Carlo Acutis: in cammino verso la santità con le sneakers ai piedi

Con le sneakers ai piedi.
Ci faccio tutto, io, con le sneakers ai piedi. Ci ho vissuto tutta la gioventù (non sono così vecchia, ma adesso mi sono data anche a ballerine, anfibi, stringate) tra Nike, Adidas, Puma e 3628376 paia di Converse. Roba che dentro hanno scoperto nuove forme di vita. Ci andavo a scuola, poi a casa, poi ad allenamento, poi di nuovo a casa, poi al pub. Ci ho fatto la maturità, la laurea era in Stan Smith con profili pitonati, il matrimonio in Chuck Taylor alla caviglia bianche. Ci ho dato il primo bacio, ci ho preso la patente, ci sono andata ovunque col sole o la pioggia. Le ho lavate, rattoppate, incollate mille volte prima di farmene una ragione e buttarle (anzi, no, è mia sorella che me le ha buttate perché fosse per me sarebbero tutte belle impilate stile museo). Con le sneakers ai piedi puoi fare tutto, ma soprattutto, puoi diventare santo. Le Nike di Carlo Acutis sono la prima cosa che ho notato vedendo il suo corpo esposto ad Assisi in attesa della beatificazione. Perché parlano a me, quelle Nike. Non è tutta una questione di Medioevo, sandali e saio: io, quella con le Converse ai piedi, sono chiamata oggi alla santità.
La santità sta bene a tutti, come le sneakers, la puoi tirare fuori in ogni occasione, tutti i giorni, in ogni momento.
“Designed to be saint”: ecco cosa dovrebbero scriverci, sulle scatole delle sneakers. Che vincere i campionati NBA con le Nike come Jordan è figo, ma vincere la morte come Carlo, lo è di più!

Siamo chiamati a essere santi. Con le sneakers ai piedi!

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