E alla fine arrivi tu – Storie di mamme
Quando senti che il dolore è troppo forte, insopportabile, tanto da lacerarti dentro, fermati, fai silenzio.
Quando i pianti diventano interminabili e ti nascondi in camera per non farti vedere in quello stato dal marito, calmati, non sei sola.
Quando ricerchi il senso di tutto questo dolore e l’unica risposta che ti dai è “sarà un castigo divino”, respira a fondo, non sei l’unica a pensarlo.
Io ti capisco, perché ci sono passata, come te. So cosa significa sfoggiare un sorriso forzato di fronte all’amica di turno che ti dice di essere incinta. So cosa si prova a sentirsi soli, quando hai l’impressione che a nessuno importi di come stai veramente. Speri con tutta te stessa che ti venga chiesto “come stai?” per tirar fuori il macigno che hai dentro e invece ti ritrovi a sfogarti con l’estetista, perché si sa con gli estranei è più semplice mostrarsi vulnerabili.
Quando allora ti sembra di non farcela più, quando vedi tutto nero, inginocchiati, prega, invoca la grazia.
Non ti fossilizzare però sul desiderio di aver figli, il Signore sa cosa c’è nel tuo cuore.
Chiedi piuttosto la virtù della pazienza e il dono dell’umiltà così da saper attraversare quella via tortuosa che Lui ti ha posto avanti.
Non fare come me che per troppo tempo ho chiesto la grazia sbagliata.
Non ho certo smesso di pregare per il dono della maternità, d’altronde è Gesù che ci ha detto di essere insistenti come la vedova col giudice ma ho compreso che in quel momento dovevo chiedere altro e che piangersi addosso non serviva a nulla.
Mi sono stancata di star male e non mi piaceva la persona che stavo diventando: invidiosa e sempre triste, così ho reagito.
Ho capito che prima di tutto dovevo chiedere la Grazia di superare la prova e ho iniziato a credere che quella croce avesse un senso. Non sono sicura di aver capito il perché di questa sofferenza ma senza dubbio essa mi ha resa più forte, più devota e vicina a Dio. Essa ha ravvivato in me la fiamma della fede.
Mi sono fidata ed affidata a Dio e con mio marito abbiamo iniziato a pensare al percorso dell’adozione, dato che si può esser madre in tanti modi, non solo biologicamente. Ho preso contatti, scaricato i moduli per avviare le pratiche in attesa del nostro terzo anniversario di matrimonio, il 6 giugno. Invece un altro 6 è entrato improvvisamente a far parte della nostra storia: il 6 marzo, quando sono comparse le tanto desiderate due lineette.
Il tutto quando avevo finalmente accettato la croce, abbracciandola e portandola con mio marito, grazie alla preghiera. Ed eccola li, la grazia, spuntare quando meno te lo aspetti, quando avevo ricominciato a star bene. Sarà perché ti sei rilassata direte voi. Può essere, ma non ne sono convinta. Sono sicura che Dio ha permesso che passassi per quel calvario perché potessi avvicinarmi di più a Lui e per apprezzare maggiormente poi il dono che mi è stato fatto.
Non voglio che questa storia sia letta come l’ennesima di chi alla fine ha ricevuto la grazia. Non è questo il punto. Quello che voglio trasmettere è che nonostante tutto bisogna fidarsi di Dio, è pura convenienza.
Si soffre in questo mondo, le disgrazie capitano e non possiamo farci nulla.
Ma possiamo decidere come affrontarle. Da soli, nella nostra autocommiserazione, nella disperazione e nel pianto oppure con Gesù accanto. Vi assicuro che in quest’ultimo modo tutto diventa più semplice. La fede si può davvero dimostrare un’ancora di salvezza. La preghiera, un potente balsamo in grado di lenire i nostri dolori. E solo nella preghiera, possibilmente fatta assieme al marito, troveremo chi sa veramente ascoltarci, comprenderci e darci la pace: Gesù, l’unico in grado di starci vicino e sostenerci.
È vero quello che dici ma purtroppo le cose le vedi solo “dopo”e magari tu le hai viste dopo che hai avuto il tuo bambino.Io metterei che oltre ad acettare la croce bisogna accettare anche le proprie miserie e debolezze come può essere il pianto o l’invidia per la famiglia numerosa…anche questo è abbracciare la croce:abbracciare se stesse imperfette come farebbe Lui.
Cara Nadia, hai perfettamente ragione quando dici che accettare la Croce è proprio accettare le nostre debolezze, le nostre miserie. Ma nonostante questo, i vizi come l’invidia restano tali, bisogna riconoscerli, perdonarsi e lasciarsi perdonare da Lui. Io finché non l’ho fatto non ho avuto pace ma appunto ero solo peccatrice: invidiosa, sempre triste, incontentabile. Nel momento in cui ho accettato queste sofferenze, e dopo una bella confessione ho riniziato a vivere serenamente, ed è avvenuto prima di scoprire di essere incinta. Ho quindi vissuto serenamente per un periodo nonostante la sofferenza della mancata maternità proprio perché mi sono affidata a Dio, nonostante la grazia non arrivasse. E proprio per questo ho sentito di dover condividere quello che ho vissuto: non tanto per dire solo continuate a pregare e sarete ascoltate, quanto per dare un aiuto a vivere quella situazione di sconforto e non riesce a uscire perché magari, come facevo io, chiedeva senza affidarsi, troppo sicura di quello che era il percorso per la felicità. Ma Lui vede più lontano di noi!