Mi chiedi di Caterina? Ti rispondo: una femminista vera!
“Se ammettiamo che la mente umana possa essere governata dalla ragione, ci precludiamo la possibilità di vivere” (da “Into the wild” Christopher Mccandless),
ed è questa ragione che va messa da parte quando si pensa a Caterina, che è tutto tranne che un’anima ordinaria. Non perché lei è una tipa irragionevole, tutt’altro, ma sembrerebbe quasi folle che una bimba di appena sei anni si innamori perdutamente di qualcuno che è niente meno che figlio di Dio. Così inizia il suo viaggio tra visioni mistiche a sei anni appunto e promesse di una vita votata a Lui e Lui solo: oltre il dono di castità inizia il suo cammino di perfezione tra digiuni, preghiere e sacrifici.
La femminista ribelle che c’era in lei fece capolino a dodici anni, ponendosi in netto contrasto alla decisione della famiglia di vederla sposa: taglia i capelli, indossa il velo e si chiude in casa. La diffidenza dei familiari la ispira a tal punto che vede qui l’occasione di perfezionarsi nella sua reclusione domestica, ottima per abituarsi a riconoscere Dio in suo padre, Maria in sua madre e gli apostoli nei numerosi fratelli.
Da brava femminista irremovibile poi, alla fine, ha la meglio e veste l’abito delle “mantellate”: molto elegante, cappa nera su tonaca bianco, firmato “Domenicani”.
Come tutte le giovani è controcorrente e la scelta fu audace: vestire i panni di un ordine laico, ricettacolo di donne mature o vedove, con la missione di vivere nel mondo seguendo obbedienza, povertà e castità. E nel mondo di ieri e di oggi, non è strada facile. Quindi non ha manco il classico matrimonio stereotipato e conformista: rimane laica per non tradire la missione che si sente dentro.
Così Lui, che la conosce bene, non le fa la proposta con il classico anello di diamanti:
riceve da Gesù stesso nelle loro “nozze mistiche” il suo anello invisibile, circondato da rubini. Si accontentò? No, troppo tradizionale ancora! Allora Lui esagera: dono della profezia, dono di saper leggere e scrivere (era totalmente analfabeta!), levitazioni, estasi, bilocazioni, miracoli eucaristici, stimmate invisibili, colloqui con lui e la “morte d’amore”, dove il suo sposo libera la sua anima dalla carne, coronando il tutto con lo scambio vero e proprio dei loro cuori (anche se questo è più romantico che femminista quindi non so se approviamo noi integraliste del cromosoma X). Da brava emancipata quindi non si crogiola nella vita nascosta e contemplativa (“mica sono una tutta cucina e focolare”, mi pare di sentirle dire!) ma si rimbocca le maniche con opere di carità, aiuto ai poveri, ammalati, carcerati, con un occhio alla politica interna ed estera: l’Europa è preda delle pestilenze, carestie e guerre, fame e malattie, sofferenze ed ingiustizie. Tutto oro che cola per un’attivista smaniosa di mettersi all’opera insomma! Prosa, poesia e fuoco: le sue lettera al Papa, ai vari Re e nobili che sempre cercano il suo consiglio e che lei si impegna a riappacificare tra loro, prima precursora degli ambasciatori Onu! Forte e virile, possente ed audace nelle sue sprezzanti lettere, piene di bruciante verità che infuoca gli animi, ma allo stesso tempo sgorganti di tenerissima carità, passionale amante della vita e del mondo. Diventa fulcro di attrazione per i suoi seguaci che inizieranno a farsi chiamare “Caterinati“. Come ambasciatrice del suo femminile e personalissimo “Onu”, come tutte le donne in carriera che si rispettino e con una posizione “internascional” lei dorme due ore a notte, per non perdere tempo! Nonostante ciò non ne risente la sua missione: pacificazione dell’Italia, il ritorno della sede pontificia a Roma (da Avignone) e la riforma della Chiesa. Come se non bastasse assiste al grande scisma d’Occidente, con due papi eletti che si contendono il pontificato per quaranta anni: se non è un periodo storico travagliato quello!
In questo contesto così incerto e ferito, lei brucia d’amore per lo Sposo, onorando e servendo la sua Chiesa e definendo se stessa “serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo”. Incredibile e unica nel suo ardore, innamorata del suo Gesù, muore al mondo all’eta di soli trentatré anni, ma che vissuti con ventidue ore al giorno saranno sembrati ai due innamorati almeno un secolo! Come da brava femminista che si rispetti è coronata da una brillante carriera in quella che per eccellenza viene definita la più patriarcale e maschilista delle istituzioni, riceve il suo personalissimo Nobel: Dottore della Chiesa. Che dire, come una che ha cominciato analfabeta non c’è male.
Cosa resta di lei?
Una Donna con la d maiuscola, una tosta, una innamorata dall’età di sei anni, una che si fa in quattro in un periodo storico pieno di insicurezze e cambiamenti, senza tirarsi indietro o risparmiarsi, senza pensare che quel periodo non sia il suo ma diventando fulcro e motore del cambiamento. Una che vive d’amore e illumina la strada a personaggi come Papa, Re e regnanti di varie nazioni, nobili e potenti di tutta Europa, senza perdere di vista il suo prossimo, i poveri, gli ammalati (in ventidue ore di attività comunque se ne fanno di cose, eh!).
Una sposa che non si preoccupa della forma (rimane laica) ma vive tutta la vita in comunione con Lui (senza cedere alle molte tentazioni e lotte con spiriti del male), dove lo stesso Sposo attirato da lei, sotto forma di Eucarestia, levitava durante la messa per raggiungerla, o le dona il suo anello in un fidanzamento mistico, fino ad unirsi a lei nella carne, scambiando i loro cuori.
Un’amica, la mia amica, quella follemente innamorata, sempre impegnata, che non si risparmia, sempre con progetti impossibili (ma non per lei), quella delle ore piccole e delle grandi possibilità che non ha manie di protagonismo ma mi spinge sempre avanti, al meglio, a Lui.
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