Giochi per bambin* e cataloghi sessisti
Caro *,
mi sono presa la briga di scrivere questa lettera per implorare il tuo perdono. Tu, che eri l’ultimo baluardo nei libri di scuola, l’ultimo faro di speranza dove andavo a guardare quando, dopo aver letto una frase, un nome famoso o una data, rantolavo ancora nel buio. Tu, simbolo della conoscenza ed unica mia possibilità di comprendere l’ignoto, sei stato infangato, denigrato, screditato agli occhi del mondo, ma io non resterò in silenzio. Mi alzerò e griderò “at the edge of the world” che il nulla cosmico a cui ti hanno relegato deve finire: che la “E” e la “I” esistono!
Che “Ciao a tutt*” davvero non gliela posso fa, soprattutto la mattina mentre cerco di rilassarmi e prendere il caffè. Che usare la lingua italiana per elevarsi sopra noi ciarlatani utilizzatori di “E” e “I” portando avanti le battaglie sessiste, anche no. Che “Ciao a tutt*” Dante e Manzoni si rivoltano nella tomba (e ringraziate che non escono fuori a cercarvi che poi so ****E/I/O/U).
Veramente vi sembra che utilizzare il genere maschile per includere (e sottolineo includere, non escludere!) tutte le persone presenti in una conversazione sia sessista?
Veramente pensate che qualche donna si senta discriminata perché al posto dell’ “*” utilizzate la vocale più consona ad un pubblico?
Veramente il sottinteso “ciao a tutti i presenti” è una cosa che invece vi fa pensare “ciao esclusivamente a tutti i maschi presenti” in questo gruppo?
Io credo che a volte il modo risoluto in cui decidiamo di combattere le nostre battaglie, qualunque esse siano, abbia veramente il potere di far emergere la ridicolaggine che certe ideologie si portano dietro. Con tanti saluti alla vostra voglia di intavolare una battaglia seria, coerente e senza esclusione di colpi. Qui l’unica ad essere colpita è la nostra intelligenza.
Tutta questa premessa per arrivare alla parte più tragica del dibattito, quella che in prossimità delle feste ha già intasato la mia bacheca Facebook: “Ma voi che regalo comprate ai vostri bambin*? Giocattoli per bambin*? Nei cataloghi per bambin*?”.
Ebbene sì, esploriamo il girone dantesco riservato a quei poveretti (poveretti nel senso che non invidio per niente) che producono giocattoli/vestiti/libri e qualsiasi altra cosa nella faccia della terra possa necessitare di un catalogo per bambin*. Perché qui la discriminazione tocca il suo apice. Cataloghi con i giochi divisi e non con giochi accatastati uno sopra l’altro tutti in prima pagina, senza differenze? Cioè, divisi per pagine: pagine che arrivano prima e pagine che arrivano dopo, bambole sotto la classificazione bambine e ruspe sotto la classificazione bambini. Capite? L’utilizzo della “E” della “I”.
Vi rendete conto nel ventunesimo secolo cosa tocca vedere? Barbie che guida la ruspa e Sam il pompiere che fa la lavatrice perché sono in due pagine divise? Come mai non hanno fatto il camper della Barbie con dentro Sam che invece ha avviato la sua attività di lavandaio? Io direi di finirla qui. Vorrei solo sapere a che pagina e sotto quale categoria trovo ancora il “buon senso”, se lo producono più. E’ bellissimo conoscere alla perfezione i figli e sapere che a quella con le “ciuccette” piacciono le costruzioni (come del resto piacevano a me) e invece l’altro sia il futuro Roberto Bolle, ma tutti questi “*” non sono necessari come non lo è lodarsi di conoscere i gusti dei propri bimbi. Non fraintendetemi, tutto molto bello e toccante, ma non siete né meno né più dei genitori che hanno tirato su i figli cinquant’anni fa, di nonna che aveva regalato a mia madre la spada per andare a fare scherma perché a lei piaceva il fioretto o mio nonno che aveva ricevuto dal padre un libro di cucina perché aveva capito la sua grande passione. Non credetevi migliori neanche dei genitori di vent’anni fa che regalarono a me i Lego e alla mia migliore amica l’arco e le frecce.
Siamo contenti che anche voi conosciate così a fondo i vostri bambini e che sappiate perfettamente scegliere da un catalogo nonostante la divisione delle sezioni. Vorrei pure aggiungere che io, da bambina, non ho mai avvertito nessun problema a scegliere qualcosa dalla parte con le paginette blu invece che rosa. Certo, forse dipendeva proprio dal fatto che per i miei non era un dramma, ma davvero una cosa normale, senza starsi a sentire tanto avanti, moderni o gender free e quindi, certe questioni non me le poneva (o imponeva) nessuno. Ero davvero libera di scegliere. Semmai, il vero dramma per la me di sette anni era che dovevo scegliere un solo gioco, da quel catalogo. Le due sezioni famigerate comunque, non sono state create solo per fare un dispetto a voi, genitori oltre le etichette o per inculcare nella mente dei vostri figli una qualche misoginia sessista. Magari quel catalogo viene utilizzato anche dalla zia non troppo sul pezzo che non sa distinguere un Lego dal mini servizio da tè di Barbie, da me che non ho tempo per andare dall’estetista, figurarsi cercare i prezzi a caso tra giochi mischiati in cataloghi da 74938752 pagine del Toy’s o dai nonni che vedono troppo poco i/lo/la/i/gli/le nipotin* per sapere che, anche se hanno scritto nel DNA XX/XY vogliono comunque giocare ai pirati o sfornare pizze. E ringrazio tutti coloro che producono giocattoli e hanno il coraggio di fare i cataloghi per bambini e bambine dove mia nonna, all’epoca, ha potuto comprarmi qualcosa di decente per il mio quinto compleanno, invece della fabbrica dei mostri che nel catalogo era comunque di fianco alle Lego, ma al contrario, a me, faceva schifo.
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