Anche una ceretta può diventare esperienza trascendentale
Strizza, stira, strappa, appiccica, brucia, graffia, accorcia. Insomma, estetista, parrucchiere, dentista o fisioterapista…Nessuno è immune! Soffriamo per dovere, per curarci, ma tante, troppe volte, anche per piacere agli altri e a noi stessi. E spesso, molto spesso, soffriamo inutilmente. Da piccola mi chiedevo perché dovevo sopportare, perché soffrivo? Perché avrei sofferto e molti bambini ancora più di me? Che Dio è un Dio che può tutto ma, se lo chiedo con amore e con fiducia, non allontana il dolore da me? Le grandi domande a cui non si può dare una risposta se non accettando che tutto, nella nostra vita, proprio nella nostra esistenza che a volte ci sembra banale e ordinaria, niente di che, insomma, può concorrere a qualcosa di buono. Per fortuna, avevo amiche speciali io, a farmi aprire gli occhi su questo mistero: le suore. Eh sì perché un grande dono che mi hanno fatto i miei, è stato portarmi da piccola a conoscere le suore di clausura, quelle nere, dietro la grata spessa, che mi toccavano le manine passando le dita negli incroci di ferro battuto. Le suore di clausura, grandi sorrisi e occhi amorevoli nascosti dietro le mura delle nostre città, pronte a dare agli altri tutto ciò che hanno: Lui. Le grandi donne di oggi, che non solo sanno infondere una dolcezza unica, pacata e piena di grazia, ma sanno anche rincuorare, guarire le ferite, consigliare e stare vicino come nessun altro potrà mai: pregando. Risplendono e sanno mostrarti la Luce, sempre: non importa da quanto tempo vaghi nell’ombra, non importa se hai scordato persino il calore di un flebile raggio. Mica male le Sue spose! E poi chi meglio di loro poteva sapere i Suoi segreti? Così un pomeriggio sono andata dalla mia best-suora con il più grande quesito del mondo. Beh sì, credo sia stata un po’ nei guai davanti alla bimbetta riccioluta dagli occhi grandi che aspettava una risposta rassicurante. Ma, nel non poter rispondere a pieno ad una domanda così filosofica sul senso del dolore, non mi lasciò insoddisfatta. Infatti mi insegnò un piccolo trucco, innocente ma efficace, e preziosissimo, che mi accompagna tutt’oggi tra una corsa dall’estetista, un dente del giudizio e una tinta bella forte dalla parrucchiera. “Quando stai male, offri a Gesù quel dolore, Lui aiuterà altri bambini con il dono della la tua sofferenza. In più vedrai che passerà subito (+ occhiolino)”. Bene, dopo una venticinquina d’anni di test, posso garantire che sarà il primo consiglio che passerò a mia nipote, quando la fatidica domanda verrà posta a me. È vero, dare un senso anche al dolore anche quello inutile, insulso e fastidioso, può cambiarlo. Può renderlo più sopportabile, significativo. Ogni volta offro i dolori, piccoli e grandi, per una causa, una persona, o le anime del purgatorio. Ovvio, solo da piccolina il dolore sembrava passare prima, ma è sempre un modo efficace di mettersi al Suo servizio, di “renderGli lode” con la mia vita così normale che però non è esente dal doversi fare trascendentale in ogni cosa, in quella insulsa quotidianità, nella “normalità” e nel piccolo, per trasformarlo in altro, per far sì che davvero nulla vada perso. Così l’ultima ceretta all’inguine mi sono ritrovata ad offrire il dolore per salvare dall’aborto la vita di qualche bambino: Ahi…Rita.. Ah…Giorgio…Ahia…Agata… E così fino alla fine (sì certo, lo so che non basta uno strappo per salvarne uno, ma visto che il catalogo Lui non l’ha ancora pubblicato, e che se mai succederà sarà una catastrofe perché all’immenso valore della vita non potrei neanche avvicinarmici, mi fido della sua misericordia e gli lascio fare il suo lavoro!). Devo dire la verità, parto sempre pensando “bene ora che mi farà male potrei offrirlo per… Ma dopo aver elencato rapidamente nella testa tutte le persone e le associazioni che conosco, il cuore cade sempre lì: i bimbi che non nasceranno. E vincono sempre eh, battono tutti a tavolino!
Così se anche un solo frugoletto può in qualche modo giovare, con la misericordia immensa di Dio, del mio dolore, tutto cambia, tutto si trasforma. E anche la ceretta all’inguine non è poi così dolorosa!
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