Mulan, il film: donne col fattore C.
Le donne con l’armatura e la spada in mano sono sempre affascinanti. Sarà che quello che non ci è stato dato in forza fisica ci è stato elargito in abbondanza in organizzazione e strategia: come farebbe una donna che lavora ad avere pronti i pasti per tutta una settimana già dalla domenica prima sennò? Altro che strategia militare. È una guerra che si combatte giorno dopo giorno, ma spesso ci lascia vittime di autocommiserazione, distrugge l’autostima sotto i colpi della stanchezza, del perfezionismo, dei capelli sporchi e delle pile di panni che continuano ad arrivare come le cariche di Unni guidati da Attila. Eppure noi la vittoria la stringiamo tra le braccia spesso, la vediamo intorno a un tavolo tutte le sere, ma non sempre basta al nostro animo guerriero che deve sempre dimostrare qualcosa, sempre di più, come la società ci ha insegnato e come noi stesse abbiamo imparato a pretendere.
Siamo affascinanti con l’armatura, un po’ meno, forse, con la maglia schizzata di sugo e sporca di rigurgito di neonato. Eppure, se riuscissimo a immaginarci sempre come delle guerriere, con quella cotta addosso intente a schivare i colpi di una routine sfinente e di un sistema che non ci aiuta nella nostra missione, anzi, spesso la svilisce, forse non ci lasceremmo poi tanto affascinare dal sogno di essere come loro: maschi.
Di certo non basta vestire i panni di un uomo per esserlo, ma questa menzogna che ci piace raccontarci (quando i vestiti, quando i ruoli, quando le opportunità, quando gli stipendi) ci indebolisce proprio come indeboliva la guerriera Mulan. Lei non ha mai rinnegato il suo essere donna: ha creduto di doverlo fare, ma alla fine ha dovuto riprendersi la sua identita’ per appropriarsi della sua vera forza. E una volta capito questo, nonostante la vittoria e la gloria degli uomini, è tornata a quel posto che le stava stretto prima. “Devota alla famiglia” dice l’iscrizione sulla spada fatta recapitare come dono e segno di onore dall’imperatore della Cina. Perché nonostante i pregiudizi della società e delle persone (di cui quella Cina imperiale c’è da ammettere che era e forse è ancora un concentrato pazzesco), che le impedivano di mostrarsi, Mulan stessa non sapeva come conciliare il suo essere donna con quella sua anima così guerriera e impavida a patto di sacrificare l’una o l’altra. La scena più bella del film è proprio quella in cui lei salva tutto il servizio di tè della mezzana con una tazzina per in equilibrio su ogni piede e mano: eccolo, quell’equilibrio sfuggente tra maschile e femminile, tra doni che paiono incompatibili o inutili gli uni per gli altri. Proprio nel cercare il suo posto tra quegli uomini a cui crede tanto di assomigliare, Mulan si riscopre donna. Anche nel rompere i pregiudizi di una femmina vista solo come moglie taciturna, remissiva, quasi invisibile, Mulan non diventa un uomo, ma ammettiamolo: a chi non servirebbe una bella dose di Ki o chi (o anche di fattore “C”!)per buttare un ragno fuori casa?! Perché ciò che fa la differenza non è quanto di femminile o maschile nel senso socialmente accettabile del termine abbiamo dentro, ma con quanto coraggio siamo capaci di abbracciare la missione che ci è stata data. Con quello che siamo. Togliendo le aspettative e le convenzioni della società, ma anche quelle in cui noi per primi ci ingabbiamo. Maschio o femmina? Moglie o guerriero? Direi “leale, impavido, sincero e devoto alla famiglia”. Per questa strada non si può sbagliare, ma ci vuole coraggio per percorrerla.
Grazie per questo bellissimo post, avete trovato le parole giuste per quei momenti (ma diciamo pure giorni, settimane, mesi) in cui la vita di mamma, moglie e lavoratrice, che ho scelto con gioia, mi sta stretta, e rimpiango tutte le cose che non riesco a fare, che non ho tempo di fare, per “prendermi cura di me stessa”. Poi le faccio, strappando tempo, energia, cura, attenzione, e mi rendo conto che non aggiungono nulla al valore della mia giornata.
Grazie a te Elena! È la nostra guerra, quelle alle aspettative spesso irreali che ci siamo fatte e che questo mondo ci porta a fare. Ci vuole coraggio per trovare il proprio posto!
Ciao Elena! Scusa il ritardo ma questo bellissimo commento ci era sfuggito! Perdonaci! Grazie per aver condiviso la tua esperienza e per averci letto! 😉 Un abbraccio virtuale!