Non possiamo bastarci da soli. (E altre considerazioni sui self partenered)

È da un po’ che non gioco a Scarabeo. Da quando sono mamma le parole le trovo così, sul momento: 13 lettere, imprecazione da non pronunciare a un under-two in fase ripeto-tutto-soprattutto-quello-che-non-devo-ripetere, inizia con “che ca…. hai combinato” finisce con “qui?”, diventa “che ca…spiterina è successo qui, tesoro?”. 3628286 lettere, un triplica la parola, 1 milione di punti per me. E caspiterina anche volendo, non riesce a ripeterlo senza avere più chance di supercalifragilistichespiralidoso.

Comunque io sono brava, ma Emma Watson questo giro ha vinto: per celebrare il single day ha coniato una nuova parola che finalmente potrebbe salvarvi la partita di Scarabeo e nessuno potrà dirvi che non esiste. Self partenered.
Perché single non andava più bene per descrivere i single: da oggi ci sono “quelli che hanno una relazione con se’ stessi”, i self partenered, gli “auto associati”, appunto, che lungi dall’essere “solo” da soli, da oggi sono ufficialmente in compagnia di loro stessi e quindi è tutta un’altra musica. Forse solo io vedo l’ironia e forse sono l’unica a cui questa definizione proprio non evoca nulla, tanto meno autostima, perché invece pare che su Google abbia raggiunto qualcosa come 8.330.000.000 di clic.
Per fortuna che ci ha pensato Emma a questa battaglia per l’emancipazione degli scapoli e delle zitelle, anche se, fossi io, preferirei di gran lunga questo appellativo invece di essere definita una che ha una relazione con sé stessa. Chi non ce l’ha? Ho almeno 4567 personalità diverse. E non contiamo i giorni pre ciclo. Mi pare una definizione talmente ovvia “stare con sé stessi” che potrebbe sfociare nel ridicolo, ma soprattutto, capisco il buon intento di dire “sto bene anche da solo perché non sono solo (Oddio mi è partito il Jovanotti interiore!), per lo meno non solo e triste come potresti pensarmi o come ci vedono le nostre nonne se non portiamo a casa qualcuno dopo i 18 anni”, ma se siamo persone davvero emancipate, nonna a parte, ma a lei lo concediamo, credo siamo superiori a certe classificazioni da quinta elementare. Oggi, nel mondo senza etichette, ancora abbiamo paura che alla parola single corrisponda uno stereotipo triste? Oggi, che diventiamo single per stare bene con noi stessi anche a 70 anni?
L’attrice ha dichiarato di essere caduta preda dell’ansia alla soglia dei 30: niente casa, niente marito, né figli. Niente di quello che il mondo si aspetta.
Intanto mi chiedo se viviamo sullo stesso pianeta, lo stesso dove mi risulta che neanche Barbie faccia più figli, ma sia sempre di più e prima di tutto un donna “in carriera”, tanto per dirne una.
Quella della mamma, tutta figli e marito non mi pare la categoria più agognata al momento e tanto meno la più pubblicizzata. Quindi, Emma, ti lancio un appello, la prossima volta che inventi una parola cool, falla davvero per noi madri, che abbiamo bisogno di una svolta glam dell’immagine.

E poi, è vero, Emma, non è che tutti dobbiamo per forza sposarci, trovare un compagno, fare famiglia eccetera eccetera. Concordo con te che non è l’unica via alla felicità. Anche io ci credo, solo che questa cosa la conosco sotto il nome di “vocazione”.

