Compiti a casa per amare
Avevo quattro anni quando uno dei miei fratelli, il più grande, mi portò a fare un giro in macchina e mi disse che dopo pochi giorni lui non avrebbe più vissuto con noi, perché si sposava e andava ad abitare in un’altra casa.
Io non capivo fino in fondo quello che mi stava dicendo ma mi piaceva stare in macchina con lui. Poi si sposò, andò via e la domenica diventò il giorno della famiglia, a pranzo si stava insieme, sempre, e per me quello era giorno di grande festa. A Natale l’altro mio fratello si occupava del regalo che mi avrebbe portato Babbo Natale. Una volta mi raccontò che siccome aveva nevicato tanto era dovuto andare a prendere Babbo Natale con la Fiat Punto perché la slitta si era ingolfata nella neve. Io sapevo che non era vero, sapevo che Babbo Natale era solo una storiella, ma non dissi nulla, mi piaceva che mio fratello si impegnasse così tanto per farmi sognare.
Mio fratello, il mediano, sapeva sempre tutto di me, io gli raccontavo molto e lui mi raccontava molto, abbiamo sempre parlato di qualsiasi cosa pur rimanendo diversi fino al midollo.Quando nacque il mio primo nipotino e diventai zia avevo otto anni e ricordo tutto. Ero così felice dell’arrivo di questo bimbo nella nostra famiglia. Quando nacque il mio terzo nipote avevo ventisette anni e la gioia di vedere l’altro mio fratello diventare padre era indescrivibile. Quando andai a ballare con le mie amiche per la prima volta mi accompagnò mio fratello e poi mi venne a prendere. Quando uscii per la prima volta con un ragazzo mi accompagnò mio fratello e poi mi venne a prendere.
Essere fratelli è anche questo, amare l’altro, punto, perché si è fratelli, perché si è uniti da un legame profondo.
A volte, spesso, si litiga, molto e forte, ma chiedere scusa anche quando non crediamo di avere colpe è sempre un’ottima soluzione. Conservo ancora in un cassetto una lettera, che ho tenuto per tanti anni nel portafoglio, con le scuse di uno dei miei fratelli. Ogni volta che la leggo mi scende una lacrima e mi rendo conto di quanto è vero che Dio non ci mette mai di fronte a prove che non possiamo superare. Forse noi in quei momenti lo crediamo, ci disperiamo proprio perché pensiamo che non ce la faremo. Ma poi i pezzi del puzzle si incastrano, senza spiegazioni trovi quei due quadratini neri che cercavi da giorni e li metti lì al loro posto.
Le scuse di un fratello e ad un fratello servono a questo, servono a completare puzzle, ad andare avanti, a vivere meglio e in pace.
Molto spesso leggo di mamme che non riescono ad immaginare di avere un secondo figlio perché temono di non poterlo amare tanto quanto il primo. Questo è uno dei tanti inganni del nostro tempo che ci spinge a pensare che ciò che conta è quello che possiamo fare noi e solo noi. Ecco, il fatto è che invece la famiglia è un sistema di persone dove ciascuna influisce sulla vita di ognuno in modo unico e ineguagliabile. Una mamma e un papà che mettono al mondo un secondo bambino, come un terzo e un quarto e così via, non solo non devono preoccuparsi di amare gli altri figli quanto il primo, perché sarà così, ma devono sapere che quel secondo, terzo, quarto, ecc. avrà sempre qualcuno in più che lo amerà e che potrà amare. Non sempre le cose vanno bene, non sempre in famiglia ci si ama tra fratelli, questo è vero e quando accade è molto doloroso. Ma accade perché siamo liberi e perché essere fratelli non vuol dire essere simili, tra fratelli non ci si sceglie ma certamente amare un fratello per ciò che è, seppur profondamente diverso da noi, è un buon esercizio per amare l’estraneo, il vicino di casa, il passante per ciò che è, semplicemente in quanto essere umano, creatura di Dio.
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