Per lei si allargano i muri
In campagna, ma anche nei piccoli centri, ci sono ancora centinaia di immagini della Madonna ad adornare le facciate delle case o agli angoli delle strade.
A casa di Sergio e Anna, sposati da 49 anni, tre figli e quasi 4 nipoti, c’è sempre stata una nicchia nel muro frontale della parte vecchia di casa dove stava una piccola cornice con all’interno una stampa del quadro raffigurante la Beata Vergine Addolorata di Campocavallo. Con il tempo il vento, la pioggia e il sole hanno sbiadito e rovinato l’immagine, così un giorno Sergio ha deciso di acquistare un nuovo quadro, più grande, sempre con Gesù dopo la crocifissione che giace tra le braccia della Madre. L’immagine è bellissima, la cornice è in legno un po’ invecchiato che si addice perfettamente al luogo che la andrà ad accogliere.
Quando Sergio la porta a casa fa per andare a sistemarla nella nicchia di fianco alla porta, ma si accorge che purtroppo il quadro è troppo grande, non entra nella cavità. Sergio un po’ dispiaciuto, senza perdersi d’animo come suo solito, e senza dire nulla a nessuno tanto il lavoro sarebbe terminato in poco tempo, decide di buttare giù il muro in eccesso che impedisce al quadro di adagiarsi lì dove sarebbe dovuto stare, così da allargare la nicchia. Poi prende il cemento, continua il lavoro, aspetta che si asciughi e dipinge il tutto con il bianco del muro. Il lavoro è fatto! Felice, prende il quadro di Maria e Gesù e lo posiziona al suo posto, si fa il segno della croce, recita un’Ave Maria e torna al suo lavoro nei campi.
Questa è una storia vera, è la storia di un gesto di un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla famiglia e al lavoro della terra, incorniciando ogni giorno le sue fatiche con la recita del rosario e lo sguardo verso l’alto, verso l’Unico che può darci la serenità e riportarci alla realtà.
Quando ci allontaniamo dalle cose concrete, dai quadri che non entrano nei muri, iniziamo ad annaspare tra le preoccupazioni, tra i pensieri, non sappiamo cosa fare, stiamo male per tutto il male che ci circonda, ci arrovelliamo cercando di trovare soluzioni a tutto ciò che ci disturba.
Ecco, in quel momento siamo nelle mani di quel male che ci prende per un piede, ci tira su e gioca con noi come il gatto gioca con il topo. Allora lì dobbiamo fare questo: fermarci, ripulire il pensiero, e alzare gli occhi verso il cielo o, ancora meglio e per quelli un po’ più San Tommaso, verso un’immagine sacra, guardarla e restare in quegli sguardi per tutto il tempo che abbiamo. Come lo sguardo di un bambino perso in quello della sua mamma.
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