“Sottomessa” is the new black!
Dichiarare oggi giorno che la donna deve essere sottomessa all’uomo è da pazzi, da retrogradi e da maschilisti. Certo. E chi non conosce l’affermazione del più famoso maschilista della storia nella lettera agli Efesini? “Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa…”?
Certamente le parole di San Paolo non intendono istigare alla prevaricazione, alla violenza o alla supremazia arbitraria dell’uomo sulla donna, ma allora…a cosa? Noi donne, io per prima, abbiamo innato dentro di noi l’istinto di controllare tutto (il tenere sotto controllo gli ultimi spostamenti dell’ex della migliore amica, tipo, dico tipo) di mettere bocca su ogni questione e decisione facendo difficoltà ad affidarci all’uomo (che però se si ricordasse che tra la finale di Champions e la corsa col cane ci sarebbe la cena a casa della madre aiuterebbe eh!). A volte pretendiamo persino di cambiare il nostro uomo in base alle nostre aspettative anche se essere cresciute coi film di Tom Cruise ammetto che vale come attenuante!
La sottomissione non è valere meno o sentirsi inferiori, ma è saper rinunciare al desiderio di controllo e dominio lasciando posto all’accoglienza e al servizio. Solo così l’altro potrà essere ciò che è, innescando un circolo virtuoso che induce i maschi a scollarsi dal famoso divano.
Più la donna approva il marito, sta dalla sua parte, lo sostiene più lui non potrà resistergli e tenderà a servirla a sua volta e compiacerla. Si innesca così un rapporto di dedizione reciproca. Al contrario la donna che urla continuamente, che comanda a bacchetta, che si carica di tutte le responsabilità quotidiane (quella che porta i pantaloni nella coppia per capirci) spinge il marito a deresponsabilizzarsi, a porsi in secondo piano perché svilito nel suo ruolo di guida.
L’uomo deve essere per sua natura la guida della famiglia, colui che mette limiti e dà le regole ai figli.
In fondo, l’angelo non chiama mica Maria per pianificare la fuga dall’Egitto. Figurarsi, prima di aver preparato panini per almeno 6 giorni, valige con cambio biancheria per almeno 7, che il cibo possiamo pure comprarlo in giro ma le mutande no, e rassettato la casa che non si sa mai arrivasse il controllo dei NAS, di sicuro nessuno si sarebbe mosso. E invece c’era una certa fretta, che richiedeva quel pragmatismo che solo un uomo può avere (di mutande ne bastano e avanzano 2). Eppure Maria con fiducia lo segue, senza ribattere, anche se tra i due direi che San Giuseppe era il meno dotato in fatto di grazia e virtù.
Costanza Miriano, autrice del libro “Sposati e sii sottomessa” è una vera maestra nello spiegare il significato della sottomissione oltre a dispensare consigli familiari. Parla di una donna “sottomessa nella logica del servizio spontaneo e volontario”, che sceglie la sottomissione; “cioè decidere liberamente e consapevolmente di mettersi sotto, come le fondamenta di cemento armato che reggono la famiglia. Con quella capacità tutta femminile di smussare gli angoli, mettersi in relazione, essere per, accogliere, mediare, incoraggiare ed educare, cioè tirare fuori il meglio da tutti”.
Facciamoci furbe…e un po’ più umili! Facciamoci fondamenta di cemento armato: amiamo i nostri mariti, perdoniamoli per i loro difetti e impariamo ad ascoltarli tenendo più a freno la lingua. Ecco come facevano i nostri nonni a far durare i loro di matrimoni: “sottomessa” is the new (ma neanche tanto new) black!
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