Va bene essere single, ne conosco di single felici, ma non perché hanno deciso che “sé stessi” era la persona migliore con cui potessero passare la vita, ma perché sanno che stanno camminando  con fiducia su un sentiero che Qualcuno ha pensato per loro. Forse li porterà a una famiglia, forse no, ma non sono soli, quel Qualcuno cammina sempre al loro fianco. Qualcuno che li ama molto più di quanto potrebbero amarsi da soli.
Perché la vera felicità non è trovare un uomo con cui sistemarsi o stare bene con quello che siamo, dato che nessuna relazione umana è tutta rose e fiori, neanche quella per accettare noi stessi: siamo tutti a fare i conti con le nostre debolezze e con quelle degli altri e la vera felicità non è dire “sono arrivato”, “mi vado bene” o “tu mi vai bene”.
La vera felicità è donarsi e non intendo solo a un marito o a una moglie. Farsi dono, di te stesso, anche se sei single: ci sono gruppi di ragazzi che aspettano qualcuno che trovi tempo per loro, vecchiette che sarebbero felici di fare due parole dopo la messa con qualcuno che non debba scappare tirato da un duenne affamato, ma anche semplicemente amici, familiari da aiutare e sostenere.

Non ci si sposa o non ci si sceglie un compagno per non essere più soli. Noi cattolici tipo (quando hai un attimo se svecchi anche questa di parola te ne sarei grata, eh) non abbiamo paura della solitudine perché c’è Qualcuno che non ci abbandona mai e vuole per noi solo la felicità.

È un cammino per tutti, un cammino da fare insieme, dove “stare con te stesso” non ti basta. Non ti può bastare.

È importante trovare un equilibrio interiore, fare i conti con quello che siamo, gioie e dolori, con l’autostima come la chiami tu. È importante per un single, ma anche per chi vive in coppia, ma credo che la vera felicità arrivi quando riusciamo a farci dono per chi ha bisogno di noi, non quando ci illudiamo di bastare a noi stessi.
Altrimenti mi viene da pensare che tutta questa ansia di trovare nuove parole per sottolineare quanto stiamo bene nasconda invece una solitudine reale. Forse non ci servono nuove parole, ma nuovi cuori!
DISCLAIMER: l’immagine non è di nostra proprietà, fonte web. Solo a scopo illustrativo.
3 commenti
  1. Lorenzo
    Lorenzo dice:

    Dico solo una cosa, prescindendo dal fattore tempo (non ce l’ho io da single disimpegnato, vorrei capire dove lo trovate voi!). ma nella galassia cattolica femminile per scrivere un articolo bisogna necessariamente essere ampollose, sarcastiche, fintamente umili e fintamente simpatiche? vi sta proprio così tanto a cuore la Miriano da voler essere “a sua immagine e somiglianza” a tutti i costi? Invece ha decisamente ragione la Whatson! ps sono cattolico (seppur profondamente indegno), ma sono sempre più convinto che continuare a suonare sul Titanic non ha salvato il Titanic stesso. A buon intenditor poche parole

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    • marthamaryandme
      marthamaryandme dice:

      Buonasera Lorenzo, grazie per il tuo commento, forse non abbiamo lo stesso punto di vista e se in qualche modo l’articolo è offensivo nei confronti dei single mi scuso, non voleva assolutamente esserlo, anzi, ho specificato che conosco molti single felici e sono convinta che si possa esserlo, ma non secondo la definizione del “bastarsi da soli”. Non è un discorso di autostima secondo me che può dare la felicità. Questo vale anche per chi è in coppia. Non mi trovo concorde con la definizione data dalla Watson perché la trovo riduttiva e credo che l’ansia dell’età che avanza e del fatto di sentirsi soli sia una delle più difficili da affrontare, ma credo anche che quando si accetta la propria missione e il piano che Qualcuno ha per noi, la paura si può superare meglio, può anche scomparire per lasciare spazio a una missione diversa. Ma questo è solo il mio punto di vista e non pretendo che tutti la vedano allo stesso modo. Credo anche che siamo tutti chiamati a giudicare quello che viviamo e vediamo, non le persone. Forse hai ragione tu, per commentare questa cosa ci voleva più umiltà, forse sono andata troppo a fondo col giudizio non volendo, ma non voleva essere un giudizio alla persona, ma a una dichiarazione e a una visione della realtà che non condivido. Grazie per avermi fatto riflettere! Sull’ampollosità e il sarcasmo vedrò di lavorare, ma grazie al cielo non sono una giornalista e nessuno mi paga per scrivere!

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