Finirà. Ma non nel nulla.
Forse sono una fifona (e sì, è un difetto che ammetto e con cui convivo da sempre) o forse mi piace pensare di avere una marcia in più degli altri (e anche questo è un difetto, lo so, ma poi sono finiti eh!), ma quando ho avuto la crisi adolescenziale e ho pensato di buttarmi sullo yoga, il veganesimo e la religione dei Chiwawa una cosa mi ha tenuto ben salda nella mia fede:
l’amore non può finire nel nulla.
La paura che il mio prezioso amore andasse sprecato o peggio dimenticato, ma anche la presunzione di cui sopra di aver fatto Eureka! e aver trovato il tesoro alla fine dell’arcobaleno mi ha tenuta attaccata a quella che a 15 anni mi sembrava solo una lagnosissima tradizione. Che poi almeno i confuciani hanno quei poeticissimi campanellini che suonano al vento da attaccare nei loro monasteri e noi cattolici neanche quelli. Solo una croce. Dura. Reale. Poco poetica davvero.
E nonostante tutto, nonostante forse la dolorosa vicenda di Alfie, come quella di Charlie o Isaiah o tanti altri piccoli che non hanno avuto la stessa possibilità di farci conoscere le loro storie, non avrà quel lieto fine che tutti speriamo (e per cui ammetto di essermi anche sbilanciata rovinosamente con le trattative e promesse a santi e beati, ma non importa, se lui può combattere in una fredda stanza di ospedale, io posso fare tutto), tutto l’amore che è riuscita a far uscire dai milioni di cuori che hanno pregato, sperato e atteso in questi giorni non sarà stato vano.
E l’ondata di amore che ho visto sollevarsi nei modi più impensati, da tante parti, anche le più inaspettate, tipo le stanze di un governo che di solito non si sbilancia e fa fatica anche a prendere decisioni sensate per i suoi di cittadini, è stata un vero tsunami.
Ha travolto la stampa mondiale, i giudici, la polizia che piantona la camera dell’ospedale perché sì: siamo davvero tutti lì, con te, con il piccolo guerriero che sta portando una croce forse troppo pesante per i suoi 23 mesi. Eppure la stai portando per dare voce a tanti che come te stanno subendo una società che paradossalmente ti permette di scegliere sulla morte, ma no, sulla vita no. Tante piccole e innocenti vittime. Tanti piccoli che vengono uccisi nel silenzio dell’aborto, migliaia. Tanti che vengono “adottati” (o meglio comprati?) da un genitore 1 e un genitore 2 e anche se non rischiano la vita attaccati a un respiratore che verrà staccato saranno comunque le piccole vittime dell’ideologia. Tanti che crescono nelle nostre scuole educati al poter scegliere di essere quello che vogliono, maschio, femmina, cane, pensando che il bene non esista e il “se me lo sento” vale tutto. Tutti quelli che dovremmo proteggere, ma per i quali troppo spesso non siamo capaci di fare davvero il”miglior interesse”.
No, Alfie, Charlie, Isaiah: tutto questo amore non finirà nel nulla e nessuna sofferenza sarà stata vana.
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