Noi, violente.

La cosa davvero allarmante della violenza sulle donne è che oltre alle botte, alle minacce, agli stipendi piu’ bassi e a tante altre storie, verissime e da condannare certo, c’è una violenza di cui si parla sempre poco, quella più dura e subdola di tutte, quella che proviene proprio da noi donne .

Certo, non siamo mica delle pazze masochiste noi, ma siamo violente con noi stesse.

Soprattutto quando rinneghiamo la nostra natura per diventare qualcosa che non saremo mai. Non saremo mai come gli uomini (per fortuna!) ed il risultato delle marce, delle giornate di sensibilizzazione, del sentirsi femministe è che oggi siamo più sole che mai e forse anche più infelici. Sole a barcamenarci in una routine frenetica dove dobbiamo ritagliare tempo per la famiglia, per tutti quelli che aspettano aiuto e ascolto da parte nostra.

Perchè il nostro essere “crocerossine” che cerchiamo tanto di nascondere ed ignorare , è la nostra prima vocazione, quella insita nel nostro DNA.  Ma oggi noi abbiamo solo i ritagli, quelli che di solito si scartano e poi si buttano. Oggi è difficile perche’ si torna a lavoro subito dopo una gravidanza, perche’ il part time è raro e purtroppo al datore di lavoro non conviene, o non se lo può permettere.

Però ci dicono che siamo emancipate, noi donne, e è tutto a nostro beneficio.

Tutto per diventare finalmente anche noi donne realizzate, con pari diritti, con la carriera che abbiamo sempre sognato ma che ci fa mettere da parte tutti gli altri sogni , che ci spreme e assorbe tutte noi stesse. È una grande conquista moderna. Non recrimino le donne che scelgono di tornare a lavorare, io stessa lavoro e non sono meno madre delle mamme che stanno a casa, ma faccio fatica a conciliare il lavoro con la voglia di essere presente per la mia famiglia. E io mi reputo anche piu fortunata di molte altre proprio perche’ quel part time l’ho ottenuto.

Allora credo che violenza e’ anche aver venduto la nostra liberta’ personale al prezzo della nostra essenza, del nostro tempo, del nostro ruolo che spesso assomiglia sempre di più a quello dei nostri mariti.

Violenza è anche aver nascosto la solitudine dietro alla parola “diritto”.

Oggi si muore per quella solitudine. Si muore quando ci fanno credere di non essere sole e allora non sappiamo davvero a chi chiedere. Perché mi hanno detto che è una decisione mia. Mia e di nessun altro. Devo scegliere solamente io, nessun’altro può interferire. È una grande conquista questa possibilità di scegliere da sola, avere in mano il controllo di me stessa, perché è un mio diritto, qualcosa di cui andare fiera. Così siamo lì, noi e i nostri diritti. Noi che dobbiamo scegliere perché quel corpo è nostro, ce lo hanno dato e possiamo farci quello che vogliamo, noi che sappiamo cosa è meglio per noi stesse. Noi che però siamo sole. Sole con queste conquiste nel momento in cui avremmo bisogno di non essere sole. Di avere qualcuno accanto, un sostegno, forse psicologico, forse economico, forse solo qualcuno che non ci dicesse semplicemente “è tuo, puoi farne quello che vuoi”. Prenderlo o buttarlo. Di solitudine si muore quando pensiamo che di fronte a qualcosa di così grande e complicato si può lasciare una donna sola col proprio diritto a decidere. Si muore in due: muore una piccola vita per prima e poi moriamo anche noi, dentro, lentamente, forse senza accorgercene all’inzio, perché il baratro che apre l’aborto è scuro, profondo e spesso anche qui siamo sole col peso della coscienza, la consapevolezza della responsabilità di aver deciso da sole. Di solitudine si muore soprattutto quando ti hanno detto che era proprio per il tuo bene che ti lasciavano sola, con tanta confusione in testa e forse una decisione più grande di te.

E se siamo proprio noi donne a farci violenza da sole e a farla su chi è più indifeso, quella spirale di violenza che tanto combattiamo non potrà fermarsi oggi.

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