“Bella da morire”: tanti femminicidi, ma poche femmine.

Avete presente quando si dice “il troppo stroppia”?

Ecco, qui secondo me ce ne è davvero troppo di femminismo.
Buona l’intenzione di dedicare una serie al tema femminicidio, bella la trama, intrigante la narrazione ma a un certo punto esasperante la tematica. In “Bella da morire”, la miniserie andata in onda ultimamente su Rai 1 con Cristiana Capotondi che interpreta Eva, l’ispettrice di polizia, sembra quasi che non esistano uomini non violenti. La protagonista che ha a che fare solo con casi di femminicidio (nella prima puntata dice che negli ultimi 8 mesi si è occupata di 5 sparizioni, 5 donne trovate uccise da uomini) ritorna nel paese natale e guarda caso dovrà risolvere proprio un ennesimo caso di violenza. Giustissimo direte voi, è la tematica della serie. Ma risultano un po’ forzate le dinamiche che si creano anche attorno alla vita privata della protagonista. Prima la sorella minore che si scopre essere stata violentata a 20 anni, rimanendo così incinta e quasi “costretta” a portar avanti la gravidanza dal padre. Questo ha un ruolo marginale non ben specificato. Viene definito come un genitore assente (ma non si danno spiegazioni) e che ha volutamente insabbiato lo stupro che la figlia minore ha subito. Altro membro del genere maschile di cui diffidare.
Poi il collega di lavoro, Marco, con cui si instaura da subito un’alchimia che però non sembra reggere al passato di lui. Ha infatti alzato le mani sulla sua ex ed ora partecipa a incontri dell’associazione uomini maltrattanti. Insomma Eva sembra un po’ la Jessica Fletcher della situazione, solo che dove passa lei ci sono uomini che picchiano anziché morti.
Altro aspetto che stona un po’: l’assoluta disparità tra i personaggi femminili e quelli maschili dal punto di vista professionale, come se gli uomini possedessero solo forza ma non intuito. L’ufficio di polizia dove lavora Eva è il classico posto di lavoro dove sono tutti uomini e la donna non viene considerata all’altezza. Sta di fatto che Eva fa sempre di testa sua, conduce a suo piacimento le indagini, fa gli interrogatori da sola e spesso e volentieri si dimentica di lavorare col suo partner o quando questo c’è sembra il burattino di turno. Altre due sono le donne forti della serie, lavorativamente parlando, che la aiuteranno a risolvere l’indagine: il medico legale e il Pm. Come a dire si tratta di un caso di femminicidio? Bene solo le donne possono far davvero giustizia.

Ma soprattutto mia cara Eva, vuoi fare tanto la femminista e poi ti comporti proprio come gli uomini che non sopporti?

La scena dell’interrogatorio ne è l’esempio. La protagonista perde la testa e conduce un interrogatorio al limite della legalità minacciando e alzando la voce. Ma tranquilli, se la caverà perché i veri da attaccare sono i maschi mica le femmine. Passi la determinazione, la testardaggine, l’essere una rompiscatole che le permette di essere quella donna sicuramente forte ed emancipata che sa il fatto suo e assolutamente preparata dal punto di vista lavorativo ma non è essendo dure e diffidenti verso i maschi che si è davvero femmine. In tutta la serie c’è una diffidenza verso il genere maschile, o violento o incapace di fare bene il suo lavoro o di badare alla famiglia. L’emancipazione di Eva passa oserei dire squallidamente anche attraverso il rapporto che instaura con gli uomini, buoni solo per una notte e via. Insomma osando troppo si è perso di vista il fulcro della questione:

le donne vanno valorizzate, amate, apprezzate proprio perché hanno delle caratteristiche proprie, femminili per l’appunto che le distinguono dagli uomini che le permettono di essere altrettanto brave, preparate, competenti.

Non è scimmiottando i comportamenti maschili che si è davvero donne. Eva è la classica femminista che combatte la battaglia dei sessi ed usa gli uomini a suo piacimento, proprio come gli uomini fanno spesso con le donne. Nulla a che vedere con una Anna Olivieri, capitana su Don Matteo che nonostante ricopra un ruolo di enorme responsabilità rimane sempre profondamente donna, anche nel modo in cui conduce gli interrogatori portando appunto quel valore aggiunto che solo una femmina sa dare.

DISCLAIMER: l’immagine utilizzata non è di nostra proprietà, fonte “Bella da morire”, RAIPLAY con Cristiana Capotondi

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