“Un Natale intimo non vuol dire infelice”.

Concordo con Cesare Cremonini:

forse ci spaventa l’idea di un Natale senza tanto rumore, senza tante risate attorno a un tavolo o l’urlo ” Tombola” seguito da azzuffata “no! L’ho fatta pure io! Non avevi letto bene un numero”. Di storie di natali colorati e chiassosi ne abbiamo tutti tante e sono i ricordi belli a cui ci aggrappiamo nelle giornate nere. Come se le luci del Natale potessero splendere sempre, non solo il 25 dicembre.

Ma non lasciamo che Natale sia solo una promessa appannata dal tempo.

“Questa festa la vivo come un “desiderio” piuttosto solitario ma ispirato da un sentimento molto comune: rivivere l’illusione dei migliori ricordi vissuti da marmocchio. L’occasione per usare gli occhi “nel modo in cui guardavamo le cose da piccoli”, come se il Natale fosse una promessa che ci hanno fatto in tempi lontani. È vero, non mantenerla è un tradimento. “Almeno a Natale”, mi rimproverava mia mamma per tenerci uniti”.

Almeno a Natale, certo. Io sono fissata con tradizioni, biscotti, candele, film in calzettoni. È importante costruire ricordi, ma la verità è che ci sono Natali che ci trovano con meno cibo, con un posto vuoto a tavola, Natali con meno allegria, meno luci alla finestra e nel cuore. E se anche il Natale è meno luminoso, come faremo a illuminare un anno intero, ci viene da dire? Il fatto è che Natale non può essere solo memoria ben costruita di felicità e quel presepe di ceramica che anche a casa Cremonini c’è sempre stato, non è solo tradizione, un modo per fare “stagione”. Natale non è qualcosa da riporre con cura nella scatola e da ritirare fuori da qualche angolo della nostra mente. Se sarà solo questo, non basteranno sette metri di lucine a illuminare un nuovo anno e quelli a venire. Il silenzio, il buio, che questo Natale sembrano più vicini, sono la condizione migliore per ridare senso alla notte, al valore di una famiglia, alla possibilità di ascoltarci e di ascoltarLo quel presepe, alla possibilità di vedere ancora meglio e più chiaramente la luce che viene da quella mangiatoia e che spesso si perde tra le tante altre luci di casa, quel gloria di gratitudine e di annuncio che a volte tra risate e canti e tombole, non riusciamo a sentire bene.

Non è vero che non siamo più bambini e che come dice Cesare, “piangere non serve”.

Possiamo ancora esserlo. Dobbiamo esserlo, ma nel cuore. Per accogliere un Dio bambino. E allora quei ricordi belli che andiamo a ripescare non saranno solo illusione o sogno, saranno luce vera, che darà senso a tutto e porteremo con noi sempre.

Immagine da Wikipedia

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