l’ombra sprigionerà una scintilla, nuova la lama ora rotta, e re quei ch’è senza corona.>>

“Poesia di Grampasso”, composta da Bilbo Beggins

Inizia qui, nel Reame Elfico della Terra di mezzo, il nostro viaggio. “Ma no” direte voi, “Questa la so pure io!Era alla Contea, a Hobbiton <<in un buco nella terra viveva..>>”, sì sì, questo è quello che direi anche io, se vi stessi raccontando della storia dell’anello e del suo portatore. Ma nella storia della salvezza della Terra di Mezzo, e dell’intero mondo di Arda, c’è un altro inizio: il risveglio. Lo stesso che suona un pò come quel “lasciatevi riconciliare con Dio”, come dice San Paolo: perché niente può davvero iniziare se l’anima è nel torpore del peccato, se non si accende la speranza che anche uomini come noi, che sono caduti e mille altre volte cadranno, alla fine, quelle tenebre le vinceranno. La speranza che si possa rinascere, anche dalla morte che ci portiamo dentro, anche da un’esistenza spezzata, anche dai frammenti di una vita segnata dal fallimento.

Siamo tutti un po’ nel nostro “buco nella terra”, tutti nascosti a cercare di far quadrare il nostro “orticello” come piccoli hobbit:

Aragorn combatte solitario chissà dove, Legolas nel suo reame di Bosco Atro, Ghimli nella fredda roccia di Erebor così come Boromir, nella città di Gondor. Perché preoccuparsi? Era già stato sconfitto il male. Era stato annientato il Signore di Mordor che portava morte e distruzione. Si era stretta l’ultima alleanza tra elfi ed uomini per sfidare Sauron, nella battaglia di Dagorlad con la vittoria alle pendici del Monte Fato. Molti si erano sacrificati per la Terra di Mezzo e il Regno di Arda. Sauron era stato sconfitto nella sua forma corporea e era fuggito ad Est. La Terra di Mezzo era salva. O così si credeva. Perché il male dell’Oscuro Signore era perdurato, non nel corpo, ma nel cuore degli uomini. Ed è nel segreto che si consumano le più grandi battaglie.

La terra più agognata è sempre stata il cuore dell’uomo.

Lo sa Sauron, lo sa anche quel Dio che ci dice “non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” Così ci ritroviamo anche oggi alle prese con un male che va al di là delle nostre capacità, incapaci di sconfiggerlo davvero perché ci siamo illusi di dargli una forma, un volto, un corpo: è colpa della politica, è colpa dei giovani, sì ma è anche colpa dei genitori, è colpa delle multinazionali, delle banche, dei media… e potrei continuare all’infinito. Abbiamo perso di vista cosa sia il vero Male: non vediamo più Sauron, annidato più vicino di quanto crediamo, e non sappiamo contro chi lottare.

Quella cenere sul nostro capo ci è stata data per ricordarcelo:

dobbiamo fare un passo indietro, un atto di umiltà perché a nulla vale fare i buoni cristiani, farlo col corpo, con l’esteriorità, con digiuni malinconici e opere buone gridate, se non lo siamo dentro. Se ci abita Sauron nel cuore. Perché lui è furbo, non si fa vedere, si muove nell’ombra: elude le forze dei potenti e i saggi non lo riconoscono, per paura di ammettere la vera minaccia che può veramente sterminare tutta la Terra di Mezzo. Meglio tacere, meglio non vedere, meglio non pensare: ammettere la realtà ci fa paura, ammettere che c’è bisogno di lottare ancora, dopo tutti gli sforzi, dopo tutti i sacrifici, sa di fallimento. Ammettere che dobbiamo lottare ancora contro noi stessi, noi che preghiamo, che digiuniamo, che ci stracciamo le vesti, ci atterrisce ancora di più. Allora, prima della battaglia, serve ritrovare il vero coraggio. Un nuovo risveglio. Serve che lo Spirito animi di nuovo il nostro modo di parlare e di agire. Serve la speranza. La luce a cui guardare, che illumina le nostre azioni, le tenebre che ci circondano, e che le rivesta di quella gioia che sa di vittoria nonostante tutto, di quel “profumati la testa, lavati il volto”, perché il male lo avrai estirpato nel luogo più difficile da raggiungere. Partiamo da Gran Burrone, davanti ai frammenti disgregati, ma ancora affilati di Narsil, la spada del re di Anor, che è ancora un cimelio, spezzato in tre frammenti, rappresenta sì il ricordo delle glorie antiche, del coraggio, della sconfitta di Sauron Signore degli Anelli, ma porta con sé anche la corruzione del cuore dell’uomo ed il suo fallimento: spezzata la spada, anche il lignaggio dei Re si spezzò e si disperse senza lasciare traccia, la sua discendenza. Ma le rune incise ancora si leggono, la lama è ancora affilata, i frammenti ancora al sicuro: non tutto è perduto. Dalla stirpe degli uomini in cui il male ha perdurato, tornerà l’erede che salverà tutta la terra:

<<Aragorn il figlio di Arathorn partiva per combattere sulle soglie di Mordor. Splendente era la spada di nuovo intera: la luce del sole vi risplendeva rossa, e quella della luna vi brillava fredda, ed il filo vivo era duro e acuminato. Aragorn le diede un nuovo nome e la chiamò Andúril: Fiamma dell’Occidente.>>

Il Signore degli Anelli, libro II, cap. III, “L’Anello va a Sud”

Siamo noi, il primo campo di battaglia, noi, rinati grazie a Lui, dalla cenere e dai frammenti delle nostre cadute. Siamo chiamati a essere Narsil: segno di speranza di quel “Signore” che “si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo”.

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