Quella luce che infiamma la nostra vita
Commento al Vangelo Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Ci sono notti più buie di altre, io ne ricordo una di diciassette anni fa, fu una notte terribile, una notte nera in cui urlai contro Dio e gli chiesi: “Ma perché hai permesso questo?”. Poi ci furono altre notti buie, una di queste fu quella del terremoto del 2009, noi fortunatamente non subimmo danni ma io sentii tutta la scossa, dall’inizio alla fine. E il giorno dopo feci una visita medica, quella che mi cambiò la vita. Ci sono notti invece in cui tutto sembra brillare. Le decine di notti trascorse a parlare e innamorarmi di quello che poi è diventato mio marito, quelle notti che volavano via leggere. La notte dopo aver scoperto di essere incinta, la notte in cui sentii mia figlia scalciare nella mia pancia per la prima volta, la notte in cui, dopo essere nata, me la portarono in camera e fu come se qualcuno mi portasse un regalo di quelli che guardi dalla vetrina e pensi che meraviglia, che bello, e che quando poi finalmente lo ricevi non riesci a credere che sia vero perché la gioia è troppa, è incontenibile.
Gesù, che è vero Dio ma anche vero uomo, raccontava le verità di lassù usando sempre esempi di quaggiù, esempi molto umani, comprensibili a tutti. Un matrimonio, l’attesa estenuante di quel giorno, la preparazione, l’abito perfetto, la cerimonia, il ricevimento, l’emozione. Tutti conosciamo almeno alcuni di questi aspetti, se non direttamente almeno indirettamente.
All’epoca, duemila anni fa, il matrimonio era qualcosa di molto molto importante, serio.
Oggi spesso si preferiscono cerimonie con pochi invitati, perché “è più intimo, è più bello”. Al tempo di Gesù un matrimonio era una festa enorme, si andava avanti a festeggiare anche per una settimana, e tutti partecipavano felici. Le vergini di cui parla Gesù siamo tutti noi, siamo noi che andiamo verso Dio portando la nostra lampada, la nostra vita, tutti vestiti bene, eleganti, belli ed emozionati. Tutti possiamo addormentarci, stanchi, appesantiti, depressi a volte, tristi, ci addormentiamo ogni volta che invece di alzare lo sguardo e avere fiducia in Dio scegliamo di tenere gli occhi bassi, ci scoraggiamo e vediamo tutto buio. Questo succede a tutti, ma poi cosa accade? Accade che è mezzanotte, lo sposo sta arrivando, qualcuno ci sveglia e ci dice di corrergli incontro.
Dai forza, non mollare. Prendi su la tua vita e vai da lui.
Ed è lì, in quel preciso momento che noi guardiamo le nostre lampade e vediamo se sono spente, se sono prive di amore, oppure no. Essere pronti non significa non addormentarsi, ma significa avere da parte tanti piccoli vasetti con dentro atti d’amore per infiammare la nostra vita. Ma non un amore astratto, non un amore ideologizzato, rivolto verso un’idea lontana, ma un amore vivo e vero, amore per chi ci dorme accanto la notte (nel mio caso uno a sinistra e una che scalcia come un mulo a destra), amore per i nostri genitori che nonostante tutti gli errori che possono aver commesso ci hanno fatto il dono più grande, quello della vita, e questo non potremo mai negarlo o uguagliarlo nei loro confronti. Amore verso i figli, che è viscerale, che ci fa capire cosa significa amare fino a dare la propria vita per l’altro. Cristo vuole questo, vuole che amiamo, vuole una fede viva, luminosa, che sia come l’aurora nelle vite di chi ci sta accanto, e mai tenebra. Non temiamo i momenti difficili, le prove, le difficoltà, ma non dimentichiamoci mai di amare. Solo questo conta, perché più amiamo e meno pecchiamo e più siamo vicini al Paradiso.
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